I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
Vai ai contenuti

Tecniche di persuasione

SANGUE, TRASFUSIONI, TRAPIANTI DI ORGANI


NELL'ALIMENTAZIONE:


Il decreto del 9.6.83 il Ministero della Sanità dettando le Norme igienicosanitarie concernenti la produzione, il commercio e l'impiego di proteine plasmatiche, ha ampliato le possibilità di utilizzo del sangue per uso alimentare. Il sangue può essere utilizzato oltre che in toto, anche frazionato. La suddetta norma permette di impiegare il plasma nella produzioni di alimenti. È impiegato generalmente come legante nella preparazione di insaccati carnei cotti, come la mortadella, il prosciutto cotto, vari insaccati stagionali, ecc. Il decreto comunque prevede che nel caso sia usato il plasma come legante, sulle confezioni destinate al consumatore tra gli ingredienti deve figurare l'indicazione "proteine plasmatiche". Questa indicazione può quindi essere utile nell'identificare i prodotti contenenti proteine provenienti dal sangue. (C CODO 30.1.84)

SANGUE USATO COME CHIARIFICATORE DEL VINO O DELLA MARSALA:


È vero che nell'uso improprio del sangue sia come chiarificatore che come concime non vi è una diretta violazione al comando biblico di 'astenersi dal sangue' come alimento. Vi è tuttavia implicato il rispetto dovuto al sangue come Dio ha stabilito. W 15.10.64 p 630 L'uso improprio del sangue è pertanto una questione di coscienza. Comunque, se un servitore facesse uso improprio di sangue e la faccenda turbasse la cong., egli perderebbe il suo incarico in quanto non è esemplare. Se è un procl. non verrebbe chiamato davanti ad un comitato giudiziario ma si assumerà la piena responsabilità di ciò che fa davanti a Dio. Una saggia riflessione circa questa attività lavorativa la presenta la W 1.9.63 p 538. Naturalmente, il cristiano dovrebbe tenere in considerazione la coscienza altrui. Questo argomento è stato trattato nella W 1.1.83 p 26 dove sono elencati vari fattori da considerare circa il lavoro. (DC 22.1.84)

Ogni cristiano ha la responsabilità di accertarsi dei prodotti sui quali ha dei dubbi, prima di farne uso. Qualora dopo aver avuto spiegazioni e assicurazioni, in questo caso dai produttori di marsala, che non c’è sangue, ma nutre ancora dubbi, allora dovrebbe seguire il consiglio di Paolo in Ro 14:23 e non fare uso del prodotto. Però se dopo aver avuto le assicurazioni da parte dei produttori di marsala, che questa non contiene sangue, un cristiano desidera farne uso, la cosa dipende dalla sua coscienza e nessuno dovrebbe criticarlo.

Secondo il dizionario enciclopedico di G. Treccani, alla voce "Marsala", parlando della chiarificazione del prodotto dice: "Seguono varie chiarificazioni, fatte per lo più con sangue fresco e defibrinato di bue". Si può capire che alcuni tipi di marsala vengono filtrati o chiarificati con sangue di bue. Quali siano questi tipi di marsala non lo sappiamo. Ogni cristiano deve essere certo di non violare la legge di Dio sul sangue, informandosi presso la casa produttrice del marsala che intende usare. Questa sarà in grado di dire quale mezzo di chiarificazione viene impiegato da loro - W 1.11.78 p 31. (SCC:SSB 20.11.81)

SORELLA CHE DEVE CUCINARE CACCIAGIONE AL MARITO INCREDULO:


Se il marito chiede alla moglie di cucinare della carne o della cacciagione che non fosse stata uccisa nel pieno rispetto della legge di Dio, ella come moglie, potrebbe sentirsi in coscienza di cucinare per il marito in quanto la cosa gli viene specificamente richiesta dal capo famiglia. Se lo facesse non violerebbe la legge di Dio sulla santità del sangue ma potrebbe in coscienza rifiutarsi di farlo. Non essendoci quindi una violazione della legge di Dio ella deve agire tenendo conto della sua coscienza.  Ro 14:23 (SCB:SSD 19.11.80)

MANGIARE CARNE DISSANGUATA COTTE INSIEME A CARNE NON DISSANGUATA:


Ci chiedi se un cristiano può mangiare della carne dissanguata cotta insieme ad altra carne non dissanguata. Consultando l'Indice 78, al soggetto CIBO, poi al soggetto subordinato 'sangue nel' e quindi al soggetto specifico 'animali non debitamente dissanguati' vi è il riferimento a W 1.11.78, p 312. A p 31, viene posta la domanda: “Fino a che punto il cristiano dovrebbe interessarsi di sapere se c'è sangue nei prodotti alimentari?" Nel § successivo è detto: "Dio disse a Noè, e all'intera famiglia umana: 'Ogni animale che si muove ed è in vita vi serva di cibo... Solo non dovete mangiare la carne con la sua anima, col sangue. (Gen. 9:3,4)

Pertanto i veri adoratori dovrebbero voler evitare di mangiare carne in cui sia rimasto sangue o altri alimenti a cui sia stato aggiunto sangue". Se si fa cuocere della carne non dissanguata insieme a carne dissanguata, non è forse come aggiungere del sangue a quest'ultima? Se così è, quel cibo non è adatto al cristiano. Non è una questione di coscienza se mangiare o meno tale cibo. È una violazione alla legge biblica sulla santità del sangue (18.11.82)

Ci chiedi se un cristiano può mangiare carne dissanguata cotta assieme a carne non dissanguata. La risposta si trova in Rs 335 dove dice: “... qualsiasi cibo cotto cui sia stato aggiunto sangue intero o anche qualche frazione d’esso non deve essere mangiato”. La domanda che sorge è questa: Se si cuoce carne dissanguata insieme a carne non dissanguata, non è forse come aggiungere sangue intero alla carne non dissanguata? Tale cibo non sarebbe idoneo per il cristiano e non dovrebbe essere mangiato. (DC 28.10.87)

PRIMA DI SCANNARE UN ANIMALE È LECITO TRAMORTIRLO CON UN COLPO?:


Il motivo per cui il cristiano non deve mangiare animali soffocati (o morti da sé) è che contengono sangue. Il cristiano ha la responsabilità di accertarsi che ciò che mangia sia stato dovutamente dissanguato. Tradizionalmente è noto che il mezzo più efficace a tal fine è quello di scannare l'animale. Se un cristiano decidesse di tramortire prima l'animale con un colpo alla nuca o con qualche altro metodo e poi scannarlo immediatamente per dissanguarlo, sarebbe una sua decisione personale. In coscienza dovrebbe essere pienamente convinto che l'animale ucciso in tal modo, sia stato dissanguato altrettanto bene - Ro 14:10, 12, 23. (FPA 12.12.81)

TRASFUSI CONTRO LA PROPRIA VOLONTÀ:


Nel caso in cui venga violata la santità del sangue, la cosa che è necessario stabilire è se detta violazione è imputabile alla sorella oppure no. Da quel che possiamo comprendere la sorella è stata trasfusa contro la sua volontà e a sua insaputa. In tal caso non vediamo che sussistano gli estremi per un intervento giudiziario nei suoi riguardi. Di conseguenza, non è nemmeno necessario redigere una relazione da conservare nell'archivio permanente del corpo degli A. visto che non esistono gli estremi della violazione da imputare alla sorella in questione.

In casi del genere, gli A. possono dare di concerto col com. sanitario locale la necessaria assistenza sia spir. che legale, ma devono stare attenti a non sostituirsi al paziente nelle decisioni che gli competono. Qualora si verifichino situazioni legali particolarmente interessanti è appropriato consultare, caso per caso, l'Ufficio che potrà eventualmente indicare quali aspetti del problema stesso possono interessare e per i quali viene richiesta una certa indagine. (SCA 3.5.88)


SORELLA CHE DEVE ACCOMPAGNARE LA FIGLIA MINORENNE A FARE TRASFUSIONI:


La sorella ha il marito incredulo e pretende che ella accompagni la figlia minorenne per la terapia trasfusionale. Il problema è: si tratta di una questione di coscienza o sta violando la legge di Dio? La responsabilità della terapia trasfusionale ricade sul padre e non sulla madre. Accompagnando la sua bambina la sorella non sta violando la legge di Dio. Ella non incoraggia né ha fatto comprendere che è d'accordo con tale terapia.

Accompagnando la bambina, semplicemente svolge il suo compito di madre e moglie in ubbidienza ad una precisa disposizione del marito, responsabile della figlia. Ci dite che ogni volta si sente turbata. In questo caso dovrebbe agire in armonia col principio di Ro 14:23. Se ella andasse contro ciò che dice la sua coscienza cristiana, pur non essendo soggetta alla disciplina della cong., commetterebbe peccato dinanzi a Geova. Incoraggiate la sorella a decidere secondo la propria coscienza non essendo per nulla influenzata da ciò che possono pensare altri sulla questione. Ella esaminerà la cosa in preghiera assumendosi le proprie responsabilità. (SCB:SSB 19.11.80)

Ci informi che il marito della sorella ... le chiede di portare il figlio in ospedale per ricevere trasfusioni di sangue e la sorella lo fa. Ci chiedi quale sia la posizione della sorella e se è una questione di coscienza. Nel caso in questione non è la sorella che accetta trasfusioni, né il figlio è un cristiano battezzato. Il marito è il capo della famiglia e prende decisioni sulla terapia che il figlio deve seguire. Se la sorella pensa quindi che come autorità deve obbedire al marito e la sua coscienza non è turbata, pur sapendo che il figlio riceve una trasfusione di sangue, allora è una questione di coscienza. La cong. non interverrà in alcun modo.

Non pensiamo che si possa mettere il caso in questione in relazione a Ger 7:15-19. Qui è descritta un’attività compiuta da dedicati adoratori di Geova per compiere un atto di falsa adorazione. Invece nel caso presente gli implicati non sono tutti adoratori di Geova, come ad es. il marito della donna, e la moglie non può prendere decisioni per stabilire le cure che saranno praticate al figlio. Naturalmente lei dovrebbe rendere chiaro a suo marito che la terapia che egli ha deciso non la condivide e che gli obbedisce semplicemente per essergli sottomessa come moglie essendo lui il capo famiglia. In questo modo lei non condivide la responsabilità della cosa. Naturalmente, se lei approvasse la trasfusione per il figlio, la cosa sarebbe diversa. (Ro 14:22, 23) - W 1.5.65 p 284. Benché la cosa riguardi la coscienza della sorella, se i fratelli fossero turbati della sua decisione di accompagnare il figlio in ospedale, il corpo degli A. dovrà prendere in considerazione se toglierle i privilegi o no. (SCB:SSA 9.6.84)

INFERMIERE O MEDICO CHE DEVONO PRATICARE UNA TRASFUSIONE:


Un T.d.G. che fa l'infermiere non dovrebbe mai prescrivere di propria iniziativa una trasfusione. Però che dire se il paziente stesso chiede una trasfusione o se l'infermiere riceve dal medico l'ordine di praticare una trasfusione? In questo caso sarebbe lasciato alla coscienza del fratello decidere come comportarsi, cioè se praticare la trasfusione o no. Naturalmente bisogna tenere presente ciò che dice Paolo in Ro 14:23 dove è scritto che se la coscienza lo fa turbare dovrebbe astenersi.

Questo è in armonia con Deu 14:21 che dice: "Lo puoi dare al residente forestiero che è dentro le tue porte ... o si può vendere a uno straniero". Qui si trattava di un animale morto. Mentre l'israelita non poteva mangiare quell'animale poteva venderlo a uno straniero. Da ciò si comprende un'altra cosa, che il T.d.G. non dovrebbe mai fare una trasfusione ad un altro Testimone, sia che glielo chiedesse il Testimone stesso o glielo ordinasse il dottore. Il tuo caso è simile a quello del medico T.d.G. al quale un paziente chiede una trasfusione. L'accettare la richiesta del paziente dipende dalla sua coscienza - W 1.5.65 p 284 (SCC:SSF 12.9.80)

ESSERE ISCRITTI PER DONARE I PROPRI ORGANI:


La W 1.9.80 prende in considerazione il soggetto dei trapianti degli organi. Fra l'altro dice: "Se qualcuno accettasse un trapianto, il comitato giudiziario della cong. non prenderebbe misure disciplinari nei suoi confronti". Crediamo che l'essere iscritti o diventare soci dell'A.I.D.O. implichi basilarmente gli stessi princìpi. Che dire se un fratello decidesse in tal senso? Il modo in cui egli verrebbe considerato nella cong. dipenderebbe dall'effetto che la sua decisione provocherebbe sulla coscienza degli altri - 1Co 8:12, 13. (SCD:SSD 27.3.91)

DOMANDE SU TRATTAMENTI SANITARI CHE IMPLICANO L’USO DI SANGUE O EMODERIVATI:


Cosa può fare in anticipo un coniuge credente per impedire che il coniuge incredulo autorizzi una trasfusione nel caso che il Testimone sia in stato di incoscienza? Il primo passo sarebbe quello di compilare completamente il Documento Sanitario. Questo è un documento con valore legale che indica chiaramente che chi l’ha compilato e firmato non vuole che gli siano praticate trasfusioni, neanche se è in stato di incoscienza.

Nei limiti del possibile, il cristiano dovrebbe discutere la cosa con il proprio coniuge, facendo capire chiaramente la propria posizione. Si possono informare della propria decisione anche altri parenti stretti che potrebbero entrare in gioco in una situazione di emergenza, in modo che conoscano bene la posizione del cristiano. E naturalmente, bisognerebbe informare il medico di famiglia, lasciandogli l’opuscolo “I T.d.G. e il problema del sangue”. Dopo aver preso le ragionevoli precauzioni, lasciamo le cose nelle mani di Geova e confidiamo nella sua guida e protezione in situazioni di emergenza.

Qual è la posizione del cristiano nel caso che il coniuge incredulo sia in stato di incoscienza e i sanitari chiedano di autorizzare una trasfusione? Secondo le Scritture, il coniuge cristiano non può assumersi la responsabilità di autorizzare una trasfusione. Tuttavia il coniuge incredulo può rendere chiaramente noto in anticipo che desidera essere trasfuso in caso di emergenza qualora i medici lo ritengano opportuno, in tal caso il coniuge credente non deve sentirsi obbligato a impedire la trasfusione nell’eventualità che il coniuge incredulo sia in stato di incoscienza o non sia in grado di dare un valido consenso.

Conoscendo la posizione scritturale del credente, il coniuge incredulo può voler far conoscere chiaramente in anticipo il suo desiderio di essere trasfuso in caso di emergenza proprio come il coniuge credente fa conoscere in anticipo il suo desiderio. Il coniuge incredulo può voler portare con sé un documento che autorizzi il personale sanitario a somministrare una trasfusione nel caso che egli non sia in grado di dare il proprio consenso personale. Oltre a ciò forse vorrà parlare con uno o più parenti stretti non credenti che sono disposti ad assumersi tale responsabilità, autorizzandoli ad agire come suoi portavoce in caso di emergenza.

Lo stesso discorso vale anche in una famiglia religiosamente divisa per quanto riguarda i figli minorenni? Ad es., poniamo il caso che il padre sia un incredulo e che la moglie sia credente. In linea di principio vale lo stesso discorso. Il credente non potrebbe autorizzare o disporre una trasfusione su un figlio minorenne. Se è il padre a non essere credente, è comprensibile che la madre cristiana renda noto al marito, prima che sorga una qualsiasi emergenza, che lei non desidera che alcuno dei figli venga trasfuso. Se il padre non è d’accordo sta a lui decidere fino a che punto agire per prepararsi ad una situazione di emergenza. La madre non deve pensare di dover prevalere sulla decisione del padre se questi non è disposto a ragionare sui motivi scritturali, nonché sulle considerazioni di carattere medico, per cui al figlio non si dovrebbero somministrare trasfusioni di sangue.

Se il padre autorizza una trasfusione e il medico (o l’ospedale) somministra quindi una trasfusione a un figlio, la responsabilità ricade su quelli che hanno preso la trasfusione. Se è il padre ad essere credente, ci si aspetta che anche lui tenti di avere la cooperazione della madre nel sostenere la posizione scritturale. In una situazione di emergenza, ci si aspetterebbe che egli prendesse l’iniziativa di far rispettare al medico (o all’ospedale) la sua decisione di non somministrare trasfusioni. Tuttavia, in alcuni casi il medico può ritenere sufficiente il consenso della madre non credente per procedere con la trasfusione, senza tenere in alcuna considerazione la decisione e le istruzioni del padre. Se il padre ha fatto tutto ciò che era ragionevolmente possibile per impedire la trasfusione, probabilmente non ci sarà motivo di ritenerlo responsabile della trasfusione.



 
   
       
Click sull'immagine per
accedere alla pubblicazione
Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
Torna ai contenuti