I cristiani e la Pasqua
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I cristiani e la Pasqua
"...la nostra pasqua infatti, cioè Cristo, è stata immolata per noi" (1 Cor. 5:7).
La Pasqua cristiana è senza dubbio derivata da quella ebraica. Alcune usanze associate alla Pasqua - come le uova e i coniglietti, simboli antichi di fecondità - per i TdG costituirebbero una prova che con questa festa la "cristianità" avrebbe soppiantato antiche e radicate usanze pagane primaverili. Sicuramente queste usanze derivano dal paganesimo ma ora il loro significato originale è completamente cambiato od è stato del tutto dimenticato (cfr. questa pagina).
Secondo i TdG, i "primi cristiani" - che sarebbero solo quelli vissuti fino alla morte dell'ultimo apostolo, quindi fino a poco dopo il 100 d.C., in seguito sarebbe sopraggiunta la grande apostasia - non festeggiavano la Pasqua, intesa come ricordo della resurrezione di Cristo. La Svegliatevi! dell'8/4/92, p.8, afferma: «'I primi cristiani cominciarono a celebrare la risurrezione nel II secolo'. Pertanto, la Pasqua della cristianità fu introdotta molto tempo dopo la morte di tutti gli apostoli e dopo che la Bibbia era stata completata. Non è un segreto che la Pasqua della cristianità sia una tradizione di origine umana anziché divina».
Non esiste in effetti alcun versetto nella Scrittura in cui si dica di festeggiare la resurrezione di Cristo. Secondo il ragionamento dei TdG, estremamente legalistico, si dovrebbe concludere che se una cosa non è comandata esplicitamente dalla Bibbia questo significa che non è giusto compierla. Ma questo modo di pensare contraddice sia la Bibbia che la storia: esistono, infatti, usanze e consuetudini ebraiche che non sono mai state esplicitamente comandate nella Legge o nella Scrittura ma che tuttavia non erano disapprovate.
Per esempio, la festa dei Purim, menzionata nel libro biblico di Ester, non è contemplata fra le feste obbligatorie comandate dalla Legge Questa festa viene celebrata il 14 e il 15 del mese di Adar e vuole ricordare la salvezza dei Giudei tramite Ester, come viene narrato nel libro di Ester 9:26-32. Il nome deriva dalla parola assira 'pur', che vuol dire 'sasso', il sasso usato per gettare la sorte. La festa - menzionata anche in 2 Macc. 15:36 in un decreto del 161 a.C. - ha chiare origini pagane, ciò nonostante venne sempre osservata - nella sua nuova forma - dai fedeli giudei e questo fino ai nostri giorni.
Che dire poi della festa della Dedicazione (hanukka)? Anche questa ricorrenza non viene comandata in nessun passo della Scrittura ma i fedeli giudei - Gesù compreso - ogni anno la celebravano (cfr. Giov. 10:23).
A proposito di origini pagane, i TdG fanno notare che la parola inglese Easter (= pasqua) era in origine il nome di una divinità pagana: «Secondo certi studiosi, infatti, in alcune lingue come l'inglese e il tedesco il nome stesso della festività [rispettivamente Easter ed Ostern] sarebbe di origine anglosassone e si riferirebbe alla primavera». (Svegliatevi! 22/3/86, p.6). Anche questo fatto viene citato per 'dimostare' che la Pasqua cristiana sia in realtà una festa pagana.
Ci si potrebbe chiedere a questo punto perché i TdG accettino i nomi dei giorni della settimana: Lunedì, deriva da Luna che era adorata dai pagani come Selene; Martedì = Marte, il dio della guerra; Mercoledì = Mercurio; Giovedì = Giove; Venerdì = Venere, la dea dell'amore. Se la pasqua è pagana per via del nome allora anche i giorni della settimana sono pagani... In italiano comunque la parola Pasqua (come il francese pâques), deriva dall'antica parola ebraica pèsach, che significa "passaggio".
Qualcuno può affermare che sia sbagliato festeggiare la resurrezione del Signore? Di fronte a questa domanda i Testimoni ripetono pappagallescamente che la Pasqua cristiana è una festa dalle origini pagane e che i "veri cristiani" ricordano solo gli eventi che la Bibbia dice esplicitamente di ricordare, come la commemorazione della morte di Cristo. La storia e la tradizione della chiesa, che già nel II sec. introdusse questa celebrazione, non ha per loro quindi alcun valore.
A volte hanno citato, a riprova che la loro posizione risale agli apostoli, l'esempio dei cosiddetti quartodecimani, dei cristiani di origine giudaica che commemoravano la morte di Gesù il 14 nisan anziché il dies dominica, la domenica. Ecco cosa afferma il Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane, vol. II, alla voce Quartodecimani:
«Gli antichi eresiologici chiamarono Q. i cristiani che, ispirandosi alla cronologia giovannea della Passione, celebravano la Pasqua il XIV giorno della prima luna di primavera, cioè nella data della Pasqua ebraica, il 14 di Nisan secondo il calendario ebraico, e a quella data interrompevano i digiuni penitenziali. Nel II sec. seguivano la prassi quartodecimana le chiese dell'Asia Minore ispirantisi alla tradizione giovannea (cfr. Euseb., HE V, 24, 2-8).Tra i più noti esponenti della prassi quartodecimana sono da ricordare Melitone di Sardi, Apollinare di Gerapoli, Policarpo e Policrate di Efeso. La Pasqua quartodecimana era incentrata sulla celebrazione del Cristo immolato quale vero agnello pasquale, a questa concezione liturgica si ispira la interpretazione etimologica PASCHA da PASCHEIN "soffrire" cara alla tradizione quartodecimana; nella liturgia della veglia pasquale ebbe particolare importanza la lettura e il commento tipologico di Esodo 12 e la sua interpretazione tipologica dovette essere aperta a prospettive escatologiche. Alla fine del II sec. tentò di affermare la prassi quartodecimana a Roma un presbitero di nome Blasto (cfr. Euseb., HE V,15 e V,20, l; Ps. Tertull., Adv. omn. haer. 8,1), destando la reazione di papa Vittore, che entrò in aperto conflitto con le chiese orientali osservanti della prassi quartodecimana Vittore avrebbe minacciato ili scomunicare i Q. (cfr. Euseb, HE V,23,3), ma non sappiamo se portò ad effetto le minacce. (certo è che i Q. sono catalogati tra gli eretici da Ippolito di Roma (Refut. VIII, 18) e dallo Ps. Tertulliano (Adv omn. haer. 8,1) e ricorrono nei gruppi ereticali citati da Epifanio (Pan. 50,1), Teodoreto (Haer. fab. comp. 111, 4), Pilastrio (Haer. 30). Ma dopo la decisione del concilio di Nicea circa la celebrazione domenicale della Pasqua cristiana, l'osservanza quartodecimana dovette restringersi a gruppi marginali della cristianità medio-orientale (cfr. Epif., Pan. 50, 1, 5-8)».
I quartodecimani celebravano quindi una solenne "cena del Signore" o "frazione del pane" il 14 nisan (cfr. Atti 2:42). La "cena del Signore" veniva comunque celebrata dai cristiani in generale ogni settimana, come si legge nella Didaché (link) ed in Giustino Martire (link).
Una cosa che i TdG non dicono è che i quartodecimani non ritenevano comunque sbagliato festeggiare la resurrezione di Cristo e non consideravano certamente pagana una simile osservanza.
Si veda a questo proposito la pagina:
I quartodecimani e la Pasqua
I quartodecimani e la Pasqua