I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
Vai ai contenuti

Tecniche di persuasione

I TdG: una SETTA CRISTIANA?


La religione dei Testimoni di Geova, qualora la si voglia considerare comunque una "religione" e non solo un’attività editoriale, mascherata da religione, organizzata da una Casa editrice americana per distribuire più efficacemente le sue pubblicazioni, è legata ad una visione precristiana del rapporto con Dio, tipica dell’ambiente veterogiudaico.
Del messaggio spirituale di libertà portato da Cristo, i Testimoni di Geova non hanno colto nulla. Per cui, a rigore, questa non dovrebbe nemmeno essere definita una "setta cristiana", ma semmai una setta giudaica, come ad esempio gli Esseni o, per molti aspetti, i Farisei.

I TdG infatti sono ancora strettamente legati alla legge di Mosè non tanto in quanto ai precetti, ma proprio nel modo di intendere la religione: e cioè il tipico modo "legalistico" e non "spirituale" di rapportarsi con Dio.

La Legge di Mosè (ed il concetto di "legge" applicato alla religione) costituisce infatti solo il primo gradino nella direzione di un rapporto tra uomo e Dio. Si potrebbe fare l’esempio di due persone che si conoscono poco ed intendono instaurare un rapporto più profondo: all’inizio saranno necessariamente vincolati a "regole" comportamentali, ad etichette, al galateo, ecc. onde evitare di offendere involontariamente l’altro, ma quando si conosceranno meglio e sarà finalmente nata una vera amicizia basata sulla fiducia e la stima, allora se uno dei due rimanesse ancora troppo legato alle "formalità", rischierebbe di diventare "offensivo" verso l’altro e di rovinare l’amicizia.

I Testimoni di Geova hanno esattamente, come gli antichi farisei, questo rapporto di estremo formalismo verso Dio; il quale non è per loro il Padre amorevole che ci ha insegnato a conoscere Gesù, ma è una divinità che si offende per formalismi come "fare un brindisi" o "usare confetti nei matrimoni", che può "distruggere" una persona solo perché ha osato festeggiare l’anniversario della nascita di suo figlio (compleanno), o gli ha permesso di vestirsi da indiano o da principessa in occasione del "Carnevale".

Con questo idea di Dio, inculcata loro dai signori di Brooklyn, i TdG sono incapaci di comprendere anche i concetti più elementari del cristianesimo. Un esempio è quello dell’idolatria: l’idolatria non è un problema connesso agli oggetti in se, ma è un problema del cuore.

Non c’è nulla di intrinsecamente buono o cattivo in un determinato oggetto; la materia infatti è fatta di atomi tutti uguali. Non è quindi buono o cattivo un crocifisso, un quadro della Madonna, o fare un brindisi, mangiare una torta di compleanno, ecc. Ciò che può rendere idolatrici alcuni oggetti o pratiche è solo l’uso che se ne fa (Dt 11:16, Gb 31: 26-28). Questo principio era già presente anche nell’Antico Testamento, ma gli Israeliti erano incapaci di comprenderlo (come oggi non lo comprendono i Testimoni di Geova).

Ecco perché fu proibito loro di farsi immagini di cose celesti o terrene, di avere rapporti sociali con i popoli circostanti, di tagliarsi i capelli in un certo modo, di mangiare con i Gentili e così via. I Profeti che avevano in cura il popolo, si rendevano conto della fragilità della loro adorazione, e pertanto ponevano rigidi steccati, affinché il popolo "dalla dura cervice" non si facesse corrompere dagli usi dei popoli vicini.

Ma nel proposito di Dio, ciò che era importante allora, era mantenere l’identità nazionale di Israele, e questo, a causa della limitatezza degli uomini di quel tempo, si poté ottenere solo con lo sviluppo di una tradizione religiosa che considerava peccato la fusione con gli altri popoli. Il fatto che per i veri Cristiani non esistano più queste barriere e non abbiano più senso tutti i precetti e tutte le norme di comportamento "formale", è perché non esiste più il pericolo della perdita della identità nazionale, in quanto il cristianesimo è una religione universale e non razziale.

Leggendo per intero il Cap.15 di Atti si comprende bene questa differenza: una volta Dio aveva un popolo per il suo nome, isolato dalle altre nazioni, ma adesso non esiste più un popolo separato, ma tutte le nazioni sono chiamate alla Salvezza, ed il Salvatore porta il nome di Gesù. (il Corpo Direttivo ha alterato la traduzione del versetto 17 per cercare di sostenere che anche oggi Dio vuole che esista un popolo separato!)

Ecco quindi che non servono più "leggi" scritte ma le leggi della morale cristiana devono essere scritte nei cuori e nelle coscienze (2 Cor. 3:3 – Eb. 10:16). Come spiegò Paolo "l’idolo in sé non è nulla" (I Cor. 8:4). Solo le persone spiritualmente deboli o immature si turbano per la apparente mancata osservanza di certe norme (I Cor. 8:7). Se egli l’avesse pensata come i farisei, o come gli attuali TdG, non avrebbe mai mangiato della carne che era stata poco prima sacrificata ad un idolo, altro che torta di compleanno! Seguendo alla lettera le istruzioni che Paolo diede alla comunità cristiana dei Corinti, questi avrebbero potuto tutti insieme recarsi in un ristorante specializzato in carne sacrificata agli idoli e mangiare tranquillamente senza problemi.

Questo si che avrebbe rappresentato la vittoria piena del cristianesimo sul paganesimo, l’ignoranza ed il settarismo di cui i Testimoni di Geova oggi sono i principali eredi! (Luca 10:18-20, Atti 26:18).

Invece di isolarsi dagli altri come facevano i Farisei, i veri Cristiani devono partecipare attivamente alla vita sociale. Gesù trascorreva il suo tempo con persone considerate impure persino dai pagani. Per parecchio tempo i Cristiani continuarono a frequentare le sinagoghe insieme ai loro fratelli giudei, senza per questo sentirsi "contaminati" (leggere il libro di ATTI). È chiaro che per loro "non essere parte del mondo" non dipendeva da dove stavano o da che cosa facevano, ma dal loro cuore! Non davano più importanza ai gesti, agli oggetti, ecc., ma solo al significato che si attribuiva a queste cose.

Purtroppo per i TdG, che va ribadito, sono per la grande maggioranza brave e sincere persone, essi sono ancora schiavi di tutti i tabù di cui Gesù ha liberato i suoi veri seguaci. Come gli antichi farisei essi sono ancora strettamente legati mani e piedi a regole ferree riguardanti feste, oggetti, persone, ecc., proprio come temeva Paolo (Col. 2:20-23).

Crescere agli occhi di Cristo, compiacere Dio, non vuol dire sprecare montagne di carta per disputare sulla forma che aveva lo strumento con cui è stato ucciso Gesù o stabilire se il confetto del matrimonio o il riso gettato nell’occasione siano ricordi di antichi riti della fertilità, ma ciò che importa realmente a Dio è la nostra condizione di cuore: se noi amiamo o meno i nostri simili. Come concluse Paolo nella lettera ai Romani cap. 13:9-10 "...

Infatti il "non commettere adulterio", "non uccidere", "non rubare", "non concupire" e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: "Ama il tuo prossimo come te stesso". L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è l'adempimento della legge".
Claudio Forte


 
   
       
Click sull'immagine per
accedere alla pubblicazione
Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
Torna ai contenuti