I Testimoni di Geova -
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Etica e società

Perseguitati da Hitler

I martiri di Geova braccati dai nazisti

di Gustavo Corni [*]

Articolo pubblicato sul quotidiano L'Adige del 1° marzo 2002

Si inaugura oggi, al Museo Storico in Trento per restare aperta fino al 10 marzo, la mostra documentaria "La persecuzione dei Testimoni di Geova sotto due dittature". Oggetto della mostra è la persecuzione subita nel periodo della dittatura hitleriana (con una piccola appendice riguardante la Repubblica democratica Tedesca) da una "categoria" finora largamente ignorata dalla storiografia: i "Testimoni di Geova", chiamati nel gergo di allora "Studiosi della Bibbia" (Bibleforscher).

Si tratta - lo ripeto - di un tema probabilmente marginale nel contesto della politica di discriminazione e di persecuzione attuata dal regime hitleriano. I circa 25.000 aderenti a questa "setta" (uso il termine in modo neutro e privo di connotazioni spregiative!) presenti in Germania nel 1933 spariscono di fronte al mezzo milione di ebrei tedeschi o ai quasi sei milioni di uomini e donne, provenienti da molti paesi europei, costretti al lavoro schiavizzato (e sottoposti ad ogni sorta di angherie e violenze) per l'economia di guerra tedesca; ed i circa 1.000 Testimoni uccisi, giustiziati, morti di malattie o di privazioni nei campi non sono nulla rispetto ai quasi sei milioni di ebrei sterminati o ai milioni di civili russi morti durante la durissima occupazione militare della loro patria.

Né, politicamente, la "resistenza" degli aderenti di questa piccola "setta" può essere messa a confronto con la fronda dei militari e di una parte della classe dirigente tedesca, che sfociò nell'attentato fallito a Hitler del luglio 1944.

Tuttavia, il tema merita attenzione per una serie di motivi e la mostra - che è circolata ampiamente negli ultimi anni soprattutto in Germania - costituisce a mio parere un momento significativo di riflessione.

Il regime hitleriano, che si serviva dell'individuazione di "nemici" come strumento politico per rafforzare il consenso nei propri confronti, scatenò la sua poderosa violenza - sotto forma di persecuzioni, incarceramenti, fino all'eliminazione fisica - nei confronti di numerose categorie: contro i nemici politici, quali i comunisti, contro categorie definite sul piano ideologico, come i pastori protestanti della "chiesa confessante", sul piano "razziale" come gli ebrei o sul piano nazionale, razziale e politico assieme, come gli slavi (soggiogati - secondo Hitler - all'odiato e temuto "giudeo-bolscevismo").

In molti casi, odii di natura nuova si mescolarono a pregiudizi radicati nella mentalità collettiva. È il caso dei cosiddetti "zingari". Riconosciuti dagli studiosi della razza tedeschi sul piano razziale come gli archetipi della razza ariana, essi venero poi duramente perseguitati e massacrati (nei ghetti e nei campi subirono un trattamento addirittura peggiore rispetto agli ebrei) in quanto la loro purezza razziale venne dichiarata contaminata  e degenerata da comportamenti asociali e delinquenziali. Qui, i pregiudizi popolari svolsero un ruolo cruciale nel determinare la sorte di questi sventurati.

Sappiamo molto poco della persecuzione degli "zingari", al punto che non è stato possibile neppure stimare il numero delle vittime. Ancor meno sappiamo dei Testimoni di Geova. Su questa categoria, oberata nel sentire comune della gente da molte diffidenze e da profondi pregiudizi (che continuano tuttora) confluì un'ostilità variegata da parte del regime: essi erano una setta chiusa, impenetrabile, che non riconosceva alcuna autorità civile in quanto tutta protesa ad un progetto salvifico ultraterreno. Perciò rifiutavano di svolgere il servizio militare, di fare il saluto nazista, di piegarsi all'acritica "adorazione" del Führer. Erano poi profondamente impermeabili a qualsiasi manipolazione ideologica e propagandistica, in quanto rinserrati (anche a causa dell'ostilità del mondo esterno) nella propria rigida ideologia.

Ma c'è di più: essi erano impegnati in un'incessante azione di proselitismo che tendeva ad estendere il raggio - ancorché assai limitato in termini assoluti - della loro influenza. I loro legami con la chiesa madre negli Stati Uniti li rendeva sospetti ti "internazionalismo"; infine, il loro attaccamento al Vecchio Testamento li rendeva sospetti di collusione con l'ebraismo.

Questo viluppo di elementi offrì bastanti motivi al regime per perseguitarli fin dall'inizio. Insomma, i Testimoni di Geova erano una "setta" anti-Stato per eccellenza, inaccettabile per un regime che voleva appiattire con ogni mezzo qualsiasi forma di diversità, di autonomia rispetto ad esso. Come rispose uno di loro che alle SS che lo interrogavano: "Io riconosco un solo Dio, Geova, nessuna autorità in terra gli può essere superiore". Di fatto, già nel giugno del 1933 tutte le attività pubbliche dei Testimoni vennero ritenute fuorilegge.

La persecuzione assunse svariate forme: dal sequestro dei beni, all'incarceramento (a migliaia, forse diecimila, vennero inviati fin dal 1933-34 nei campi di concentramento e trattenuti in base a norme eccezionali di polizia a tempo indefinito), alle pressioni per indurli ad abiurare, alla particolarmente odiosa sottrazione dei figli, affidati dai tribunali a famiglie "germaniche" per sottrarli alla perniciosa influenza dell'ambiente familiare (come è noto, la setta aveva ed ha una forte tendenza a strutturarsi su base familiare).

Il trattamento dei Testimoni da parte delle autorità nazionalsocialiste fu particolarmente violento e discriminatorio: nei campi, i Testimoni furono perlopiù destinati ai cosiddetti "reparti di disciplina", nei quali le condizioni di vita erano particolarmente dure. A centinaia perirono così per fame, malattie e per le violenze subite, mentre altre centinaia furono giustiziati in quanto si rifiutarono di arruolarsi nelle forze armate tedesche durante la guerra.

Come reagirono i Testimoni a questa persecuzione? La mostra trentina dà una lettura della risposta degli aderenti alla setta in termini - per così dire - assoluti. I Testimoni reagirono con dignità, fermezza, senza cedimenti né compromessi rispetto alla loro salda fede.

Vi sono moltissimi elementi che corroborano questa interpretazione: le stesse autorità nazionalsocialiste non sapevano come comportarsi nei campi: prima cercarono di dividerli, per isolarli ed indebolirli; ma poi si accorsero che ogni Testimone, inserito in una diversa baracca del campo, rischiava di diventare un focolaio di proselitismo.

Allora, fecero marcia indietro, raggruppandoli nuovamente in reparti appositi, i più duri, affinché la loro dinamica di proselitismo fosse circoscritta. Numerosi testimoni, incarcerati con loro, attestano della loro tenace coerenza, della loro indisponibilità a piegarsi a qualsiasi compromesso.

Erbst Fraenkel, autore di uno studio fondamentale sul regime nazionalsocialista, ha scritto che fra tutti i gruppi d'opposizione e di perseguitati i Testimoni sono quelli che con maggior coerenza e tenacia hanno difeso fino all'ultimo i propri valori.
Tuttavia, una lettura così univoca finisce per lasciare in ombra alcuni aspetti del comportamento dei Testimoni, che non possono essere ignorati.

Nella prima fase dell'ascesa del regime hitleriano i rappresentanti ufficiali della setta fecero una professione di parziale adesione al nazionalsocialismo, sottolineando la loro apoliticità e, quindi, il loro non voler in nessun modo creare difficoltà al neonato regime.
Questo "compromesso" (del quale la mostra qui presentata non parla) non è privo di toni anti-ebraici ed ostili al "complotto" anglo-americano, che indubbiamente tendevano a presentare al Führer la posizione dei Testimoni sotto una luce politicamente accettabile. Ma il compromesso non ebbe - come s'è detto - alcun effetto positivo: la discriminazione e la persecuzione marciarono con inesorabile efficienza.

Non credo che il fatto che la Mostra abbia omesso di parlare di questo aspetto la renda meno interessante. Né mi interessa entrare nel merito di eventuali dissensi interni alla "setta", suscitati anche di recente proprio dalla mostra documentaria.
Gli organizzatori (la stessa Associazione dei Testimoni di Geova di Trento) hanno privilegiato una lettura - accettabile - in chiave di martirio. In effetti, di questo si è trattato: migliaia di uomini e donne "semplici" non hanno ceduto, si sono sacrificati senza compromessi in nome di una fede fortemente introiettata, vissuta fino all'estremo sacrificio.

Se vi sono stati cedimenti (peraltro comprensibili), da parte delle gerarchie o da parte di singoli, potrà essere messo in evidenza da una ricerca storiografica che è ancora agli inizi. Si pensi che il recente (e pur valido) studio di M. Reynaud e S. Graffard, «The Jehova's Witnesses and the Nazis», New York, 2001, non ha note archivistiche (come ogni documentata ricerca storica dovrebbe avere).

Per il momento, credo convenga riflettere sulla straordinaria coerenza e capacità di sacrificio dimostrata da tanti testimoni di fronte ad un regime che li perseguitava inesorabilmente.

[1] Docente di storia all'Università di Trento.
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Lettera al quotidiano L'Adige


Egregio Direttore,

Le scrivo in relazione all'articolo pubblicato ieri sull'Adige sulla persecuzione subita dai Testimoni di Geova (TdG) nella Germania nazista. Nel suo articolo, come pure nel discorso inaugurale della mostra, tenuto venerdì pomeriggio, il prof. Gustavo Corni ha presentato un quadro obiettivo e sostanzialmente corretto delle vicende riguardanti i TdG ed il nazismo. La mostra al Museo Storico offre la possibilità di conoscere anche questo aspetto della storia di quel terribile periodo; tutte le vittime del nazismo devono infatti essere ricordate, anche e specialmente se si tratta di vittime appartenenti a piccoli gruppi e a minoranze che, in quanto tali, sono frequentemente ancora oggi soggette a pregiudizi e discriminazioni.

Il prof. Corni ha sottolineato tuttavia la necessità di studi più approfonditi, che permettano di mettere in luce tutto quello che accadde in quel periodo. Che tale bisogno esista è evidenziato anche dal fatto che gli stessi TdG ignorano alcuni aspetti della loro storia. Il prof. Corni, per esempio, ha fatto riferimento al tentativo di compromesso attuato dall'allora presidente della Società Torre di Guardia, il "giudice" Rutherford: "Nella prima fase dell'ascesa del regime hitleriano i rappresentanti ufficiali della setta fecero una professione di parziale adesione al nazionalsocialismo", dai "toni anti-ebraici ed ostili al 'complotto' anglo-americano, che indubbiamente tendevano a presentare al Führer la posizione dei Testimoni sotto una luce politicamente accettabile". Il prof. Corni si riferisce ad una "Dichiarazione dei fatti" che venne presentata ad un congresso tenuto a Berlino nel 1933.

Il testo completo di questa dichiarazione è pressoché sconosciuto agli stessi Testimoni. Nel materiale informativo presentato alla mostra si legge solo che nel 1933 venne inviata ad Hitler una Dichiarazione che illustrava l'apoliticità dei Testimoni e rivendicava il loro diritto di insegnare la Bibbia al popolo tedesco. In realtà nella Dichiarazione si diceva molto di più; ne cito alcuni stralci che rendono evidente come i dirigenti della "setta" avessero cercato in tutti i modi di offrire un'immagine positiva del loro gruppo ai nazisti:

«L’impero più grande e oppressivo della terra è quello anglo-americano. Vale a dire l’impero britannico, del quale gli Stati Uniti d’America fanno parte. Sono stati gli affaristi ebrei dell’impero britannico-americano che hanno costituito l’Alta Finanza allo scopo di sfruttare e opprimere i popoli di molte nazioni. Questo è vero in modo particolare per le città di Londra e di New York, le fortezze dell’Alta Finanza. Questo fatto è così noto in America che vi è un proverbio riguardante la città di New York che dice: ‘Gli Ebrei la posseggono, i Cattolici irlandesi la governano, e gli Americani pagano i conti’. ...
L’attuale governo della Germania si è schierato apertamente contro gli oppositori dell’Alta Finanza e contro la perniciosa influenza religiosa che viene esercitata nelle vicende politiche della nazione. Questa è esattamente la nostra posizione ... Invece di essere contro i princìpi che sono propri del governo tedesco, noi ci schieriamo decisamente dalla loro parte ... Un attento esame dei nostri libri e della nostra letteratura mostrerà chiaramente che gli stessi alti ideali condivisi e promulgati dall’attuale governo nazionale vengono ribaditi e messi in grande risalto nelle nostre pubblicazioni ...
Non è vero, quindi, che la nostra letteratura e la nostra opera costituiscano una minaccia per i princìpi dell’attuale governo; viceversa noi siamo i più accesi sostenitori dei suoi nobili ideali. ... Il popolo tedesco ha sofferto molte miserie sin dal 1914 ed è stato vittima di molte ingiustizie che altri hanno compiuto nei suoi confronti. I nazionalisti si sono schierati contro tali ingiustizie ed hanno annunciato che ‘la nostra relazione con Dio è pura e santa’. Giacché la nostra organizzazione condivide pienamente tali giusti princìpi...».

Come si può notare in queste parole si fa riferimento agli "affaristi Ebrei”, che avrebbero creato l'Alta Finanza allo scopo di dominare ed opprimere il mondo. Adolf Hitler, nel capitolo 5 del suo Mein Kampf, aveva scritto appena qualche anno prima: “Un bel giorno gli ebrei distruggerebbero i popoli della terra e ne diventerebbero i padroni, allora il primo dovere è, non quello di formare una nuova costituzione, ma di annientare gli ebrei”, “Il mondo ebraico internazionale ci disgrega”, “l'ebreo ha venduto la nostra patria la nostra libertà all’Alta Finanza Internazionale”.  

Pare proprio che Rutherford avesse letto il libro di Hitler e che ne abbia usato lo stesso linguaggio.
Il suo tentativo di "compromesso" comunque fallì e ne seguì la terribile persecuzione nazista che portò alla morte alcune centinaia di Testimoni.

Molto materiale informativo, compreso il testo integrale della famigerata "Dichiarazione dei Fatti", è visualizzabile in questa pagina web: [I TdG e il Nazismo]

Saluti cordiali

Achille Lorenzi
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Qui l'originale della lettera pubblicata sul quotidiano (leggermente modificata per esigenze editoriali).


 
   
       
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Crisi di coscienza,
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Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
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