I Testimoni di Geova -
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Le dottrine


La Trinità

Una dottrina da difendere  
di Francesco Pastore


Analisi delle obiezioni anti-trinitarie riportate nell’opuscolo dei Testimoni di Geova “Dovreste credere nella Trinità?”


Legenda
TdG = Testimoni di Geova
Torre di Guardia o società Torre di Guardia = essa è il "cuore" dell’organizzazione dei TdG, rappresenta la "fonte divina" della loro dottrina
DCT = opuscolo dei TdG "Dovreste credere nella Trinità?"
R = analisi e risposta alle affermazioni fatte nell'opuscolo dei TdG.
Le citazioni dall'opuscolo sono numerate.

Esame delle pagine da 20 a 29


97) Lo spirito santo, forza attiva di Dio

Una forza attiva


L’USO biblico dell’espressione “spirito santo” indica che è una forza controllata che Geova Dio impiega per attuare i suoi propositi. Sotto alcuni aspetti può essere paragonata all’elettricità, una forza che si può impiegare per svolgere un’ampia varietà di operazioni. DCT p. 20.

R. In verità, la Bibbia fa capire chiaramente che lo Spirito Santo è una persona.

98) Non una persona


MA NON ci sono versetti biblici che parlano dello spirito santo in termini personali? Sì, ma si noti ciò che scrive in merito il teologo cattolico Edmund Fortman: “Sebbene questo spirito sia spesso descritto in termini personali, sembra abbastanza chiaro che gli scrittori sacri [delle Scritture Ebraiche] non concepirono mai questo spirito come una persona distinta né lo presentarono come tale”. - The Triune God, cit., p. 9. DCT p. 21.

R. Un'altra citazione ingannevole. Fortman sta facendo commenti solamente sul Vecchio Testamento, infatti nello stesso testo più avanti afferma: «Forse si può dire che alcune di queste scritture circa la parola, la saggezza e lo spirito offrirono un clima nel quale la molteplicità all'interno della Divinità era concepibile agli ebrei. Comunque, questi scrittori ci danno definitivamente le parole che il Nuovo Testamento usa esprimere la Trinità di persone, Padre, Figlio, Parola, Saggezza, Spirito. E il loro modo di capire queste parole ci aiuta a vedere come la rivelazione di Dio nel  Nuovo Testamento  va oltre la rivelazione di Dio nel Vecchio Testamento.» - The Triune God, cit., p. 9.

99) Non è insolito che nelle Scritture certe cose vengano personificate. Della sapienza è detto che ha figli. (Luca 7:35) Del peccato e della morte è detto che regnano. (Romani 5:14, 21) In Genesi 4:7 la versione a cura di Salvatore Garofalo dice: “Il peccato è alla porta come un demone in agguato”, paragonando il peccato a uno spirito malvagio in agguato alla porta di Caino. Ovviamente il peccato non è una persona spirituale, come personificare lo spirito santo non ne fa una persona. DCT p. 21.

R. Mentre siamo d'accordo che certe cose sono personificate nella Bibbia è impossibile spiegare lo Spirito Santo come una personificazione.

100) In Matteo 28:19 si accenna al “nome . . . dello spirito santo”. Ma la parola “nome” non indica necessariamente un nome proprio di persona, né in greco né in italiano. Quando diciamo “nel nome della legge” non ci riferiamo a una persona, bensì a ciò che la legge rappresenta, alla sua autorità. Uno studioso spiega: “Quest’uso di nome (onoma) è comune nei Settanta e nei papiri nel senso di potere o autorità”. (A. T. Robertson, Word Pictures in the New Testament, New York e Londra 1930, vol. I, p. 245) Essere quindi battezzati ‘nel nome dello spirito santo’ significa riconoscere l’autorità dello spirito, che esso proviene da Dio e opera per volere di Dio. DCT p. 22.

R. Nulla da eccepire su quanto detto da Robertson. Vogliamo però far notare che in Matteo 28:19 tutti e tre, Padre, Figlio e Spirito Santo dividono lo stesso nome! Non dice "nel nome del Padre, nel nome del Figlio e nel nome del Spirito Santo ". Dunque questo invalida la discussione, perché tutte il tre sono visti  come delle persone con autorità! Matteo 28:19 è un classico esempio di metonimia, dal greco metonymìa, "scambio di nomi". Consiste nell'indicare una cosa non con il suo nome abituale ma con il nome di un'altra cosa che è legata alla prima da un rapporto di contiguità, cioè da una "vicinanza" di significato, da un'affinità di tipo logico o materiale. In particolare la metonimia può indicare:

- l'effetto per la causa ("guadagnarsi la vita con il sudore"= con un lavoro pesante, che fa sudare);

- la causa per l'effetto ("sentire le campane"= i rintocchi delle campane);

- la materia di cui è fatto l'oggetto per l'oggetto ("lucidare gli ottoni"=gli oggetti di ottone);

- il contenente per il contenuto ("bere un bicchiere"= il vino contenuto in un bicchiere);

- l'astratto per il concreto ("la giovinezza è spensierata"= i giovani);

- il concreto per l'astratto ("avere del fegato"= del coraggio);

- l' autore di un'opera per l'opera ("leggere Leopardi"= le opere di Leopardi);

- il luogo dove una persona si trova per la persona stessa ("una decisione della panchina"= dell'allenatore
della squadra che, durante la partita, è seduto sulla panchina).

Un altro punto chiave in Mt 28:19 è che non ha nessun senso sostenere che questo passaggio voglia affermare: "...nel nome del Padre (persona), del Figlio (persona) e dello Spirito Santo (cosa)". O tutte e tre sono persone o nessuno è persona!

101) Il “soccorritore”


GESÙ parlò dello spirito santo come di un “soccorritore”, e menzionò che avrebbe agito da insegnante e da guida e che avrebbe parlato. (Giovanni 14:16, 26; 16:13) La parola greca che usò per soccorritore (paràkletos) è di genere maschile. Perciò, nel descrivere ciò che il soccorritore avrebbe fatto, Gesù usò pronomi personali maschili. (Giovanni 16:7, 8) Quando invece è usata la parola greca per spirito (pnèuma), che è di genere neutro, è giustamente utilizzato il pronome neutro. Nelle lingue in cui la distinzione sarebbe possibile, la maggioranza dei traduttori trinitari non la evidenzia, come ammette a proposito di Giovanni 14:17 una versione cattolica in lingua inglese: “Il termine greco per ‘Spirito’ è neutro, e mentre in inglese noi usiamo i pronomi personali [maschili] (‘egli’, ‘suo’, ‘lui’), la maggioranza dei MSS [manoscritti] greci ha ‘esso’”. - The NewAmerican Bible, p. 128. DCT p. 22.

R. Quindi, seguendo il loro ragionamento, se a qualsiasi soggetto viene assegnato il pronome neutro “esso” non può trattarsi di una persona. Questo dimostra quanto poco conoscono il greco; infatti a Gesù viene assegnato il pronome neutro “esso” 5 volte in: Mt 2:8, 11, 13, 14, 20, 21; a Giovanni  il Battista 8 volte: Luca 1:59, 60, 62, 63, 66, 67. Per non parlare poi degli angeli e dei demoni ai quali viene assegnato più volte il pronome “esso”.  

Il pronome maschile ("egli", in Greco: ekeinos) è applicato allo Spirito Santo in alcune parti del Nuovo Testamento malgrado il fatto che "spirito" (in greco pneuma) sia neutro. Dio tenta forse di confonderci? O ha ispirato gli autori sacri in modo che noi potessimo capire che lo Spirito Santo è una persona?

102) Pertanto, quando in Giovanni 16:7, 8 la Bibbia usa pronomi personali maschili in relazione a paràkletos, lo fa per ragioni grammaticali, non dottrinali.

R. È vero che le regole della grammatica dettano il genere dei pronomi. Di contro questo può dimostrare che lo Spirito Santo è una persona. Infatti, secondo le regole della grammatica, in Giov. 16:13, - dove il pronome dovrebbe essere neutro (esso) perché “lo spirito” che è neutro è il suo oggetto - sembra che Gesù abbia infranto deliberatamente tali regole per dare risalto allo Spirito Santo come persona: «Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future» (CEI). In questo versetto Gesù ha usato il maschile “egli” accanto alla parola “spirito", che è neutra, piuttosto che il più corretto “esso”!




103)  Non fa parte di una Trinità


VARIE fonti riconoscono che la Bibbia non sostiene l’idea che lo spirito santo sia la terza persona di una Trinità. Eccone alcune:
“Non troviamo in nessun punto del Vecchio Testamento alcuna esplicita indicazione di una Terza Persona”. - The Catholic Encyclopedia, cit., vol. XV, p. 49.

R. Mi sembra assurdo che la Torre di Guardia citi una fonte trinitaria cattolica per provare che lo Spirito Santo non è una persona. Noi siamo d'accordo che nel AT non c'è indicazione chiara che lo Spirito Santo sia la terza persona della Trinità, in quanto non fu rivelata chiaramente fino al Nuovo Testamento. Precisamente quello che dice la stessa enciclopedia cattolica!

104) “Gli ebrei non considerarono mai lo spirito una persona; e non c’è nessuna prova concreta che un qualsiasi scrittore dell’Antico Testamento abbia mai pensato una cosa del genere. . . . Nei [Vangeli] Sinottici e negli Atti lo Spirito Santo è solitamente presentato come una forza o potenza divina”. - E. J. Fortman, teologo cattolico, op. cit., pp. 6, 15.

R. Di nuovo noi siamo d'accordo che nel Vecchio Testamento lo Spirito Santo non fu rivelato pienamente come una persona. Per fare un esempio, la stessa Torre di Guardia crede che l’arcangelo Michele non fu rivelato mai nel Vecchio Testamento come nostro salvatore e creatore!

105)  “Nell’insieme, tanto il Nuovo Testamento, quanto il Vecchio, parlano dello spirito come energia o potenza divina”. - A Catholic Dictionary, di Addis e Arnold, Londra 1960, p. 810.

R. Noi non discutiamo che lo Spirito Santo sia associato con il potere divino o energia, ma questo non prova che lo Spirito Santo sia mera energia e nulla più! Citazione ingannevole! Il dizionario dice nello stesso articolo: «Personificazione poetica sarebbe piuttosto fuori di luogo qui, e Meyer tratta esattamente le parole come decisive. Nel quarto Vangelo, comunque questa esistenza personale è affermata più pienamente e chiaramente».

106) “È chiaro che il VT [Vecchio Testamento] non presenta lo spirito di Dio come una persona . . . Lo spirito di Dio è semplicemente la potenza di Dio. Se viene talvolta rappresentato come distinto da Dio è perché l’alito di Yahweh agisce esteriormente”. (New Catholic Encyclopedia, cit., vol. XIII, p. 574) E ancora: “La maggioranza dei brani neotestamentari ci parlano dello spirito di Dio come di qualcosa, non come di qualcuno; lo si nota in particolare nel parallelismo fra lo spirito e la potenza di Dio”. (Il corsivo è nostro). - Ibid., p. 575.

R. Noi siamo d'accordo con tutte queste affermazioni dell'Enciclopedia cattolica. Ma diamo un occhiata a quello che loro hanno omesso dallo stesso articolo: «Come risulta dall'insegnamento di Cristo, la personalità definita della terza Persona della Trinità è chiara. Comunque, in più casi, la frase "spirito di Dio" riflette la nozione del AT (Antico Testamento) de "il potere di Dio. ... Anche se i concetti nel NT (Nuovo Testamento) dello Spirito di Dio sono in gran parte una continuazione di quelli dell'AT (Antico Testamento), nel NT c'è una rivelazione graduale che lo Spirito di Dio è una Persona.»

107) Perciò né gli ebrei né i primi cristiani consideravano lo spirito santo parte di una Trinità. Questo insegnamento venne secoli dopo. Il succitato dizionario cattolico di Addis e Arnold (p. 812) osserva: “La reale divinità della terza Persona fu affermata al Concilio di Alessandria nel 362, . . . e infine dal Concilio di Costantinopoli del 381”, circa tre secoli e mezzo dopo che lo spirito santo aveva empito i discepoli alla Pentecoste!

R. La Torre di Guardia tenta di ingannare il lettore facendogli credere che la prima volta che lo Spirito Santo venne considerato la terza persona della Trinità fu nel 362 d. C. Guardiamo ancora una volta cosa è stato omesso dall’articolo: «Ma un'esistenza personale è chiaramente attribuita allo Spirito? Senza dubbio, attraverso il tutto N.T. la sua azione è descritta come personale.» Per comprendere poi qual era il pensiero dei primi cristiani sull’argomento, vi rimando ai paragrafi da 26 a 31.

108) Che dire dei passi “trinitari”?
Tre in uno


UN’ENCICLOPEDIA cattolica presenta tre di questi passi cosiddetti “trinitari”, ma ammette: “La dottrina della Santissima Trinità non è insegnata nel VT [Vecchio Testamento]. Nel NT [Nuovo Testamento] la traccia più antica si trova nelle epistole paoline, specialmente in 2 Cor 13,13 [v. 14 in alcune Bibbie], e in 1 Cor 12,4-6. Nei Vangeli un esplicito accenno alla Trinità si trova solo nella formula battesimale di Matt 28,19”. - New Catholic Encyclopedia, cit., vol. XIV, p. 306.

Nella versione cattolica della CEI le tre “persone”, in quei versetti, sono elencate come segue. In 2 Corinti 13:13 (14) sono raggruppate così: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. In 1 Corinti 12:4-6 si afferma: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti”. E in Matteo 28:19 si legge: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

Questi versetti dicono forse che Dio, Cristo e lo spirito santo formino un Dio trino, che siano uguali in quanto a sostanza, potenza ed eternità? No, come il fatto di menzionare tre persone insieme - Giovanni, Mario e Francesco - non significa che siano tre in uno. DCT p. 23.

R. Noi siamo d'accordo che questi passaggi non insegnano la dottrina Trinitaria chiaramente sviluppata del IV sec. d.C. Si noti che la Torre di Guardia ammette comunque che sono indicate tre persone: Giovanni, Mario e Francesco. Anche se i passaggi possono non indicare che sono tre in uno, indicano comunque che tutte e tre sono persone!

109) Questo tipo di riferimento, ammette un’altra enciclopedia, “dimostra solo l’esistenza dei tre soggetti menzionati, . . . ma non dimostra di per sé che i tre condividano necessariamente la natura divina o posseggano uguale dignità divina”. - Cyclopedia of Biblical, Theological, and EcclesiasticalLiterature, di McClintock e Strong, Grand Rapids 1887, vol. X, p. 552. DCT p. 23.

R. Di nuovo noi siamo completamente d'accordo! Questi passaggi provano davvero che vi sono tre persone!

110) Pur sostenendo la Trinità, quest’opera dice riguardo a 2 Corinti 13:13 (14): “Non siamo autorizzati a dedurne che abbiano uguale autorità, o la stessa natura”. E riguardo a Matteo 28:18-20 dice: “Questo brano, comunque, di per sé, non dimostrerebbe in maniera decisiva né la personalità dei tre soggetti menzionati, né la loro uguaglianza o divinità”. - Ibid. DCT p. 23.

R. McClintock in riferimento a 2 Corinti 13:13 (14) dice anche: «Qui potremmo dedurre, dal parallelismo del terzo membro nel passaggio con i due precedenti, la personalità dello spirito santo.» - Cyclopedia of Biblical,Theological, and Ecclesiastical Literature, di McClintock e Strong, Grand Rapids 1887, vol. X, p. 552.

111) “Io e il Padre siamo uno”


A proposito di Giovanni 10:30, nel suo commentario al Vangelo omonimo, Giovanni Calvino (che credeva nella Trinità) scrisse: “Gli antichi usarono impropriamente questo passo, per dimostrare che Cristo è ÐmooÚsion [consustanziale] col Padre. Infatti Cristo non parla di unità di sostanza, ma dell’accordo che ha col Padre”. - Corpus Reformatorum, Brunswick 1892, vol. LXXV, col. 250.

R. Siamo d'accordo con Calvino, ma si ricorda che quando Gesù fece questa asserzione, gli ebrei vollero immediatamente prenderlo a sassate. Guardiamo cosa scrive Giovanni: «“Io e il Padre siamo una cosa sola”. I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. Gesù rispose loro: “Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?”.

Gli risposero i Giudei: “Non ti lapidiamo per un opera buona, ma per bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”» (Giov 10: 30-33). Se Gesù voleva intendere che agiva in accordo con il Padre i Giudei non avrebbero tentato di lapidarlo, infatti anche loro credevano di agire in modo concorde con Dio. Per dirla tutta avrebbero dovuto prendere a sassate anche Mosè per lo stesso motivo!

La verità è che gli ebrei capirono questa asserzione come una dichiarazione di uguaglianza con il Padre. In questo passaggio Gesù non dice mai "io non sono Dio", infatti rispose: «Non è forse scritto nella vostra legge: Io ho detto: voi siete dei? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?» (Giov. 10: 34-36). Qui Gesù fa un discorso molto semplice: se alcuni uomini sono stati chiamati dèi, tanto più lo sono io che sono il Figlio di Dio!

Quale fu la reazione dei Giudei a questa affermazione? «Cercarono allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani» (Giov. 10:39). Noi non diremo mai che da Giov. 10:30 si evince che Gesù era della stessa sostanza del Padre, ma come lo stesso Calvino afferma, questo versetto (Giov. 10:30) conferma che Gesù è Dio. Nel suo commentario al Vangelo di Giovanni scrive: «Gli Ariani anticamente distorsero questo passaggio per provare che Cristo non è Dio per natura, ma che possiede un qualche genere di Divinità presa in prestito.

Ma questo errore è confutato facilmente, dato che Cristo ora non discute su quello che egli è, ma che dovremmo riconoscerlo per quello che è, dai suoi miracoli in carne umana. Per quanto riguarda noi non potremo mai comprendere mai la sua Divinità eterna, a meno che l'abbracciamo come un Redentore».

112) “Facendosi uguale a Dio”?


UN ALTRO passo citato a sostegno della Trinità è Giovanni 5:18. Vi si legge che i giudei (come in Giovanni 10:31-36) volevano uccidere Gesù perché “chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio”.
Ma chi diceva che Gesù si stava facendo uguale a Dio? Non Gesù. Egli si difese da quella falsa accusa, come mostra proprio il versetto successivo (Giovanni 5:19): “Gesù replicò a quelli che lo criticavano: ‘Io vi assicuro che il Figlio non può far nulla da sé, ma solo ciò che vede fare dal Padre”. - PS.

R. Andiamo per ordine. Gesù aveva guarito un infermo di sabato : «Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato. Ma Gesù rispose loro: “Il Padre mio opera e anch'io opero”. Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio» (Giovanni 5:16-18).

È chiaro ed evidente che è proprio Giovanni (l'autore del vangelo medesimo) ad affermare l'uguaglianza di Gesù con Dio! Infatti, scrivendo: "Proprio per questo i giudei cercavano ancor di più di ucciderlo", ci fa capire che i Giudei avevano ben compreso quello che Gesù aveva detto! Citare Giovanni 5:19 per dimostrare che Gesù non si stava facendo uguale a Dio non serve; lo stesso versetto continua dicendo: “Quello che egli (il Padre) fa, anche il Figlio lo fa”, è come se io dicessi: quello che fa Dio anch'io lo faccio! Detto da me è una bestemmia, ma non per Gesù. Questi versetti dimostrano che Gesù non agiva autonomamente, ma in comunione col Padre, essendo uguale a Dio.

113) “Uguale a Dio”?


IN FILIPPESI 2:6 la versione protestante di Giovanni Diodati, del 1607, dice di Gesù: “Il quale, essendo in forma di Dio, non reputò rapina l’essere uguale a Dio”. La versione cattolica a cura del Pontificio Istituto Biblico traduce: “Ora egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò un bene da non dover mai rinunziare lo stare alla pari con Dio”. Traduzioni come queste sono usate per sostenere l’idea che Gesù era uguale a Dio. Ma notate come altre traduzioni rendono questo versetto:

1869: “il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio come una cosa da afferrare”. The New Testament, di G. R. Noyes.

1965: “Egli - vera natura divina! - non si fece mai uguale a Dio confidando in se stesso”. Das NeueTestament, ed. riveduta, di Friedrich Pfäfflin.

1968: “il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio”. La Bibbia Concordata.

1976: “Egli ebbe sempre la natura di Dio, ma non pensò di dover cercare con la forza di divenire uguale a Dio”. Today’s English Version.

1985: “Il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio qualcosa da afferrare”. The New Jerusalem Bible.
DCT p. 25.

R. La spiegazione di questo verso è così evidente che anche la Torre di Guardia non può far finta di non sapere, infatti subito dopo scrive: «Secondo alcuni, però, anche queste traduzioni più accurate implicano che (1) Gesù aveva già tale uguaglianza ma non intendeva aggrapparsi ad essa, o che (2) non aveva bisogno di afferrare tale uguaglianza perché già l’aveva». DCT p.25. Per una considerazione completa di questo passo si veda la seguente pagina: link.

114) “Io Sono”


IN GIOVANNI 8:58 varie traduzioni, fra cui il testo CEI, fanno dire a Gesù: “Prima che Abramo fosse, Io Sono”. Gesù stava forse dicendo, come sostengono i trinitari, di essere noto col titolo “Io Sono”? E, come essi asseriscono, significa questo che egli fosse il Geova delle Scritture Ebraiche, dato che in Esodo 3:14 (CEI) si legge: “Dio disse a Mosè: ‘Io sono colui che sono”?

In Esodo 3:14 (CEI) l’espressione “Io sono” è un titolo riferito a Dio per indicare che esiste veramente e che mantiene le sue promesse. Riguardo a questa espressione il dott. J. H. Hertz disse: “Per gli israeliti in schiavitù il senso sarebbe stato: ‘Benché Egli non abbia ancora manifestato la Sua potenza verso di voi, lo farà; Egli è eterno e certamente vi redimerà’.

La maggioranza dei contemporanei segue Rashi [commentatore biblico e talmudico francese] traducendo [Esodo 3:14] ‘Io sarò colui che sarò’”. - The Pentateuch and Haftorahs, Oxford 1941, vol. 1, p. 215.
L’espressione di Giovanni 8:58 è diversa da quella di Esodo 3:14. Gesù non la usò come un nome o un titolo, ma per spiegare la sua esistenza preumana. DCT p. 26.

R. Ad onor del vero va detto che il dott. J. H. Hertz, nonostante quanto riportato in nota a Esodo 3:14, ha comunque preferito tradurre Io sono:
«And God said unto Moses: ‘I AM THAT I AM’; and He said. ‘thus shalt thou say unto the children of Israel: I AM hath sent me unto you’.»

Su come interpretare Esodo 3,14 sono stati versati fiumi di inchiostro, ma ad oggi la traduzione fatta dalla Bibbia CEI sembra la più corretta, riportiamo un paio di commenti autorevoli:
«Dio, parlando di se stesso, non può usare che la prima persona: "Io sono".

L'ebraico si può tradurre alla lettera: "Io sono ciò che io sono" ciò significherebbe che Dio non vuole rivelare il suo nome; ma, precisamente, Dio dà qui il suo nome che, secondo la concezione semitica, deve definirlo in una certa maniera. Ma si può tradurre l'ebraico anche alla lettera: "Io sono colui che sono" e, secondo le regole della sintassi ebraica, ciò corrisponde a "Io sono colui che è", "Io sono l'esistente"; così lo hanno compreso i traduttori della versione alessandrina [LXX]:Ego eimi ò òn. Dio è il solo veramente esistente» - La Bibbia di Gerusalemme, nota a Es. 3,13 - Ed. EDB.

«Io sono colui che sono: con tale espressione è stabilito un legame lessicale e concettuale con il nome proprio Jahweh. Esso infatti sembra doversi ritenere una forma verbale all'imperfetto, III pers. sing., del verbo "essere" (hwh o hwy). Ora nelle lingue semitiche non esistono che due tempi per i verbi: il perfetto, che esprime azione ormai compiuta, definita, circoscritta, e l'imperfetto, che esprime durata, il protrarsi dell'azione nel passato, nel presente e nel futuro. L'uomo dunque, di Dio, non può che dire "Egli è", cioè "continua ad essere"; e solo Dio può dire di sé "Io sono", cioè "continuo a essere", "sono l'Esistente".» - Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali, nota a Es. 3,14 - Ed. San Paolo.

La Bibbia dei Settanta (LXX) è la prima versione in greco dell’Antico Testamento. Fu redatta tra il III sec. a.C. e il II secolo a.C. per venire incontro alle esigenze dei giudei residenti in Egitto e, più in generale, fuori della terra d'Israele. Fu voluta soprattutto dagli ebrei della diaspora che non comprendevano più l’ebraico. Secondo la lettera di Aristeia, è detta "dei Settanta" perché sarebbe stata eseguita da settanta saggi nell’isola di Faro (Alessandria d'Egitto), su richiesta di Tolomeo II Filadelfo. Ebbene questa versione  traduce "ehyeh asher ehyeh" (Es. 3,14 in ebraico) in "Ego eimi ho òn", il fatto che "ehyeh" viene tradotto indistintamente sia con "ego eimi" che con "ho òn" dimostra che hanno lo stesso significato.

Considerato che la Torre di Guardia afferma che non c'è nessuna relazione tra Giov. 8,58 e Es. 3,14, in quanto quest'ultimo andrebbe tradotto al posto di 'Io sono colui che sono' con 'Io sarò colui che sarò' o, secondo la loro anonima Bibbia Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, in 'Io mostrerò d'essere ciò che mostrerò d'essere', porrei loro una domanda: se gli ebrei volessero tradurre in ebraico Giovanni 8,58, quale termine userebbero per "ego eimi"? Noi una risposta l'abbiamo.

The Hebrew New Testament (Il Nuovo Testamento ebraico) di T. Frey e G. G. Collyer, Ed. London Jews Society del 1817 riporta: «...terem yihyeh Abraham ehyeh", "prima che Abramo fosse Io sono" (ehyeh = Io sono); ed ancora, Hebrew New Testament, Ed. British ad Foreign Bible Society del 1880 ha: "...ani ehyeh", "...Io, Io sono". Ci sono poi altri versetti in cui si può costatare che "Io sono" è da considerarsi sia come nome o come titolo, ad esempio  Giov. 13,19: "Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono."

115) Si noti infatti come altre traduzioni della Bibbia rendono Giovanni 8:58:

1869: “Da prima che Abraamo fosse, io sono stato”. The New Testament, di G. R. Noyes.

1935: “Io esistevo prima che Abraamo nascesse!” The Bible-An American Translation, di Smith e Goodspeed.

1965: “Prima che Abraamo nascesse, io ero già colui che sono”. Das Neue Testament, di Jörg Zink.

1981: “Io ero in vita prima che Abraamo nascesse!” The Simple English Bible.

1987: “Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero”. Traduzione del Nuovo Mondo delle SacreScritture. DCT p. 26.

R. Le diverse traduzioni di Giov. 8,58 sono tentativi di esprimere al meglio il significato del testo greco nella propria lingua. Tuttavia qui ci si trova davanti al problema delle limitazioni della lingua inglese, la stessa Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture si rifà ad un testo inglese. Un erudito, il dott. James R. White, così commenta questo problema: «Presumibilmente molte di queste traduzioni guardano la frase come il Dott. A. T. Robertson chiamò un ‘presente progressivo'.

Ci sono molti esempi nella conversazione o narrativa storica dove il Greco usa un verbo presente che è reso meglio in inglese dal tempo passato prossimo. Giovanni 15:27 sarebbe un buon esempio: ‘perché siete stati con me fin dal principio'. Il verbo è nel presente, ma il contesto indica chiaramente che è in riferimento sia al passato che al presente. Robertson nota che questo è un linguaggio comune nel Nuovo Testamento, sebbene aggiunga il fatto che, per suo parere, Giovanni 8,58 è 'assoluto' e dovrebbe essere reso come tale (com’egli sempre fa nei suoi lavori).

Dovrebbe anche essere notato che è la mancanza dell'inglese che è da biasimare per la traduzione, dare peso al significato del passato prossimo inglese quando tradurre così il presente Greco sarebbe in errore.» (James R. White, The Forgotten Trinity- Recovering the Heart of Christi an Belief  [Minneapolis MN; Bethany House Publishers, 1998], p. 97, il grassetto è nostro).
I manoscritti greci all'unanimità riportano ego eimi (= Io sono), tradurre differentemente per spiegare al meglio il significato di ego eimi nella propria lingua, può portare ad un errore d’interpretazione, come poi è successo.

116) Ancora una volta il contesto mostra che questo è il giusto modo d’intendere il versetto. Questa volta i giudei volevano lapidare Gesù perché aveva detto di ‘aver visto Abraamo’, benché, come dissero, non avesse ancora 50 anni (versetto 57). DCT p. 26.

R. Non è che ai tempi di Gesù i Giudei prendessero a sassate chiunque dicesse qualcosa che non garbava loro! La legge ebraica indica cinque casi in cui la morte per lapidazione era riconosciuta legale, ed è il caso di ricordare che i Giudei erano ossequienti alle leggi. Questi casi erano: 1) Spiriti indovini (Lev. 20,27); 2) Bestemmia (Lev, 24,10 e 23); 3) Falsi profeti che incitano all'idolatria (Deut. 13;5-10); 4) Figliuoli ribelli (Deut. 21,18-21); 5) Adulterio e violenza carnale (Deut. 22,20-24 e Lev. 20,10).

Nel nostro caso l'unica base giuridica che i Giudei avrebbero avuto è quella di bestemmia, d'altronde è lo stesso Gesù a confermarci quanto detto, in Giov. 10,33: «Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un opera buona, ma per bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio"», a sua volta Gesù disse: "...voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?" Giov. 10,36.

Gesù associa l'accusa dei Giudei di farsi Dio e l'essere il Figlio di Dio, evidentemente per lui era la stessa cosa. Il motivo perché i Giudei volevano lapidare Gesù sta nel fatto che videro, nell'affermazione "Io sono", un chiaro riferimento a Es. 3,14 e a Is. 43,10-13, capirono che Gesù affermava di essere l'Eterno dichiarando la propria deità. Affermare altri motivi come "aver visto Abraamo, benché, non avesse ancora 50 anni" non trova riscontro né nella legge e né nei fatti.

117) “La Parola era Dio”


IN GIOVANNI 1:1 La Bibbia Concordata dice: “In principio era la Parola e la Parola era presso Dio, anzi la Parola era Dio”. Secondo i trinitari ciò significherebbe che “la Parola” (greco ho lògos) che venne sulla terra come Gesù Cristo era l’Iddio Onnipotente stesso.

Si noti comunque che ancora una volta il contesto aiuta a comprendere bene il passo. La summenzionata versione dice: “La Parola era presso Dio”. (Il corsivo è nostro). Se si è “presso” qualcuno non si può essere quel qualcuno. Un periodico specializzato diretto dal gesuita Joseph A. Fitzmyer concorda con ciò quando dice che se l’ultima parte di Giovanni 1:1 dovesse intendersi come “il” Dio, ciò “contraddirebbe la frase precedente”, secondo cui la Parola era presso Dio. - Journal of Biblical Literature, 1973, vol. 92, p. 85. DCT pp. 26-27.

R. Nessuno trinitario dice che Gesù è anche il Padre. La Torre di Guardia volutamente inganna il lettore confondendo la dottrina trinitaria con il modalismo (v. par. 92).

118) Si noti inoltre come altre traduzioni rendono questa parte del versetto:

1808: “e la parola era un dio”. The New Testament in an Improved Version, Upon the basis ofArchbishop Newcome’s New Translation: With A Corrected Text.

1864: “e un dio era la parola”. The Emphatic Diaglott, di Benjamin Wilson.

1928: “e la Parola era un essere divino”. La Bible du Centenaire, L’Evangile selon Jean, di Maurice Goguel.
1935: “e la Parola era divina”. The Bible-An American Translation, di Smith e Goodspeed.

1946: “e di specie divina era la Parola”. Das Neue Testament, di Ludwig Thimme.

1950: “e la Parola era un dio”. New World Translation of the Christian Greek Scriptures.

1958: “e la Parola era un Dio”. The New Testament, di James L. Tomanek.

1975: “e un dio (o, di specie divina) era la Parola”. Das Evangelium nach Johannes, di Siegfried Schulz.

1978: “e di una sorta simile a Dio era il Logos”. Das Evangelium nach Johannes, di Johannes Schneider. DCT p. 27.

R. Andiamo ad esaminare queste versioni bibliche:

  • 1808: “e la parola era un dio”. The New Testament in an Improved Version, Upon the basis of ArchbishopNewcome’s New Translation: With A Corrected Text.

R. Thomas Belsham fu uno dei principali autori de The New Testament, An improved version upon the basis of Archbishop Newcome's new translation with a corrected text and notes critical and explanatory. London: Richard Taylor & Co., 1808. Questa revisione unitaria della traduzione di Newcome (1796) provocò molta indignazione quando venne pubblicata. Thomas Belsham era un "unitario". La sua dottrina insegna che Gesù era solamente un uomo straordinariamente buono, nulla più. Si veda anche il paragrafo 33.

  • 1864: “e un dio era la parola”. The Emphatic Diaglott, di Benjamin Wilson.
Prodotta da Benjamin Wilson, il quale non aveva le credenziali per tradurre dal greco. Wilson negò la pre-esistenza di Cristo e la dottrina dell’incarnazione. È citato spesso dai Testimoni di Geova a causa della sua deviazione anti-trinitaria.

  • 1928: “e la Parola era un essere divino”. La Bible du Centenaire, L’Evangile selon Jean, di Maurice Goguel.
R. Gesù come il Padre era quindi un essere divino; nulla da eccepire su questa traduzione.

  • 1935: “e la Parola era divina”. The Bible-An American Translation, di Smith e Goodspeed.
R. Non mi sembra che questa traduzione neghi la Trinità, anche se l'uso de termine "divino" è discutibile. Infatti A.W. Wainright nella suo libro The Trinity in the New Testament, a p. 6 osserva: «Comunque, è stato osservato che in questa proposizione [cioè, di Giovanni 1:1] Theos, essendo senza articolo, viene usato come aggettivo e significa 'divino'. Ma se, in questo caso, fosse stato richiesto l'aggettivo, si sarebbe dovuto adoperare la parola Theios che appare tre volte nel Nuovo Testamento (Atti 17:29: 2 Pietro 1:3,4)».

  • 1946: “e di specie divina era la Parola”. Das Neue Testament, di Ludwig Thimme.
R. Vorrei chiedere ai TdG quante "specie divine" conoscono, io ne conosco una sola, quella del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Essi sono della stessa specie e hanno la stessa natura. Paolo ci fa capire questo quando dice: "In quel tempo, è vero, non avendo conoscenza di Dio, voi avete servito a quelli che per natura non sono dèi" (Galati 4:8). Nella Bibbia a volte gli angeli, gli uomini, Satana vengono definiti dèi, ma essi non lo sono per natura, Gesù invece lo è, con tutta la Trinità.

  • 1950: “e la Parola era un dio”. New World Translation of the Christian Greek Scriptures.
R. Perché non dicono che questa traduzione è opera loro? New World Translation of the Christian Greek Scriptures Rendered from the Original Language by the New World Translation Committee. Brooklyn: Watchtower Bible and Tract Society, 1950. È incredibile: citano loro stessi per confermare un loro punto di vista!

  • 1958: “e la Parola era un Dio”. The New Testament, di James L. Tomanek.
R. Non sono riuscito a trovare informazioni circa James L. Tomanek o su quali fossero le sue qualifiche per tradurre il Nuovo Testamento. Di sicuro la sua traduzione non è riportata in nessun libro o rivista di studiosi accreditati.

  • 1975: “e un dio (o, di specie divina) era la Parola”. Das Evangelium nach Johannes, di Siegfried Schulz.
R. Questa traduzione sembra prestarsi ad una doppia interpretazione: "un dio" sosterrebbe il punto di vista dei TdG mentre, "di specie divina" quello trinitario. Per comprendere come Schulz intendesse questa frase, andiamo a leggere quanto ha scritto nel suo commentario su Giovanni 1:1: «La terza frase espone la premessa di base riguardo la pre-esistente "Parola": "e Dio era la Parola"... La "Parola" non è "il Dio" (versetto 1b) o il Dio Padre.

Similmente, la Parola è della stessa specie di Dio, essenza divina, essenzialmente uguale a Dio, così che uno deve tradurre ponendoli in reciproca relazione: "e la Parola era della stessa specie di Dio."». Quindi Schulz intendeva questo versetto in chiave trinitaria.

  • 1978: “e di una sorta simile a Dio era il Logos”. Das Evangelium nach Johannes, di Johannes Schneider.
R. L'originale Tedesco così riporta: "Und Gottlicher Art war der Logos", che si può tradurre anche "e di una specie divina era il Logos", oppure "e di una specie simile a Dio era il Logos". Questo è un esempio di come si possa tradurre in modo orribile; comunque, sembra più un modo di interpretare che di tradurre.

119) Il Journal of Biblical Literature afferma che proposizioni “con un predicato privo di articolo che precede il verbo, hanno primariamente significato qualitativo”. Come osserva il Journal, questo indica che il lògos può essere assimilato a un dio. Su Giovanni 1:1 l’estensore dell’articolo dice pure: “Penso che la forza qualitativa del predicato sia così notevole che il nome [theòs] non può essere considerato determinato”. - Op. cit., pp. 85, 87. DCT p.27.

R. La Torre di Guardia, con un paio di citazioni tratte da questo articolo, arriva a conclusioni opposte a quelle dello stesso autore. Secondo Philip B. Harner il significato qualitativo determina la natura e l'essenza del soggetto, cioè il lògos (Gesù), basta già il predicato a descrivere la natura del lògos, non conta che l'articolo sia [giustamente] assente. Alla fine dell'articolo conclude infatti dicendo: «Forse la proposizione si potrebbe tradurre: ‘la Parola era della stessa natura di Dio’. Questo sarebbe un modo per presentare il pensiero di Giovanni, secondo cui, come comprendo, ho lògos non era meno di ho theos, poiché aveva la natura di theos e tuttavia era distinto da lui.» - Journal of Biblical Literature, vol. 92, Filadelfia, 1973, p. 85.

120) Perciò Giovanni 1:1 evidenzia la qualità della Parola, cioè che era “divina”, “simile a Dio”, “un dio”, ma non l’Iddio Onnipotente. Questo è in armonia col resto della Bibbia, che mostra che Gesù, qui chiamato “la Parola” in quanto Portavoce di Dio, era un servitore ubbidiente inviato dall’Iddio Onnipotente sulla terra. DCT p.27.

R. Se si considera quanto detto da Harner nel paragrafo precedente, questa conclusione è del tutto fuori luogo. D'altronde la Torre di Guardia si guarderà bene dal riportare il vero pensiero dell'autore.

121) Ci sono molti altri versetti biblici che in greco hanno identica struttura grammaticale e in questi quasi tutti i traduttori inseriscono l’articolo indeterminativo “un”. Per esempio, in Marco 6:49 (Con) si legge che quando i discepoli videro Gesù camminare sull’acqua “pensarono che fosse un fantasma”. Nel testo greco davanti a “fantasma” non c’è l’articolo indeterminativo “un”. Ma in italiano tutti i traduttori lo aggiungono, perché la traduzione “fosse fantasma” non sarebbe accettabile. Analogamente, poiché Giovanni 1:1 mostra che la Parola era presso Dio, non poteva essere Dio, bensì “un dio” o “divina”. DCT p. 27.

R. C'è una regola che anche la Torre di Guardia normalmente usa, vediamo: «Un complemento predicativo determinato prende l'articolo quando segue il verbo; non prende l'articolo quando precede il verbo. Il primo versetto del Vangelo di Giovanni è uno fra i tanti passi nei quali questa regola suggerisce la traduzione del complemento predicativo come sostantivo determinato.

La mancanza dell'articolo non rende né indeterminato né qualitativo il complemento, quando questo precede il verbo; in tale posizione il complemento è indeterminato soltanto quando il contesto lo richiede. Il contesto non lo richiede nel Vangelo di Giovanni…» - C. Colwell A Definite Rule for the Use of the Article in the Greek New Testament - Journal of Biblical Literature, LII, pag. 21, 1933. Questa regola nel Nuovo Testamento risulta applicabile al 90%, essendoci le dovute eccezioni. Colwell afferma appunto che "il complemento è indeterminato soltanto quando il contesto lo richiede", ed infatti il contesto di Marco 6:49 lo richiede. Adesso facciamo un esempio pratico della regola di Colwell, dove viene applicata dalla Torre di Guardia, Giov. 19:21: "Non scrivere 'il re dei Giudei' ma che egli ha detto: 'Io sono Re dei Giudei'" (Trad. N.M.).

Nonostante nella prima parte del versetto la parola Re prenda l'articolo determinativo (ho basileus = il Re) nella seconda parte la stessa parola si trova senza l'articolo determinativo (basileus eimi toon Ioudaioon = Re sono dei Giudei). La costruzione della frase corrisponde proprio a Giov. 1:1, perché basileus è un sostantivo predicativo che nel testo greco precede il verbo copulativo eimi (io sono). Secondo la teoria dei TdG, queste parole avrebbero dovuto essere tradotte "io sono un re dei Giudei", ma incoerentemente, essi considerano qui il sostantivo predicativo come determinato, anche se manca l'articolo determinativo.

122) Joseph Henry Thayer, teologo e studioso che collaborò alla realizzazione dell’AmericanStandard Version, dichiarò semplicemente: “Il Logos era divino, non l’Essere divino stesso”. DCT p. 27.

R. Qualcuno si è presa la briga di chiedere alla Torre di Guardia dove era stata presa questa citazione. Dopo lungo tempo risposero: «Da una copia personale di Joseph Henry Thayer del Nuovo Testamento greco di Griesbach, 1809, con commenti scritti a mano da Thayer su Giovanni 1:1».

Non trovate questa affermazione in nessun libro, né sappiamo per certo chi scrisse il commento. Anche dando per scontato che lo scritto fosse di Thayer, una nota marginale potrebbe non rappresentare quello che lui credette veramente; potrebbe averla scritta per esprimere un altro punto di vista, come un promemoria. Se Thayer, in quanto unitario, era teologicamente vicino ai Testimoni di Geova per quanto riguarda Gesù, la sua nota in calce certamente non li aiuta. Il commento di Thayer "Il Logos era divino, non l'Essere divino stesso" è in accordo con la veduta Trinitaria. Chi è divino, se non l'increato Dio? Il Padre, Figlio e Spirito Santo sono tutti parte dell'increato Dio e sono tutti ugualmente divini, tuttavia differiscono l'uno dall'altro, o come Thayer scrisse: "Il Logos [Gesù] era divino, non l'Essere divino stesso [il Padre menzionato in Giovanni 1:1b]".

123) E nel suo Dizionario Biblico il gesuita John L. McKenzie scrive: “A rigor di termini Gv 1,1 dovrebbe essere tradotto così: ‘. . . la parola era un essere divino’”. - Trad. di F. Gentiloni Silveri, Assisi 1973, p. 251. DCT p. 27.

R. McKenzie non è un politeista come la Torre di Guardia, che ha una gerarchia intera di dei creati. Piuttosto McKenzie usa il termine "un essere divino" nel senso che Gesù non è una creatura. McKenzie chiamerebbe tranquillamente il Padre "un essere divino". Si veda anche questa pagina: link.

124) Nessun contrasto
DIRE che Gesù Cristo è “un dio” contrasta con l’insegnamento biblico dell’esistenza di un solo Dio? No, perché a volte la Bibbia usa questo termine in riferimento a creature potenti. In Salmo 8:5 si legge: “Lo facevi [l’uomo] anche un poco inferiore a quelli simili a Dio [ebraico ´elohìm]”, cioè agli angeli. Nel difendersi dall’accusa dei giudei secondo cui egli pretendeva di essere Dio, Gesù fece notare che la Legge aveva “chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio”, cioè giudici umani. (Giovanni 10:34, 35, CEI; Salmo 82:1-6) Persino Satana in 2 Corinti 4:4 è chiamato “l’iddio di questo sistema di cose”. DCT p. 28.

R. Ma qui il politeismo della Torre di Guardia comincia a trasparire! Gli uomini sono dèi, gli Angeli anch'essi dèi, il Diavolo è un dio. Dovrebbe essere ovvio che la Bibbia applica la parola "Dio" in modo figurato, simbolico e poetico.

125) Gesù ha una posizione molto superiore a quella degli angeli, degli uomini imperfetti o di Satana. Poiché di questi si parla come di “dèi”, di potenti, senz’altro Gesù può essere ed è “un dio”. A motivo della sua posizione unica in relazione a Geova, Gesù è un “Dio potente”. - Giovanni 1:1; Isaia 9:6.
Ma l’espressione “Dio potente”, con la maiuscola, non indica che Gesù sia in qualche modo uguale a Geova Dio? No. Isaia profetizzò semplicemente che questo sarebbe stato uno di quattro nomi attribuiti a Gesù, nomi che in italiano iniziano con la maiuscola. Inoltre, benché Gesù sia chiamato “potente”, ci può essere un solo “Onnipotente”. Chiamare Geova Dio “Onnipotente” avrebbe scarso significato se non ci fossero altri che erano pure chiamati dèi ma che occupavano una posizione inferiore. DCT p.28.

R. Quindi secondo la dottrina monolatrica della Torre di Guardia, il Padre è in cima alla scala gerarchica essendo chiamato "onnipotente", mentre Gesù viene subito dopo essendo chiamato "Dio Possente". Il problema è che anche il Padre è chiamato "Dio Possente" in Isa 10:21 e Ger 32:18. Questo prova che i due termini sono esclusivamente sinonimi ed usati sia dal Padre che dal Figlio.

126) Il già citato Bollettino della Biblioteca John Rylands di Manchester, in Inghilterra, osserva che secondo il teologo cattolico Karl Rahner, anche se in versetti come Giovanni 1:1 theòs è usato in riferimento a Cristo, “in nessuno di questi casi ‘theos’ è usato in maniera tale da identificare Gesù con colui che altrove nel Nuovo Testamento è chiamato ‘ho Theos’, cioè l’Iddio Supremo”. E il Bollettino aggiunge: “Se gli scrittori neotestamentari avessero ritenuto di vitale importanza che i fedeli confessassero Gesù come ‘Dio’, come si spiega la quasi totale assenza di questa confessione nel Nuovo Testamento?” - Bulletin of the John Rylands Library, 1967-68, vol. 50, p. 253. DCT p.28.

R. Ampliamo la citazione: «Ma lasciatemi dare un altro parere. Karl Rahner, l'eminente teologo cattolico romano considera che ci sono applicazioni attendibili di "Theos" a Cristo in sei testi (Romani 9:5; Giovanni 1:1,18; 20:28;1 Giovanni 5:20 e Tito 2:13). Rhahner, tuttavia, continua immediatamente col dire che in nessuno di questi casi ‘theos’ è usato in maniera tale da identificare Gesù con colui che altrove nel Nuovo Testamento è chiamato ‘ho Theos’, cioè l’Iddio Supremo”. Si noti che la Torre di Guardia omette gli altri 5 testi dove Rahner dice che "Theos" si riferisce a Cristo. La seconda citazione, dove dice "e il Bollettino aggiunge", non sono affatto parole di Rahner, bensì di Boobyer (vedi. par. 91). L'inganno più grande della citazione è che Rahner sta parlando contro il modalismo (ved. par. 92) e l'idea che Gesù sia la stessa persona del Padre. Rahner sta affermando una cosa dove sia i Trinitari che i TdG sono d'accordo!

127) Perché allora Tommaso esclamò davanti a Gesù: “Mio Signore e mio Dio!”, come riporta Giovanni 20:28? Per Tommaso, Gesù era come “un dio”, specialmente nelle miracolose circostanze che lo indussero a pronunciare quell’esclamazione. Secondo alcuni studiosi Tommaso, preso dall’emozione, potrebbe aver semplicemente pronunciato un’espressione di stupore, rivolta a Gesù ma diretta a Dio. Comunque sia, Tommaso non pensava che Gesù fosse l’Iddio Onnipotente, poiché lui e tutti gli altri apostoli sapevano che Gesù non aveva mai preteso di essere Dio ma anzi aveva insegnato che Geova è “il solo vero Dio”. - Giovanni 17:3. DCT pp. 28, 29.

R. Nella loro traduzione così riportano: "Rispondendo, Tommaso gli disse...", è fuori dubbio quindi che queste parole furono rivolte a lui. A proposito dell'affermazione che si trattò "un’espressione di stupore, rivolta a Gesù ma diretta a Dio", S.T. Bloomfield nel suo Greek New Testament afferma: «L'usare del nome divino come un esclamazione di sorpresa, non era per niente il costume degli ebrei fra i quali la riverenza esteriore per il nome della divinità era osservata in modo meticoloso, sebbene non lo fosse fra i pagani». Ricordiamo inoltre che nella frase "Mio Signore e mio Dio (ho Theos)" la parola greca Theos è accompagnata dall'articolo determinativo ho, seguendo il ragionamento dei TdG (ved. par. 117-120, 124) essa fa di Gesù il "Vero Dio" e non "un dio".

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Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
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