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Legge sulla libertà religiosa
Trascrizione del resoconto della Commissione Affari Costituzionali della Camera
- Testimonianze di Patrizia Santovecchi e Adriano Fontani -
- Testimonianze di Patrizia Santovecchi e Adriano Fontani -
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CAMERA DEI DEPUTATI - XV LEGISLATURA
Resoconto della I Commissione permanente
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)
Resoconto della I Commissione permanente
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)
COMMISSIONE I AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
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Seduta pomeridiana di lunedì 16 luglio 2007
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
La seduta comincia alle 14,05.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di libertà religiosa, l'audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici, in particolare di Patrizia Santovecchi, presidente dell'Osservatorio nazionale, che è accompagnata dal vicepresidente dell'associazione. Vorremmo apprendere dai nostri auditi, ai quali do la parola, in che cosa consista il loro lavoro e in che modo possano esserci utili del rispetto al provvedimento sulla libertà religiosa.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Il nostro è anzitutto un lavoro di ricerca e di informazione e, in secondo luogo, di sostegno per le persone e i familiari che si sentano - usando un termine improprio (non essendovi una norma che contempli tale fattispecie) - manipolate dai vari leader e gruppi pseudo-religiosi, da santoni, da maghi e via elencando. L'esperienza più che decennale ci ha indotto a constatare l'elevato numero di persone che si dichiarano truffate o manipolate da questi gruppi pseudo-religiosi e dei familiari che denunciano il radicale cambiamento del proprio congiunto, divenuto irriconoscibile, con diversi usi e costumi, sino a dimostrarsi ostile nei riguardi di una famiglia che fino a poco tempo prima amava e rispettava.
PRESIDENTE. Vorremmo sapere se nel corso della vostra esperienza vi siate imbattuti in sette in grado di attuare tale manipolazione.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Sì, diverse: alcune orientaleggianti, altre pseudo-cristiane, altre incentrate sul potenziamento umano, altre che si rifanno a neopaganesimo o alla magia, nonché gruppi esoterici o occultisti, fino al satanismo. PRESIDENTE. Sono molte le vittime di queste sette?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Si calcola che le vittime siano circa 2-2,5 milioni e circa 1.200 i culti di questo tipo in Italia, ma si tratta di una stima per difetto.
PRESIDENTE. Voi quante ne seguite?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Qualche centinaio fra ex membri e familiari.
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PRESIDENTE. Avete individuato nella nostra proposta normativa qualche contributo in grado di aiutarvi nello svolgimento del vostro lavoro o avete suggerimenti da darci?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. La proposta normativa è sicuramente un esempio di sensibilità verso le libertà individuali dell'uomo, che sarebbe perfetto se si vivesse in fratellanza. Purtroppo così non è, per cui nel leggere il testo di tale proposta ho potuto scorgere tante maglie in cui queste persone si potrebbero insinuare, continuando a manipolare, truffare e ingannare numerose persone, che per bisogni o debolezze personali possono rimanerne vittime.
PRESIDENTE. Può citarci un esempio?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Sì. Non sono una giurista, ma la proposta di legge garantisce apparentemente in maniera indiscriminata a ogni culto la possibilità di essere riconosciuto, laddove essa afferma che nessuno può essere obbligato a manifestare le proprie opinioni in materia religiosa o a dichiarare la propria appartenenza religiosa.
Ci chiediamo quindi quale organismo di controllo sia possibile istituire, se non si è obbligati a rilasciare tali dichiarazioni neppure davanti alle forze dell'ordine (a meno che l'espressione «salvi i casi» non abbia questo significato). Risulta quindi impossibile stabilire se un gruppo delinqua più di altri, laddove invece ritengo necessario un meccanismo di controllo. Rilevo un altro punto critico laddove si afferma che a quattordici anni si può decidere la propria identità o il proprio indirizzo religioso, perché ragazzi di questa età mi sembrano ancora piccoli per decidere. Come madre, se un figlio quattordicenne affermasse di voler liberamente scegliere di aderire a un gruppo satanista, non credo che riterrei opportuno lasciarlo libero di decidere. I ragazzi a 14 anni mi sembrano molto piccoli, anche perché non sono punibili se commettono dei reati.
SUSANNA LORIGA, Vicepresidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Oltre ad essere vicepresidente dell'ONAP, sono psicologa e criminologa e collaboro con il Ministero della giustizia. Ho avuto qualche perplessità nel leggere l'articolo 14 della proposta di legge, che si riferisce alla libertà religiosa in particolari condizioni restrittive.
Secondo l'ordinamento penitenziario, infatti, i detenuti hanno diritto di ricevere i ministri di culto all'interno dell'istituto, come indica anche l'articolo 27 della Costituzione. La pena deve infatti essere umanizzata e mirare alla rieducazione del detenuto. Il significato di educare deriva dal latino educere, condurre, per cui si rileva fondamentale, in base al concetto di pena umanizzata rieducativa previsto dal nuovo ordinamento penitenziario e a quello di giustizia riparativa, che il detenuto, all'interno dell'istituto penitenziario, possa rendersi consapevole di ciò che ha commesso, per agevolare un suo processo di cambiamento, di adattamento e di risocializzazione nel mondo esterno.
Vorrei dunque che si individuassero i ministri di culto dei quali si autorizza l'ingresso, perché l'espressione appare generica e all'interno dell'istituto potrebbe entrare chiunque. Come psicologa, lavoro per aiutare le persone a liberarsi da manipolazioni psicologiche spesso molto subdole, attuate attraverso la cosiddetta «colonizzazione della mente» nei confronti di persone con predisposizioni vittimogene, che mettono in atto meccanismi di difesa. Già all'esterno risulta molto difficile smantellare questi meccanismi, per metterne in atto altri non patologici.
Permettere l'entrata di ministri di culto all'interno dell'istituto, ove la pena deve rieducare il detenuto che abbia accettato il trattamento, considerato che il regolamento vieta ovviamente di ascoltare i colloqui, significa garantire loro la possibilità di continuare ad attuare tecniche manipolative, causando il depotenziamento della giustizia riparativa e del processo di
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rieducazione e risocializzazione, attraverso una sorta di coazione a ripetere. Anche per gli psicologi questo rappresenta un forte svantaggio, simile a una barriera. È infatti difficile rendere la persona conscia di ciò che ha commesso, perché ne diviene consapevole nel momento in cui capisce empaticamente ciò che ha provato la vittima. Se le persone vengono invece manipolate, perdono questa empatia, perché è come se il loro leader si sostituisse al loro pensiero, di cui non sono più padroni. Si tratta di definire che cosa intendiamo per ministro di culto; la libertà religiosa è, prevista dalla nostra Costituzione, ma, in particolari condizioni restrittive, quali anche quelle indicate dall'articolo 41-bis, alcuni comportamenti sfuggirebbero al controllo, perché molti reati sono almeno indirettamente collegati a sette, associazioni, pseudo-religioni. Questo porterebbe a una sospensione del processo di rieducazione e a non rispettare il benessere del detenuto, cui miro in qualità di psicologa. Garantire la libertà di incontrare personaggi di un certo tipo significa non rispettare il benessere di una persona psicologicamente molto vulnerabile.
PRESIDENTE. Nel suo lavoro si è imbattuta in questo tipo di casi?
SUSANNA LORIGA, Vicepresidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Sì. Spesso, infatti, nelle patologie e nei disagi psicologici, in cui il problema appare mascherato, si celano situazioni di questo tipo, con ragazze o ragazzi anche diciottenni vittime di subdole manipolazioni psicologiche. La prima fase, infatti, consiste in una sorta di bombardamento d'amore, per cui le vittime si sentono al centro dell'attenzione e ritengono di avere ottenuto tutto ciò che la famiglia ha negato loro.
La prima fase è gratificante, mentre le successive li inducono subdolamente a una destrutturazione della loro identità, per costruirne una nuova. È molto difficile smantellare poi queste convinzioni e indurre le vittime a riconoscere quanto hanno subito. Ho constatato l'esistenza di tecniche manipolative in vari settori, anche in casi di segregazione, e verificato l'attuarsi di meccanismi di difesa in grado di ostacolare anche il sistema giudiziario. Inconsciamente, la vittima attua una difesa del suo carnefice, che rappresenta un'autodifesa. Sarebbe necessario approfondire questo complesso discorso.
Anche a livello investigativo emergono grosse problematiche, perché la vittima, non essendo consapevole di essere tale, non può neppure denunciare il reato subito. Come psicologa, ovviamente miro a favorire questa consapevolezza, attraverso un processo graduale - se non si agisce con la psicologia dell'emergenza - che porta al riconoscimento di quanto è stato subito. Successivamente, collaboro con le forze dell'ordine facendo da tramite per arrivare a un'eventuale denuncia, che rientrerà in quelle famose casistiche. In criminologia, infatti, si parla di dark number, di numero oscuro, quindi è molto difficile parlare di statistiche, perché molti casi non sono stati denunciati, mentre molti altri vengono riconosciuti, ma non si arriva ad una denuncia che punisca l'autore.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per il loro intervento. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
GIANPIERO D'ALIA. Brevemente, vorrei ringraziare per la relazione e formulare una domanda. Poiché vi occupate di abusi di carattere psicologico, con particolare riferimento alle cosiddette sette o comunque ad associazioni che utilizzano per altri fini la capacità di aggregazione con motivazioni di carattere religioso, fenomeno apparentemente diffuso nel nostro Paese, vorrei chiedervi di citare qualche esempio specifico di associazione religiosa o di setta oggetto di iniziative giudiziarie, che vi abbia «costretto» ad assistere alcune sue vittime. Questo ci sarebbe d'ausilio nel comprendere il modo in cui questo fenomeno si articola e si manifesta.
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PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Per quanto riguarda la cronaca, tutti ricordiamo ancora le Bestie di Satana, gli Angeli di Sodoma o altri gruppi che commettono crimini in nome di un culto, di cui si considerano fedeli (giacché il rito e le credenze appaiono solo rovesciati). Possiamo però uscire dal campo satanista-occultista ed entrare in quello magico, come nel caso di mamma Ebe.
Ho potuto seguire alcune ex suore di mamma Ebe, che ovviamente non sono mai state suore - anche se loro credevano di esserlo - e di verificarne la devastazione e la paura nel lasciare la loro leader, la loro santa. A mamma Ebe riconoscevano infatti notevoli poteri affidati da Dio. Lei affermava di parlare a nome di Maria o di Gesù a seconda del colore dei suoi occhi e di avere poteri di guarigione, ma anche di maledizione. Ho seguito personalmente inoltre alcune persone uscite dalla setta dell'indiano Osho, che è morto, ma ha lasciato molti leader suoi eredi sul territorio.
PRESIDENTE. Come si chiama?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Osho Rajneesh. Gli Osho Miasto sono apparentemente centri di benessere, all'interno dei quali si fanno meditazione, cure alternative e massaggi. Esiste però una dottrina che per alcuni individui diventa problematica, perché distrugge l'identità anche attraverso la sindrome dell'assedio, che sottolinea alla vittima l'esistenza di energie negative esterne, distruttive e contaminanti, emanate anche dai suoi familiari. Per salvarsi e ottenere un karma puro, ovvero il benessere, è necessario dunque allontanarsi dai familiari - marito, figli, genitori - comunque nocivi.
Anche qui si rilevano un estremo isolamento, una profonda paura della società, compresi i propri familiari, una totale rottura di legami, fino a stati alterati di coscienza, perché alcune loro meditazioni e tecniche, connesse a un'alimentazione squilibrata, possono compromettere la salute. Sono vegetariani, ma mangiano poco e dormono poco, perché le meditazioni si svolgono spesso di notte, quindi rischiano notevoli e pericolosi crolli psicologici. Potrei continuare, perché i gruppi sono numerosissimi.
MAURIZIO TURCO. Lei ha citato situazioni molto particolari di satanismo e di magia, ma vorrei sapere cosa possa aggiungere sul piano di confessioni riconosciute come religiose. Oggi audiremo ad esempio alcuni rappresentanti del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova, e vorrei sapere se lei possa citarci casi in merito.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Potrei citarle innumerevoli casi, perché ogni anno 5.000 persone abbandonano i Testimoni di Geova e ne ho conosciuti molti.
MAURIZIO TURCO. Subiscono violenze psicologiche?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Anche questa organizzazione utilizza tecniche di manipolazione, crea la sindrome dell'assedio, secondo cui fuori si troverebbe Satana, che governa l'intero mondo, e tutti coloro che non entrano a far parte dei Testimoni di Geova sarebbero manovrati da Satana, compresi i familiari che a loro insaputa sono manipolati, perché non accettano l'unica verità. Il problema è che all'interno di questa verità, di questa dottrina, viene consigliato - laddove, se Dio esprime un consiglio attraverso l'organizzazione, canale prescelto da Dio per comunicare l'unica verità al mondo, diventa difficile non identificarlo come un ordine, anche se non viene mai citato come tale, in base a un linguaggio criptato conoscibile solo dagli aderenti - di non votare, perché lo Stato, la politica e i suoi ministri sono manovrati dal demonio. Nessun testimone di Genoa potrà mai andare alle urne a compiere il
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proprio dovere, anche se è un diritto, perché voterebbe per il demonio, e inoltre, se venisse scoperto, sarebbe ripreso. In passato, esisteva anche il problema del servizio militare obbligatorio. Si afferma inoltre che ciascuno è libero di uscire dai Testimoni di Geova, ma, qualora decida di andarsene, perderà tutti gli affetti, perché nessuno potrà più rivolgergli il saluto e sarà considerato socialmente morto agli occhi dell'organizzazione e delle congregazioni locali. Se quindi ha parenti o un lavoro all'interno dell'organizzazione, perde tutto. Questo rappresenta il ricatto più grosso, il ricatto affettivo.
PRESIDENTE. Può indicare in base alla vostra esperienza quali possano essere le caratteristiche fondamentali delle sette, distintive dalle confessioni religiose?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. La prima è la possibilità di uscire liberamente, senza nessun ricatto, anche a livello morale, ovvero la possibilità di mantenere, all'interno dell'associazione che si abbandona, i contatti affettivi e di amicizia. Questo non è invece possibile in una setta.
L'altro aspetto riguarda la manipolazione attraverso la sindrome dell'assedio, per cui fuori si collocano tutti i nemici, siano essi costituiti dalle energie negative o dai ministri di Satana. Un altro aspetto riguarda la totale obbedienza, quindi l'impossibilità di critica. Mentre all'interno di un'associazione libera si può infatti esprimere la propria opinione, dissentendo anche dai vertici, nel caso di una setta, anche un lieve dissenso comporta gravi conseguenze.
Potremmo aggiungere anche l'allontanamento dai familiari, che rientra nella sindrome dell'assedio, la completa spersonalizzazione nell'individuo, privato di ogni capacità decisionale e ormai assuefatto a chiedere al guru cosa debba fare, a cominciare dalle cose più semplici. In alcuni casi più estremi, vige l'idea che all'infuori di questo gruppo non ci sia vita, per cui il suicidio può essere la scelta migliore, se si decide di abbandonare l'organizzazione. È necessario citare anche la sindrome di alienazione psicologica usata nei tribunali per quanto riguarda i minori, rispetto ai genitori affidatari. Si potrebbe pensare ad un decalogo di questo tipo.
PRESIDENTE. Vi siete mai imbattuti in Damanhur?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici.
Sì. PRESIDENTE. Ha queste caratteristiche?
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Sicuramente.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Mi scuso per essere arrivata in ritardo e, di conseguenza, se ripeterò quanto è già stato detto prima. Comunque, leggerò il resoconto stenografico della seduta. Non esiste più il reato di plagio nel nostro Paese. Mi pare, però, che quanto lei descrive possa configurarsi con quanto veniva definito plagio, ovvero il dominio della volontà di un soggetto da parte di gruppi, di altri soggetti, di un capo carismatico.
Capisco perfettamente le sue considerazioni e ammiro il vostro lavoro, ma incontro difficoltà a entrare nel merito delle credenze. Non affermo la loro equivalenza, ma alcuni aspetti da lei citati possono trovarsi nell'assoluta serenità di un'adesione volontaria anche in alcune religioni. L'astinenza dalla carne al venerdì, ad esempio, è una adesione volontaria ad un precetto ...
PRESIDENTE. Se però l'astinenza è permanente e insieme non si dorme, si diventa alienati.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Sì, si verifica un disastro. Contavo molto su questo incontro con voi per introdurre
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- come sollecitato anche dal presidente Violante - qualche elemento che, se accettato dal relatore, consenta di fare la differenza e di elaborare un testo utile.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Spero di riuscire a rispondere adeguatamente.
Qui non si tratta di dottrina, perché si può credere in Allah, in Dio, in Geova, o nel grande Architetto dell'universo. La differenza risiede nella prassi. La Chiesa cattolica, ad esempio, incoraggia a non consumare carne al venerdì, che si può mangiare in tutti gli altri giorni. Se uno non lo fa, non succede nulla. Non rispettare, invece, un comandamento all'interno di uno di questi gruppi ha conseguenze ben diverse.
L'obbligatorietà infatti non costituisce più il richiamo al sentimento religioso personale, per cui una persona può decidere di obbedire o rifiutare.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Si tratta della privazione della libertà!
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Sì, dell'impossibilità di agire altrimenti. Sulla base dei precetti di una certa religione sarebbe meglio non consumare carne il venerdì, sarebbe opportuno fare determinate cose in tempo di Quaresima, si deve andare a messa tutte le domeniche. Se però non si può osservare tali precetti, nessuno viene minacciato di perdere la famiglia e di essere punito. La differenza è dunque profonda ed è impossibile equiparare una religione libera a una setta, che definirei piuttosto culto distruttivo, perché il termine setta indica solo separazione e non si può accusare nessuno per la mera decisione di separarsi da qualcun altro.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Vorrei sapere se possa confermare l'esistenza di una sorta di escalation in tutto questo. Lei ha infatti citato stadi alterati della coscienza, cui si arriva progressivamente, attraverso una sorta di programma di privazione della libertà.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Certo. È necessario considerare cosa distingua un culto distruttivo, un culto abusante, che può nascere in qualsiasi ambito. Preferisco definirlo culto abusante, perché può nascere anche nelle famose vecchie e ormai secolarizzate religioni. Un leader può quindi impazzire e costituire il proprio gruppo anche con la dottrina cristiana cattolica. L'escalation è progressiva, perché all'inizio, come giustamente rilevato dalla vicepresidente, si rileva la fase del bombardamento d'amore.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Quindi è un programma!
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Un programma, appunto. Un culto abusante è diverso da una religione anche perché nasce in maniera diversa, ovvero dalla volontà di uno o più individui che decidano di mettersi insieme, di effettuare un lavoro sincretistico e di operare una scelta del bacino di utenti cui rivolgersi. Essi studiano quindi la dottrina, la tecnica e la mettono in atto. La religione diventa quindi un paravento che permette loro, attraverso la giusta libertà di questo Paese democratico, di operare in modo purtroppo indisturbato e impunito.
GIANPIERO D'ALIA. Ritengo molto utile questa audizione. Mi permetto quindi di formulare una proposta ed una richiesta, se lei, presidente, e il collega Zaccaria siete d'accordo. Poiché considero utile avere una definizione dal punto di vista empirico di chi vive questa esperienza del culto abusante, chiederei di farci pervenire un appunto, che sia il portato della loro esperienza professionale.
Ci sarebbe utile anche in base all'ultimo passaggio che la presidente ha svolto, con riferimento non a quelle che impropriamente definiamo sette, bensì al culto abusante, ovvero alla possibilità che anche all'interno di confessioni religiose diffuse, tutelate dal nostro ordinamento, si possano costituire gruppi
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di questo genere. Poiché nel testo prevediamo il riconoscimento della personalità giuridica alla confessione e/o agli enti esponenziali, quindi a strutture associative riconosciute nell'ambito di quella confessione, ritengo utile un approfondimento a tale riguardo anche per una nostra maggiore cognizione del fenomeno. Questa richiesta mi è stata suggerita dall'ultima considerazione della presidente.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Vorrei aggiungere, per maggior chiarimento, che ciò accade anche per quanto concerne l'Islam e il terrorismo islamico, giacché il terrorismo rappresenta una deviazione da un punto di vista non solo politico, ma anche religioso, che induce il fedele ad uccidersi pur di seguire il volere di Allah. In tutte le confessioni può succedere una cosa del genere.
PRESIDENTE. Se per voi non risulta particolarmente complesso, vi chiederemmo quindi di fornirci nell'arco di pochi giorni del materiale, che il relatore valuterà poi nella sua autonomia.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Va bene, esporremo le tecniche e..
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GIANPIERO D'ALIA. Una nozione dettagliata di culto abusante.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Va bene, non è assolutamente difficile.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri interlocutori per la loro partecipazione.
PATRIZIA SANTOVECCHI, Presidente dell'Osservatorio nazionale abusi psicologici. Grazie a voi.
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La seduta, sospesa alle 18,20, è ripresa alle 18,30.
Audizione di rappresentanti del Coordinamento
nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di libertà religiosa, l'audizione di rappresentanti del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Do la parola al fondatore del Coordinamento, Adriano Fontani.
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Signor presidente, la ringrazio molto per l'invito. Si tratta di una legge che riguarda un diritto fondamentale degli uomini e, soprattutto, investe l'aspetto delicato della libertà di religione, che spesso è la prima ad essere toccata quando sono in gioco le libertà in genere. Personalmente, rappresento un gran numero di persone che, ovviamente, sono direttamente interessate da quanto riguarda i Testimoni di Geova.
Riconosco che il nostro compito è ingrato, perché siamo coloro che devono dire qualcosa contro. Tuttavia, ci assumiamo questa responsabilità. Siamo persone che hanno militato per anni nella congregazione dei Testimoni di Geova, spesso per decenni, e di conseguenza hanno maturato nel tempo la consapevolezza di aver vissuto in un'organizzazione non conosciuta nel suo vero aspetto. Abbiamo cominciato, quindi, da vent'anni a questa parte, una massiccia opera di informazione volta a sensibilizzare innanzitutto le istituzioni, ma anche la popolazione, a livello preventivo. Il nostro coordinamento ha raccolto un immenso quantitativo di materiale.
Mi pregerò di lasciarglielo, signor presidente, affinché possa essere utilizzato da lei e dai membri della Commissione. Per guidarvi in questa ingente mole di materiale, ho suddiviso tutto in cartelline. Premetto che tale materiale ha due caratteristiche: una testimoniale e una documentale. Vi sono testimonianze e documenti ufficiali - che costituiscono la parte più importante - della congregazione cristiana dei Testimoni di Geova.
Non possiamo non porci problemi seri quando analizziamo questa legge. Crediamo e sappiamo che la congregazione cristiana dei Testimoni di Geova voglia avvalersi della facoltà di stipulare un'intesa con lo Stato italiano. Il primo problema è costituito dal fatto che questa organizzazione, più di altre, ha capacità di dissimulazione e di presentare alle istituzioni una facciata di comodo, unica nel suo genere. Essa infatti è studiata a tavolino. Esiste in proposito una teoria in merito, contenuta nel primo fascicolo e denominata «strategia della guerra teocratica». Siamo davanti ad un gruppo religioso che ritiene di essere in guerra con il mondo o, meglio, che il mondo sia in guerra con esso. Vi è una visione paranoica, secondo la quale «tutto è Satana». Inoltre, esplicitamente, nella Torre di guardia si fa riferimento al dovere di mentire.
Per loro, si mente solo quando lo si fa all'interno; quando invece si mente alle istituzioni o ai giornalisti o ai Governi, non solo non è peccato, ma è un dovere sacrosanto, giustificato dalle scritture bibliche per acquisire privilegi e penetrare nello Stato. Potrò dimostrarvi che la possibilità di penetrazione nei gangli vitali dello Stato di questa ricca e potente associazione - non esito a definirla sui giornali «setta», ma in queste sede ritengo giusto chiamarla «confessione religiosa» - è immensa ed avviene attraverso metodologie particolari, che condizionano di fatto le istituzioni.
Molti hanno ribattezzato tale metodologia «Ester-Mardocheo», che significa piazzare persone di fiducia - il giardiniere, l'autista, il domestico di un importante uomo politico, di un importante giornalista radiotelevisivo - con il compito di dare una certa immagine, in modo che non si parli
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in termini negativi di questa organizzazione. Si tratta di una tecnica che funziona moltissimo e benissimo. Vengo all'analisi del parere del Consiglio di Stato del 30 luglio 1986 - menzionata nel secondo fascicoletto di materiale che vi lascerò -, che concesse alla congregazione la veste giuridica. Leggo, nel testo di legge, che il Consiglio di Stato ha tuttora un ruolo importante nel concedere riconoscimenti ed intese alle religioni. Se tale organo deve limitarsi ad esaminare lo statuto ed altre pubblicazioni ufficiali, può incorrere negli errori clamorosi in cui è incorso nel 1986. Ho qui il testo del parere del 1986.
A noi fuoriusciti caddero le braccia, quando lo leggemmo e constatammo che, secondo il Consiglio di Stato, scelte delicate quali - lo sapete meglio di me - emotrasfusioni, proibizione del voto e servizio militare erano considerate libere manifestazioni individuali, scevre da ogni condizionamento confessionale. Noi abbiamo pagato sulla nostra pelle. Quando una persona accetta una trasfusione, va a votare o assolve all'obbligo del servizio militare o civile, subisce un umiliante processo, sulla base del quale viene espulso e isolato. Veniamo, allora, all'aspetto più delicato dell'intera problematica: una persona, una volta espulsa dal gruppo dei Testimoni di Geova, è un morto, non esiste più neanche per i propri parenti che rimangono Testimoni di Geova. Le conseguenze, quindi, sono pesantissime.
Come è potuto cadere il Consiglio di Stato in un errore così clamoroso? Ci permettiamo di dire che è stato clamorosamente ingannato, per un motivo molto semplice: non ha mai ascoltato la testimonianza dei fuoriusciti né ha mai preso in considerazione la nostra documentazione, anche perché il nostro coordinamento è nato esattamente due anni dopo. Non vorremmo che lo Stato ripetesse questo errore. Vi forniamo, quindi, documentazione di prima mano, tratta dalle stesse pubblicazioni della Torre di guardia, per aiutare gli organi dello Stato a non ripetere un errore così grossolano.
D'altra parte, all'articolo 6 del progetto di legge, si parla del diritto di recesso. Si può recedere in modo libero ed incondizionato. A mio avviso, questa parte potrebbe essere meglio specificata. Si dovrebbe specificare il dovere di un'associazione di non esprimere e di non prevedere nei propri organi ufficiali regole fortemente penalizzanti per coloro che decidono di uscirne. Le pubblicazioni della società Torre di guardia definiscono letteralmente noi fuoriusciti - me come tanti altri - «scrofe tornate al proprio vomito», «maiali che si rotolano nel fango», «esseri ripugnanti». Siamo definiti «cancro da eliminare», «insetti da schiacciare».
Le pagine della Torre di guardia sono allegate alla documentazione. Naturalmente, di conseguenza siamo trattati come tali, persino dai familiari...
PRESIDENTE. Chiedo scusa, quali sono i motivi prevalenti per i quali si esce?
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. I motivi per cui si esce, onorevole Violante, sono tanti. Quelli che a noi premono sono soprattutto i motivi ideologici. Innanzitutto, si può uscire per le contestazioni più banali. Molti fidanzati, per esempio, vengono espulsi perché si sono abbandonati a normali intimità tipiche degli innamorati.
Tuttavia, i motivi principali contro i quali noi protestiamo sono quelli ideologici: all'interno del gruppo è praticamente proibito pensare. La Torre di guardia, in un'edizione - che ho allegato alla documentazione per lei, onorevole Violante, e per tutti i membri della Commissione - dice che è proibito il pensiero indipendente.
Guai a coloro che hanno un pensiero indipendente e critico! Mi chiedo come questo si possa contemplare all'articolo 6, comma 2, del testo di legge, il quale stabilisce che una religione deve garantire ai propri aderenti le libertà costituzionali e i diritti inviolabili della persona. Fra i diritti inviolabili c'è quello di pensare, la possibilità di alzare la mano per dichiarare di non essere d'accordo. Questi diritti sono calpestati in
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modo plateale. Ogni minimo dissenso all'interno del gruppo è punito perché esiste l'obbligo della delazione. Nella documentazione che vi lascerò troverete, tra i dati, il numero delle persone espulse perché hanno confidato ad un confratello - per esempio, è successo ad Antonio Taccardi, di Bari - che non condividevano il fatto di far morire un figlio per mancanza di una trasfusione. Chi riceve la confidenza ha l'obbligo della delazione, sancito nelle pubblicazioni. Vi è obbligo assoluto di lealtà e tutto va riferito al corpo degli anziani.
Il corpo degli anziani chiama il soggetto, verifica che abbia detto quelle cose e lo espelle. C'è l'esperienza di Antonio Taccardi, qui riportata. Altro che violazione delle libertà fondamentali: qui siamo di fronte al controllo del pensiero quale forse neanche la vecchia URSS aveva realizzato! Questo traspare chiaramente dalle pubblicazioni stesse. Quindi, questo comma che voi avete inserito - secondo cui al proprio interno una religione deve garantire i diritti inviolabili - contrasta pienamente con la prassi effettiva della società Torre di guardia. Veniamo ad un aspetto a ciò conseguente: «l'epidemia» di malattie mentali (schizofrenia, paranoia, depressione e suicidi), che colpisce Testimoni di Geova e fuoriusciti.
Un libro scritto da uno psichiatra americano, I Testimoni di Geova e la salute mentale, fa rabbrividire. Tuttavia, non è possibile condurre un'indagine epidemiologica generale perché esiste una circolare della società Torre di guardia che la impedisce. Questa circolare invita gli anziani ad impedire a chiunque di svolgere indagini perché, evidentemente, sanno benissimo che l'immagine del gruppo ne uscirebbe devastata e con le «ossa rotte». In questo progetto di legge si afferma che la confessione religiosa deve comunque proteggere la salute mentale e fisica degli aderenti. Se si potesse, onorevole Violante, svolgere un'indagine epidemiologica, si capirebbe come questo gruppo si rivolge non solo a persone con problemi, ma anche a persone sanissime - tante persone normalissime e sanissime entrano a far parte dei Testimoni di Geova -, che escono con le «ossa rotte».
Del libro, recentemente pubblicato dalla Newton Compton, intitolato Il libro nero delle sette d'Italia, ho curato il capitolo più corposo, ovvero quello riguardante i Testimoni di Geova, nel quale menziono soltanto uno dei 25 casi di suicidio da me raccolti, motivati dal crudele isolamento in cui è relegato un fuoriuscito. Dall'oggi al domani, un padre, una madre, una sorella - non parliamo degli altri - si potrebbero ritrovare nelle condizioni di dover considerare un proprio familiare come morto: questa situazione avrebbe una grande influenza sulla salute di una persona, in quanto la sfera emotiva ed affettiva è quella a noi più cara. Le obiezioni sono tante, ad esempio quelle riguardanti l'articolo 8, circa l'educazione dei figli.
Non esiste solo il problema delle emotrasfusioni e credo che potrebbe essere ben specificato, nel testo dell'articolo 8, che nell'educare religiosamente i figli si dovrebbero evitare forme di pesante condizionamento e di ostacolo alla loro integrazione. Se voi parlate con qualunque insegnante - personalmente appartengo alla categoria, quindi parlo anche come operatore scolastico - che abbia tra i suoi alunni figli di Testimoni di Geova, vi direbbe quale tortura sia per ognuno di questi bambini l'intera scolarità. Difatti, dal primo all'ultimo giorno, il bambino è costretto ad assentarsi da molte attività scolastiche per volontà dei genitori, si sente diverso sempre, non soltanto nel corso dell'ora di religione, come è suo diritto: quando si ritaglia l'albero di Natale, quando si parla della Pasqua, di Halloween, del carnevale, dei compleanni, delle varie cerimonie religiose, quando si cantano canzoni sulla pace e sulla patria. Per questo bambino, la scuola rappresenta una tortura. Esiste una pubblicazione, intitolata Figli di un Dio tiranno, in cui si racconta l'esperienza di una persona che ripercorre con terrore la sua infanzia scolastica. Ebbene, credo che potrebbe essere opportuno specificare in questo articolo che,
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oltre a quanto detto sul rispetto della salute mentale e fisica, si devono evitare forme di pesante condizionamento. Troppo spesso si vedono bambini di 5-6 anni, figli di Testimoni di Geova, in giacca e cravatta che la domenica mattina vanno a predicare. Siete a conoscenza di questa situazione? Si tratta per loro dell'unico giorno libero; è una tortura anche questa, e lo Stato non può non tenerne conto in quanto, effettivamente, sono altissimi i livelli di condizionamento e di indottrinamento. Affronto il discorso relativo all'articolo 9, a seguito di un'esperienza personale molto nota, approdata in Parlamento e sulle prime pagine dei migliori giornali.
Quando si parla dei diritti che una confessione vanta nei confronti della scuola, a mio avviso bisognerebbe specificare anche che cosa una confessione non dovrebbe pretendere dalla scuola stessa. Non si può e non si deve pretendere che la scuola adatti i suoi contenuti e i suoi programmi all'ideologia religiosa. Voi vi chiederete il senso di tutto questo. Signori cari, parlate con un qualunque maestro d'Italia e fatevi raccontare che cosa è accaduto il 14 gennaio scorso a Camposanto, in provincia di Modena.
I genitori Testimoni di Geova richiedono ogni giorno che un determinato brano di storia non venga trattato, che l'argomento di scienze venga studiato in modo diverso e che il testo della verifica d'italiano venga cambiato. Anche il problema di matematica, secondo loro, dovrebbe essere cambiato perché parla delle palle di Natale, mentre sarebbe più corretto prendere come riferimento i sassi.
Vi riporto quanto accaduto a Camposanto, in provincia di Modena. Una maestra ha ricevuto circa trenta comunicazioni affinché cambiasse il contenuto dei programmi, dei problemi e delle verifiche. A seguito del suo ennesimo rifiuto, è stata picchiata in classe da due genitori Testimoni di Geova. Non è usuale che picchino - sono il primo a riconoscerlo -, ma è usuale la pretesa di adottare e di adattare programmi, contenuti, letture, passi di storia, geografia e scienze alla propria ideologia. Credo che, a salvaguardia della laicità dell'insegnamento e della scuola, non sarebbe una cattiva idea stabilire un limite, specificando l'impossibilità di pretendere dalla scuola pubblica questi cambiamenti. Il caso più clamoroso è quello che mi ha riguardato di persona.
Sono stati tolti degli alunni dalla mia classe, su richiesta dei Testimoni di Geova, semplicemente per la mia condizione di fuoriuscito. I genitori non possono avere a che fare con un «cane vomitevole», un «insetto da schiacciare», e via dicendo. Il dirigente scolastico ha accolto questa richiesta, mentre io ho protestato contro tale discriminazione.
Un ispettore scolastico mi ha dato pienamente ragione, rischiando per questo motivo di essere licenziato dalla scuola pubblica. Vi sono tre interrogazioni parlamentari a cui né il Ministro Moratti, prima, né il Ministro Fioroni, ora, hanno voluto rispondere. Non è finita qui: i Testimoni di Geova hanno preteso che fossi cacciato da quella scuola perché i loro figli si turbavano al solo vedermi, visto che, a causa dell'indottrinamento, io rappresentavo il demonio. Ebbene, la scuola mi ha cacciato. Tale decisione è stata coperta con una giustificazione di incompatibilità ambientale. Quanto vi ho appena esposto, signori, pone un altro problema che credo sia a voi sconosciuto.
PRESIDENTE. Dove ha insegnato dopo?
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Sono stato trasferito in un'altra scuola.
PRESIDENTE. Dello stesso comune?
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. No, di un comune diverso.
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ROBERTO ZACCARIA. Dottor Fontani, ha letto l'articolo 15, comma 3?
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Li ho letti un po' tutti, onorevole Zaccaria.
ROBERTO ZACCARIA. Noi siamo in grado di intervenire sui punti che riguardano l'ordinamento generale.
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Si riferisce all'articolo 15?
ROBERTO ZACCARIA. Leggo: «La violazione del diritto di discriminazione comporta, in ogni caso, la nullità degli atti che la realizzano e la responsabilità per danno patrimoniale e non patrimoniale a carico di chi la pone in essere». Una legge interviene sugli elementi di rilevanza per l'ordinamento generale. Noi stiamo parlando di un provvedimento discriminatorio adottato nei suoi confronti...
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Le ricordo che sono in corso cause penali.
ROBERTO ZACCARIA. D'accordo, però voglio solo chiarire che questa legge fornisce molti più strumenti di quanti non ve ne fossero in precedenza.
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Ne sono consapevole e la ringrazio. Il problema che intendo porre è quello del potere, spesso sottovalutato, che hanno queste grandi e potenti organizzazioni internazionali. Ne cito solo due: Scientology e i Testimoni di Geova. Nel 1990, ricevetti una lettera da una maestra di Mogliano Veneto. Essendo diventato un po' il referente nazionale del movimento a difesa dei diritti dei fuoriusciti, questa maestra mi scrisse una lettera.
Aveva anche lei sollevato il problema dell'inserimento dei figli dei Testimoni di Geova a scuola, con assemblee e con articoli sui giornali. Si rivolse ai sindacati, i quali le risposero: non si possono toccare i Testimoni di Geova; sono stati riconosciuti come ente morale quattro anni fa, quindi non ti mettere contro di loro. Mi riferì di aver dovuto tacere perché i dirigenti scolastici l'avevano minacciata di sanzioni disciplinari.
La lettera manoscritta la troverete nel materiale che vi ho messo a disposizione. Questo episodio riporta ad un altro aspetto, già trattato da una signora con riferimento al tema riguardante il mondo islamico: movimenti di questo genere si fanno forza dei riconoscimenti che ottengono - ad esempio, la personalità giuridica riconosciuta nel 1986 o la domanda d'intesa - per diventare ancora più forti ed arroganti.
Non a caso, nella trasmissione Chi l'ha visto? di sette mesi fa, quando si è parlato di clamorose sparizioni legate ai Testimoni di Geova, i Testimoni hanno replicato solo in un modo, dichiarando: «Noi siamo riconosciuti dallo Stato».
Basta. Lo Stato, quindi, deve sapere bene che dare riconoscimenti - quindi finanziamenti, come l'8 per mille - significa in realtà rafforzare la repressione e la violazione di diritti umani che all'interno si opera. A nostro parere, quindi, è un errore concederli ad un'organizzazione che codifica in questo modo le regole sugli espulsi e che reagisce in tale maniera con le persone che dissentono, anche leggermente. Sono vere e proprie forme di giustizia parallela. Ho letto con attenzione l'articolo riguardante la procedura interna.
ROBERTO ZACCARIA. Il giusto processo.
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Esatto, il giusto processo. Lo ritengo un articolo meraviglioso. Mi piacerebbe - ne ho parlato anche con alcuni amici che mi hanno telefonato da
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varie parti d'Italia, quando si è parlato di questa audizione - vederlo rafforzato, onorevole Zaccaria. Difatti, il comitato giudiziario dei Testimoni di Geova è un esempio di terrore, a cavallo tra l'inquisizione medievale e i processi staliniani. L'imputato non ha diritto a nessuno che lo difenda, perché chi lo fa segue la sua stessa sorte. Non si ha diritto ad alcuna carta, perché tutti gli incartamenti e i dossier rimangono a vita.
Troverete le circolari ufficiali dell'organizzazione che dettano come e quando conservare gli incartamenti. Io non ho alcuna carta in mano e non posso neanche dimostrare, al limite, di essere stato espulso per apostasia o ribellione, mentre questa organizzazione religiosa ha a disposizione migliaia di carte delicatissime nei miei confronti di cui non ho né mai avrò, copia. Pertanto, rafforzerei il dovere non soltanto di prevedere, ma anche di far ottenere alla persona verso la quale vengono irrogate sanzioni copia di tutti gli atti che la riguardano. Finora, i vertici dei Testimoni di Geova sono stati completamente insensibili a questo problema. Infatti, in Danimarca - l'organizzazione è uguale dappertutto -, nel 1992, lo Stato confiscò qualche tonnellata di documentazione relativa proprio ai comitati giudiziari.
Ebbene, anche questo è un punto delicato che andrebbe rafforzato, in modo da evitare che un aderente sia soggetto a «processi farsa», che però hanno pesanti conseguenze e ripercussioni sulla sua vita personale, familiare, affettiva e anche professionale. Dovete sapere che, quando una persona viene espulsa dal gruppo, spesso perde il lavoro. Ve ne spiego il motivo. Un caso clamoroso, fra quelli di suicidio che vi ho citato, riguarda un signore che sterminò tutta la famiglia e poi si suicidò. Non era affatto una persona insana di mente, bensì era sanissimo e svolgeva la sua attività in modo normale.
Un giorno fu espulso dal gruppo dei Testimoni di Geova. Che cosa comportò questo evento? Intanto, il padre lo ripudiò, si tirò fuori dalla sua società di giardinaggio e gli fece causa per togliergli i figli, dal momento che non li avrebbe più educati secondo le norme stabilite dall'organizzazione. I suoi clienti erano per il 90 per cento Testimoni di Geova e, naturalmente, non accettarono tale situazione, non sognandosi neppure di assumere un giardiniere fuoriuscito. Di conseguenza, non poté più pagare il mutuo in banca, e quindi andò in rovina tutta la sua vita, affettiva, familiare, economica e patrimoniale.
PRESIDENTE. Ritengo che il quadro appena descritto sia sufficientemente disastroso.
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. Sì, il quadro è sufficientemente disastroso, sono d'accordo con lei.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor presidente, ancora una volta la ringrazio perché è stata una giornata che ci ha permesso di dare un contributo migliore, grazie a tutte le audizioni svolte. Innanzitutto, voglio affrontare un discorso non proprio pertinente; in seguito rivolgerò una domanda. A mio parere, da questa giornata abbiamo imparato che dobbiamo essere molto prudenti. Mi rivolgo a lei, signor presidente, ma anche al relatore: è necessaria una prudenza assoluta. Difatti, la laicità deve essere garantita anche a loro.
Non dobbiamo garantirla solo a noi mediante una legge laica, ma dobbiamo assicurarci che tale laicità valga anche per chi, con sforzi enormi, cerca di averla senza poterla ottenere. Vi chiedo scusa per questa digressione, ma ho ritenuto giusto condividerla con voi. Stamattina, ho incontrato una signora che si occupa proprio degli abusi psicologici perpetrati all'interno delle religioni. Signor Fontani, vorrei che, oltre alle testimonianze, portasse un contributo concreto. Lei si è avvicinato alla setta e in essa
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ha creduto; quindi, c'è stato un meccanismo di seduzione nei suoi confronti, che però lei ha potuto respingere, trovando la forza per farlo. Vorrei che fornisse un contributo alla Commissione, spiegando come tale seduzione sia stata possibile, per poter definire setta gruppi religiosi come i Testimoni di Geova ed altri che utilizzano meccanismi analoghi. Noi dovremmo infatti avere una griglia che ci permetta di escludere la possibilità di intese con alcune organizzazioni, perché non garantiscono la libertà della persona, anche se questa apparentemente è libera. Per ottenere questo risultato, abbiamo bisogno del vostro aiuto.
Attualmente esistono numerose testimonianze, ma quando vi siete fatti sentire al riguardo? A noi sembrava opportuno giudicare una religione in base al proprio statuto. In realtà, intendo riferirmi a chi, nel Consiglio di Stato, ha espresso parere positivo, avvalendosi dei documenti a disposizione. Bisognerebbe riuscire ad avere non testimonianze, pure validissime e degne ovviamente di un rispetto assoluto, ma qualcosa in più, ovvero una sorta di griglia che ci permetta di poter valutare nel merito.
MARCO BOATO. Signor presidente, è difficile interloquire, ma in tutte le audizioni di oggi, come lei ha notato, ho evitato di porre domande, proprio perché stiamo svolgendo un secondo giro di audizioni, dopo che in altre legislature ne avevamo svolte altrettante. L'incontro di questa sera - ringrazio il professor Fontani e la signora Piro - rappresenta l'occasione, sia pure nei pochi minuti che abbiamo ancora a disposizione, per un approfondimento. Ovviamente, come lei avrà notato, anche se non siamo numerosi, la stiamo ascoltando con grandissimo interesse e rispetto per gli aspetti drammatici richiamati.
Quelli di noi che seguono queste vicende da molti anni, conoscono qualcosa del genere sia per quanto riguarda i Testimoni di Geova, sia per quanto riguarda altre situazioni. Io non ho mai avuto, ad esempio, alcuna difficoltà - anche se non ne faccio mai esibizione - a dichiarare di essere cattolico. Tuttavia, quando leggo interi libri di testimonianze, ad esempio sui fuoriusciti dell'Opus Dei - che non sono Testimoni di Geova, ma rappresentano un'organizzazione interna alla Chiesa cattolica ufficiale, la cui prelatura personale è addirittura riconosciuta dal Pontefice -, non dico che sono a conoscenza di fatti identici a quelli da lei drammaticamente testimoniati, ma molto analoghi, che mi preoccupano tanto quanto quelli ascoltati qualche minuto fa. Purtroppo, potremmo proseguire con altri esempi.
Ciò non toglie nulla alla gravità di quel che lei, sia pure nei pochi minuti che ha avuto a disposizione, ha documentato, preannunciando di lasciare alla Commissione la documentazione cui ha fatto riferimento. Vorrei porre una domanda a lei e a tutti i colleghi. Noi avremo modo di riflettere nei prossimi giorni, passando all'esame dell'articolato, su possibili emendamenti, ovviamente nel rigore e nell'adeguata terminologia giuridica. Stiamo parlando infatti di una legge di attuazione costituzionale; credo che il nostro relatore abbia una competenza tecnico-giuridica e una sensibilità anche politica, umana e culturale, grazie alla quale potrà ottenere il massimo di attenzione. Naturalmente, non è solo il relatore, ma tutta la Commissione a svolgere questo lavoro.
La domanda è la seguente: tutto ciò che lei ha drammaticamente rappresentato - e penso che, se lei parlasse per qualche ora, potrebbe farlo ad abundantiam - è avvenuto non in forza di questa legge, ma in assenza di una legge. Lei chiede di precisare meglio e di rendere più rigorose le norme. Su questo convengo, sempre che ciò venga realizzato con una adeguata terminologia giuridica e con la dovuta compatibilità costituzionale.
Tutto quello che lei ci sta raccontando, e altre vicende cui ho fatto cenno esemplificandone una (ma purtroppo ce ne sono molte altre), sta avvenendo, ed è avvenuto, in questi anni e in questi decenni, in assenza di una legge. Poco fa, nell'audizione dei rappresentanti della Consulta per l'Islam italiano, la signora Souad Sbai (che conosco bene e con cui ho anche dibattuto, e che, se non sbaglio, è stata da lei citata en passant
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nella sua testimonianza), ci ha riferito una situazione allucinante riguardo delle donne islamiche, traendo la conclusione che questa legge «non s'ha da fare». Allora, continueremo ad avere una situazione allucinante per le donne islamiche, di poligamia non riconosciuta giuridicamente dal nostro Paese, ma esistente di fatto, perché non sono matrimoni giuridicamente riconosciuti. Si continuerà così. Se in questa legge si parlerà di matrimonio, religioso o meno, che abbia effetti civili - adesso non mi sto più riferendo ai Testimoni di Geova, ma si tratta di un mio inciso -, chi contrarrà quel tipo di matrimonio, finalmente e per la prima volta, potrà essere tutelato dall'ordinamento giuridico italiano.
Quella donna avrà finalmente la possibilità di fare ricorso ad un ordinamento giuridico che tuteli la sua dignità e quella dei suoi figli, che vieti la poligamia, considerandola un reato, e via dicendo. La drammaticità delle testimonianze ascoltate - e che in parte già conosciamo - con grandissimo interesse potrebbe comportare il rischio di un cortocircuito. Lei ha suggerito di apportare correzioni alla legge, ma potrebbe esistere il rischio di un cortocircuito mentale ed ideologico, ossia quello di accettare tale situazione.
Non si può varare una legge sulla libertà religiosa perché esistono la poligamia, lo sfruttamento della donna, la persecuzione - mi sembra che, di fatto, si tratti di questo - di persone che abbandonano una confessione religiosa, o setta che dir si voglia. Voglio lasciare, in coda a questa lunga serie di audizioni, la mia riflessione: questa legge, in modo magari ancora inadeguato o imperfetto, da integrare e da rafforzare, afferma una serie di princìpi, che riguardano la libertà di far parte di una religione, ma anche quella di poterne uscire, la libertà di essere credente, ma anche quella di non esserlo, la tutela dei princìpi del giusto processo, nel caso di provvedimenti a carattere disciplinare.
Questo problema riguarda i Testimoni di Geova, ma anche altre confessioni che hanno attraversato la storia del nostro Paese, così come di altri. Concludo dicendo che ho voluto interloquire con lei, e con la signora che l'accompagna, nell'intento non di ridimensionare o di sottovalutare le cose terribili che lei ci ha raccontato, ma di chiedere a me stesso - a lei e a noi - se questo comporti il fatto di lasciare campo libero affinché ciò continui a succedere, o se invece non determini la necessità di attuare un principio costituzionale, mettendo dei paletti di carattere costituzionale o riguardanti anche le convenzioni internazionali. Non dico che si metterà fine a tutto questo con un tratto di penna, perché le leggi non cambiano mai la realtà da un giorno all'altro; tuttavia, renderebbero più difficile, e comunque perseguibile, fenomeni simili a quelli che lei ci ha rappresentato con tanta drammaticità e della cui esposizione la ringrazio.
GIANPIERO D'ALIA. Signor presidente, intervengo molto brevemente per comunicare che considero parimenti interessante l'audizione che stiamo per concludere, perché pone l'accento, al di là della questione specifica sui Testimoni di Geova, su due profili della legge, che credo debbano essere ulteriormente approfonditi. Il primo riguarda la differenza fra il controllo formale e quello sostanziale.
Già il nostro sistema, a legislazione vigente, non funziona, nonostante sia in qualche modo più stringente sotto alcuni aspetti. Il nuovo sistema prevede una duplice procedura. Una di esse riguarda il censimento dei ministri di culto - anche delle confessioni religiose non dotate di personalità giuridica, perché non iscritte nel registro delle confessioni - e delle confessioni iscritte nel registro, il cui controllo avviene attraverso una verifica di conformità allo schema legale degli statuti delle confessioni. Sto affrontando un discorso valido per i Testimoni di Geova, così come per tutti in assoluto. Oggi pomeriggio, abbiamo ascoltato la presidente dell'Associazione delle vittime degli abusi psicologici, la
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quale ci ha riferito come anche all'interno delle confessioni tradizionalmente radicate e riconosciute dallo Stato italiano potrebbe presentarsi - come alcune volte è accaduto - il problema. Credo, allora, che la questione sia quella di analizzare gli strumenti fino ad oggi utilizzati, ivi compreso il parere del Consiglio di Stato. Infatti, ci troviamo di fronte ad un duplice problema: mi rendo conto della difficoltà di definire il concetto di confessione religiosa. A tale difficoltà a volte si supplisce riconoscendo la personalità giuridica a quegli enti che si presume rappresentino comunità di soggetti indeterminati ed indeterminabili che professano un certo credo.
Questo è un primo aspetto, per il quale non aiuta l'affermazione del principio di autonomia e di impermeabilità della confessione riconosciuta. L'impossibilità che lo Stato possa effettuare controlli ex post dopo il riconoscimento sul rispetto concreto dei precetti dello Statuto diventa un limite. Come è stato riferito in questa sede, un conto è ciò che si dichiara, altro conto è ciò che si mette in pratica: si predica bene e si razzola male.
Il secondo aspetto che mi permetto di sottolineare, se ho capito bene il senso di questa audizione, è che siamo di fronte al tema dei culti cosiddetti «abusanti». Torniamo sempre alla necessità di individuare, come presupposto indispensabile, ipotesi comunque escluse dalla tutela contenuta nella legge sulla libertà religiosa, ossia i cosiddetti «culti abusanti».
Mi rendo conto di quanto sia difficile porre la questione in termini positivi. Tuttavia, ritengo sia meno difficile individuare una definizione di ciò che non può comunque rientrare nelle fattispecie del riconoscimento, dell'iscrizione nel registro dei ministri di culto, e via dicendo. Infatti, laddove ci si trovi in presenza di soggetti che, in forma individuale o associata, esercitano un culto che ha come presupposto l'abuso e il mancato rispetto di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti - di questo sostanzialmente parliamo - , è evidente che questo risulterebbe più facile. Credo, quindi, che questa audizione confermi quanto ci siamo già detti.
PRESIDENTE. Bisogna anche tenere conto dei «culti abusanti» e delle deviazioni all'interno dei culti legittimi.
GIANPIERO D'ALIA. Signor presidente, la mia considerazione riguarda tutti. PRESIDENTE. Le questioni poste sono numerosissime. Rifletta dunque, professore, se vuole dare una risposta assai sintetica, per poi farci avere per iscritto ulteriori osservazioni rispetto ai problemi molto importanti che hanno posto i colleghi intervenuti.
ADRIANO FONTANI, Fondatore del Coordinamento nazionale fuoriusciti dai Testimoni di Geova. La ringrazio, signor presidente. In effetti, i suoi colleghi intervenuti hanno centrato il punto. Personalmente, mi concentro molto sull'articolo 18, riguardante i requisiti. Concordo pienamente con l'onorevole Boato: serve assolutamente e in modo rilevante una legge.
A mio parere, se questa legge venisse applicata così com'è, Scientology non potrebbe avere l'intesa, e neppure i Testimoni di Geova. Non siamo preoccupati, onorevole Violante e onorevole Zaccaria, del fatto che si faccia una legge, ma che l'iter delle singole intese porti la congregazione dei Testimoni di Geova ad avere l'intesa, con annesso l'8 per mille. È questo ciò che ci preoccupa.
La legge deve esserci, difatti ho suggerito integrazioni - che poi formalizzerò - puntigliose, in modo da creare uno sbarramento ancora più fitto. I «culti abusanti» non devono passare. Voglio rispondere a quanto ha affermato giustamente l'onorevole Paoletti Tangheroni, laddove ha precisato che lo statuto deve essere vero, non di facciata. Di conseguenza, il punto principale riguarda gli strumenti di controllo, che devono essere effettivi. Circa la questione riguardante la setta o la confessione, mi sono permesso in questi anni - non ho molta dimestichezza
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con il tecnicismo delle leggi, ma ne ho molta con i mass-media e con il linguaggio giornalistico - di coniare una definizione di setta, se mi consente, molto a buon mercato ed efficace, che ai giornalisti è piaciuta molto: una setta è un movimento in cui è facile entrare, ma dal quale è molto difficile, penalizzante e pericoloso uscire.
Basterebbe applicare questa definizione sommaria per rendersi conto che gli evangelici o gli avventisti non hanno nulla di settario, così come la Chiesa cattolica in quanto tale. Inoltre, ho cercato di far capire che una setta è tanto più pericolosa quanto meno sembra esserlo. Difatti, cari signori, mamma Ebe non è pericolosa, perché la sua è una setta talmente grossolana da poter attrarre solo le persone più sprovvedute in circolazione.
Quando invece parliamo di Scientology o dei Testimoni di Geova, ci riferiamo ad organizzazioni internazionali ricchissime, potenti, capaci di ricattare e di influire su interi apparati dello Stato e su uomini politici di altissimo livello. Io non voglio mettere in imbarazzo nessuno, ma conosciamo situazioni che riguardano anche attuali uomini delle istituzioni, condizionabili con tanti metodi. Ebbene, prestiamo attenzione al fatto che una setta non è semplicemente quella residenziale. Se mamma Ebe prendesse dieci persone e le rinchiudesse in casa sua, tutti sarebbero a conoscenza del fatto che si tratta di una setta. Sono le sette non residenziali a non apparire tali, e proprio per questo motivo risultano essere quelle più pericolose.
Vi ringrazio moltissimo per averci dato la possibilità di esprimere la nostra opinione. Vi comunico che formalizzeremo alcune proposte. In conclusione, ben venga questa legge, ma noi siamo preoccupati per altri aspetti.
PRESIDENTE. La ringraziamo molto per il suo utilissimo intervento. Dichiaro conclusa l'audizione. La seduta termina alle 19,10.
La registrazione completa è stata trasmessa da Radio Radicale