I Testimoni di Geova -
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Etica e società
I TESTIMONI DI GEOVA E LE VOTAZIONI

Commenti all'articolo della Torre di Guardia del 1° novembre 1999, intitolato
Cosa ne pensano i testimoni di Geova delle votazioni?



Non c'è niente di più straordinario delle coincidenze. Nel nostro paese, poi, le "coincidenze" sono all'ordine del giorno. Non sfugge a nessuno il fatto che, nell'approssimarsi di importanti eventi politici saltano fuori "dossier" compromettenti, o vicende riguardanti il passato più o meno onorevole di qualche uomo politico che si accinge a candidarsi alle elezioni o ad assumere incarichi importanti.

Non che ciò sia una caratteristica solo italiana. Chi non ricorda il caso dell'aspirante alla carica di presidente degli Stati Uniti, Hart? Non appena la sua candidatura fu resa nota, saltarono fuori tutti i suoi altarini extra coniugali e fu fatto fuori in men che non si dica. Gli esempi di tal fatta potrebbero continuare all'infinito e riguardano quasi tutti i paesi occidentali (e qualche volta anche quelli dell'ex blocco sovietico quando ancora non era caduto il muro di Berlino). Dossieraggio docet.

È evidente che anche i testimoni di Geova, "figli della luce" ma "cauti come serpenti" piuttosto che "innocenti come colombe", [Matteo 10:16; Luca 16:8] hanno tratto ammaestramento da questa "politica" a tutto loro vantaggio. Un esempio recente è fornito dalla pubblicazione di un articolo estremamente interessante apparso sulla Torre di Guardia del 1° novembre 1999, intitolato, Cosa ne pensano i testimoni di Geova delle votazioni?

Perché, in relazione alla sua pubblicazione parliamo di comportamento "politico", e perché lo abbiamo messo in relazione con ciò che normalmente accade nello spregiudicato universo della cosiddetta "politica mondana"? La risposta a queste domande si costruisce da sola se semplicemente osserviamo con attenzione i tempi e la sequenza di alcuni accadimenti.

È da tempo, ormai, che i testimoni di Geova tallonano da vicino il governo italiano per ottenere la tanto sospirata "intesa" (ed il ghiotto 8 per mille, oltre ad altre prebende e agevolazioni). E poiché nessuno meglio di loro era a conoscenza dell'approssimarsi di tale scadenza, che il 21 gennaio di quest'anno è stata coronata dall'iniziale successo della firma tra i rappresentanti governativi e quelli della congregazione, era più che logico, appropriato e "cauto", fornire a supporto di tale iniziativa un background tale che potesse, almeno in parte, fugare ogni tentennamento della controparte statale circa il loro atteggiamento nei confronti della "neutralità politica" dei Testimoni. Ecco, quindi, che, proprio due mesi prima della fatidica firma, vede la luce l'articolo di cui ci occupiamo.

Esso inizia con una frase rivelatrice che aveva lo scopo di tranquillizzare le Autorità circa l'atteggiamento dell'Organizzazione verso le votazioni. "Sembra comunque che [nella Bibbia] non esista nessun principio contrario al votare in sé e per sé". Poi si aggiunge "In quanto a dare personalmente il proprio voto a un candidato alle elezioni, ciascun testimone di Geova decide in base alla propria coscienza addestrata secondo la Bibbia e a come intende la responsabilità che ha verso Dio e verso lo Stato". È quasi la quadratura del cerchio!

Primo: non vi sono preclusioni al voto; secondo, ciascuno può scegliersi il candidato per cui votare! È vero che vengono fatte dichiarazioni relative alla non interferenza dei Testimoni con la politica dei rispettivi paesi, ma la non interferenza non vuol dire che non si debba esercitare un diritto-dovere che non interferisce, semmai adempie, il cosiddetto "obbligo sociale" del cittadino nei confronti dello Stato.

Per confermare, poi, a chi avesse ancora nutrito qualche dubbio, che la loro posizione è sempre stata coerente con questa dichiarazione, l'articolo rimanda ad una pubblicazione di quasi mezzo secolo fa, e precisamente a La Torre di Guardia del 15 marzo 1951.

Di essa vengono citati alcuni brani; uno d'essi così recitava: "Quando Cesare obbliga i cittadini a votare … [i Testimoni] possono recarsi alle urne ed entrare nella cabina elettorale. È qui che essi devono fare il segno sulla scheda o scrivere ciò che hanno deciso. I votanti possono fare ciò che vogliono con la loro scheda. Perciò quivi alla presenza di Dio è dove i suoi testimoni devono comportarsi in armonia con i suoi comandamenti e in accordo con la loro fede. Non è nostra responsabilità istruirli su ciò che devono fare con la loro scheda". È molto chiaro, poiché qui la citazione si interrompe, che nulla viene detto che possa suscitare dei sospetti sulla lealtà del cittadino Testimone verso lo Stato. Egli può "scrivere ciò che ha deciso … può fare ciò che vuole con la sua scheda".

Sarebbe stato interessante, invece, continuare la lettura di ciò che la rivista omette di dire, e che era contenuto solo un paio di paragrafi più avanti: "Poiché non esercitano il voto popolare neppure per eleggere i servitori consacrati entro l'organizzazione teocratica, essi non considerano giusto esercitare il diritto di voto con cui persone non consacrate sono elette ad incarichi politici mondani. Non scelgono di condividere la responsabilità per i peccati commessi da questi mondani eletti alle cariche governative. Essi vogliono preservarsi puri da questo mondo". Povero D'Alema, se sapesse che è considerato responsabile di peccati ed impuro. Lui, che ha così generosamente firmato insieme al "dott." Farneti (così viene definito nel documento ufficiale l'ex fabbro di Faenza), appellato come uomo del peccato!

E non solo questo. Se oltre a citare la rivista del 1951 il Corpo Direttivo avesse menzionato anche quella del 15 ottobre 1957, avrebbe rivelato ai suoi lettori che "quando questo mondo giunge alla sua ardente fine alla guerra di Armaghedon, tutti i governanti della terra e i loro sostenitori, di qualunque ideologia politica o confessione religiosa, saranno contro il Re dei re e Signor dei signori … I poteri politici saranno sconfitti da Cristo Gesù e dai suoi eserciti celesti e saranno scagliati nel "lago che brucia con zolfo", la Geenna di eterna distruzione". Ragion per cui, continuava la rivista "Oggi i cristiani testimoni di Geova, come i testimoni di Geova nei primi giorni del Cristianesimo, si serbano incontaminati dal mondo. Essi coscienziosamente si astengono dal partecipare alla politica di questo mondo, sì, anche dal votare. Sanno che la partecipazione politica non solo sarebbe inutile ma porterebbe la disapprovazione di Dio".

Ma come: non si era detto che non esiste "nessun principio contrario al votare?" Non si era anche detto che "essi non interferiscono nel diritto altrui di votare … Se qualcuno decide di recarsi alle urne, è una decisione sua. Ciò che fa nella cabina elettorale è una questione fra lui e il suo Creatore"? Che direbbe allora il nostro Premier se avesse potuto leggere le istruzioni date ufficialmente alla congregazione (ma non pubblicate sulla Torre di Guardia) e contenute in un documento ufficiale del 25 luglio 1978, siglato SCB:FPB, nel quale era così scritto: « Che dire di quelli che si sono presentati alle urne in occasione del recente referendum?

È il caso di parlar loro e di prendere atto dei motivi che li hanno indotti a una tale azione. Se dal colloquio risulta che sono andati per ignoranza non comprendendo bene quali potevano essere i motivi per astenersene, allora sarà bene aiutarli ragionando con loro sul punto, affinché siano chiari i motivi per il mantenimento della neutralità cristiana. In tal caso non sarebbe preso nessun provvedimento disciplinare, a meno che non si tratti di un anziano o di un servitore di ministero o di un pioniere, che sarebbero rimossi non essendo più esemplari. Se dal colloquio con loro risulta invece che essi erano coscienti della violazione che stavano per commettere e ciò nonostante l'hanno commessa, allora il comitato dovrà prendere atto della loro avvenuta dissociazione per violazione di neutralità ».

Piuttosto contraddittorio, non è vero, il contenuto di queste istruzioni, se paragonate con quelle della rivista pre Intesa? In quest'ultima si diceva che [per il Testimone] andare a votare è una decisione personale e che ciò che fa nella cabina elettorale è una questione fra lui e il Creatore, mentre nella lettera della Direzione Centrale della Società diventa un questione fra lui e il comitato giudiziario al quale deve spiegare ciò che ha fatto nel "segreto dell'urna". Chi mente, la lettera o la rivista?

Ci sarebbe da fare qualche riflessione da parte del capo del partito della Quercia, anche se per il momento è indaffarato con altre questioni ben più importanti.
Infine, sembra opportuno fare un ulteriore collegamento fra due documenti, sempre al fine di porre in chiara evidenza la sfacciata ipocrisia del geovismo quando cerca di tenere i piedi in due staffe. Ci riferiamo ad un altro articolo apparso, nel 1958 e quindi poco dopo quello del 1957, che etichettava politici ed elezioni come strumenti del diavolo, sulla rivista Svegliatevi! dell'8 dicembre.

Essi si intitolava Un passo verso la democrazia e faceva lo sperticato elogio delle elezioni democratiche che si erano tenute in Colombia il 1° dicembre 1957. Poiché esse avevano decretato la vittoria del candidato che con il ritorno a regole democratiche consentiva loro di operare liberamente nel paese, essi scrissero: "Questo è un buon passo avanti, e molti sperano che la Colombia perda ora la sua vecchia reputazione di violenza e sia considerata fra le nazioni più dignitose … Per queste ragioni, le persone sincere, sia cattoliche che acattoliche [leggi, i testimoni di Geova], osservano ora con attenzione il suo comportamento.

Agirà essa in armonia con la costituzione, e sarà veramente soddisfatta di concedere alle altre religioni parità di diritti … I buoni risultati delle elezioni si fanno già sentire. Per la persona comune vi è un maggior senso di libertà e, nello stesso tempo, di responsabilità. Essa ha una parte nel governo del suo paese. Ha visto che può fare un'azione unita, come quella del 10 maggio. Vede che gli uomini possono lavorare insieme unitamente e senza uccidersi l'un l'altro, benché siano di diversi partiti politici …

Si ha l'ottimistica sensazione che è stata almeno trovata una via che conduce verso tale mèta e la vera democrazia nella pace. Avendo fatto con successo due difficili passi verso la democrazia, il 10 maggio e il 1° dicembre, il popolo rivolge lo sguardo alle prossime elezioni. Essendo in grado di evitare la violenza e le lotte del passato, vi è davvero motivo per sperare che la nuova Repubblica di Colombia abbia un futuro più libero e luminoso".

Non sembra proprio, dalla lettura di queste espressioni che i testimoni di Geova colombiani la pensassero come tutti gli altri, per i quali tutti i governanti politici devono essere scagliati nel fuoco della Geenna, siano essi a capo di regimi totalitari o democratici o, per dirla con le loro stesse parole "sostenitori di qualunque ideologia politica". In Colombia i testimoni di Geova dovevano guardare al "golpe" del 10 maggio come ad una data significativa, ed alle prossime elezioni come alla premessa di un futuro più libero e luminoso.

Potevano esservi dubbi, nella mente delle autorità colombiane, che un popolo che si esprime in tal modo avrebbe partecipato gioiosamente a tali elezioni per contribuire al futuro radioso della Colombia, nella quale, sempre tale popolo, aveva adesso il diritto di professare liberamente la propria fede ed il proprio proselitismo? È del tutto evidente che, considerata la reale posizione del Corpo Direttivo del tempo (e di adesso) nei confronti della partecipazione politica, quell'articolo, preparato in vista di future elezioni, era stato redatto ad usum delphini, esattamente come quello della rivista del 1999 in vista della stipula dell'Intesa in Italia.

E questo sempre in assoluta coerenza con la dottrina della strategia teocratica che consente di dire una cosa e di pensarne un'altra di segno opposto, dato che i destinatari della cosa detta sono destinati alla distruzione e sono nemici acerrimi di Dio e non è peccato non far sapere loro come stanno in realtà le cose. Noi le sappiamo, però, e pur se consapevoli che i nostri reggitori politici hanno ben altro a cui pensare, con una buona dose di ingenuità ma anche di tenacità, continueremo a dirle e a fargliele sapere.
Sergio Pollina
Siracusa, febbraio 2001.

Si veda sul medesimo argomento anche questa pagina, dove vengono riportate le osservazioni di un Testimone di Geova.


 
   
       
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Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
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