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La storia di Debora

Esperienza inviata nel forum

I primi contatti della mia famiglia con i TdG risalgono ai primi anni '70, quando questi erano ancora rari come mosche bianche. Mio zio, fratello di mia mamma, non riusciva ad accettare alcuni misteri della chiesa e, avvicinato da due TdG, iniziò lo studio. Fu subito ostacolato da mia nonna che era una fervente cattolica, ma dopo poco tutta la famiglia, composta da mia mamma, le sue due sorelle, suo fratello e mia nonna iniziarono a studiare. tutti escluso mio nonno che non fu comunque mai un oppositore. In poco tempo tutti fecero progresso tranne mia mamma che era divisa tra due fuochi: da una parte la "verità", dall'altra mio papà che odiava i TdG. Lei scelse lui e si sposò in chiesa mentre la sua famiglia (non ancora battezzati) aspettava fuori.

L'anno dopo, nel 1975, nasco io, la prima figlia e la prima nipote. Mia mamma torna subito al lavoro e io vengo cresciuta dalla nonna che promette a mio papà di non insegnarmi niente sulla "verità" ma che di fatto inizia a farmi lo studio ancor prima che inizi a parlare e dal momento che dormivo spesso lì mi portano alle adunanze. Mio papà sa, ma per convenienza lascia fare. Il mio legame più profondo era con mia zia Laura, la più piccola che viveva ancora in casa, mentre gli altri si erano tutti sposati. Passano gli anni inizio la scuola mi comporto da brava TdG; non mangio le pastine per i compleanni e non festeggio il Natale.

Sono però molto frequenti i miei rapporti con i famigliari di mio papà tutti del mondo e a volte andiamo a mangiare in occasione delle feste. Io divento poi una bambina molto attenta alle regole con un forte senso del dovere ma anche molto espansiva e socievole che fa molta amicizia con i compagni. Quando inizio le medie il desiderio di verità di mia mamma si fa sentire e inizia lo studio e a partecipare a qualche adunanza alla domenica (l'unica a cui io mancavo sempre perché alla domenica non ero dalla nonna) e lì iniziano i problemi seri tra i miei genitori.

Saranno anni molto difficili, mia mamma è decisa a fare progresso nonostante avesse promesso a mio papà che non avrebbe più frequentato i TdG e mio papà usa ogni mezzo per dissuaderla. Passo quasi tre anni tra urla e lacrime e minacce di divorzio, mia mamma diventa magrissima ma non molla, supportata dalle sorelle che la incoraggiano a resistere a Satana. Io adolescente sono divisa tra il desiderio di riavere la mia famiglia unita come prima e il desiderio di piacere a Geova. Divisa tra i miei amici di scuola e gli amici della sala.

Arriva il momento di scegliere la scuola superiore ma in quel momento i miei sono presi da altri pensieri e la Società scoraggia moltissimo gli studi superiori come un'inutile distrazione dal servizio; cosi smetto di studiare e mi battezzo lo stesso giorno di mia mamma ad un'assemblea di distretto a Verona. Ho solo 14 anni ma sono felice della mia decisione perché sento finalmente che sono parte di qualcosa e inoltre faccio felice la mia adorata nonna e mia zia Laura che mi amano tantissimo.

Inizio a lavorare ma non a metà giornata come le mie amiche TdG, perché non ho la libertà di andare a predicare quando voglio, devo farlo di nascosto da mio papà; che nel frattempo si è rappacificato con mia mamma e sopporta di avere due TdG per casa ma non sopporta per niente al mondo di saperci andare a suonare i campanelli. Quindi lo facciamo di nascosto, sempre con la paura di essere scoperte.

Iniziano le prime cotte e i primi problemi con gli anziani. Non sedersi vicini se non si è ufficialmente fidanzati, non tenersi per mano e un milione di altre stupide regole. In quegli anni adolescenziali mi sentivo spesso schiacciata, soprattutto perché ho sempre avuto un carattere molto aperto e solare. A 16 anni mi fidanzo con un bravo TdG ma dopo un po' questa si rivela chiaramente una cotta da adolescente e non mi sento più innamorata, così lo lascio, anche se mi dispiace perché lui mi adora. Il giorno dopo mia nonna mi dice che ha saputo che ho lasciato il ragazzo ed è molto delusa perché la giovane sulamita non si sarebbe mai comportata così e io afflitta dai sensi di colpa ritorno sui miei passi e restiamo insieme per altri tre anni. Litigavamo tantissimo, lui inquadrato con la teocrazia, io devota ma con la normale curiosità della vita e la mia solarità.

Il mio fidanzato parte per il carcere per la neutralità e io mi sento finalmente libera e esco con le sorelle e mi godo la mia giovane età, ma per questo venivo criticata perché avrei dovuto stare a casa a prepararmi per diventare una brava moglie. Forse a chi legge posso dare l'idea di essere vissuta nel medioevo, l'epoca è un'altra ma certe mentalità sono le stesse. Nel periodo di lontananza tra me e il mio fidanzato intreccio un flirt con un collega di lavoro ma tengo a sottolineare che tra di noi non ci furono rapporti sessuali.

Al ritorno del mio fidanzato cerco di tenere per me ciò che avevo combinato ma la coscienza sporca non mi fa dormire così parlo con lui e poi con gli anziani. Onestamente devo dire che gli anziani, in quell'occasione, mi trattarono con umanità ma chiaramente il mio fidanzato era furioso. Speravo che mi avrebbe lasciata ma lui era così innamorato che mi incatenò ancor più a lui. Io mi rendevo conto che ciò che avevo fatto non sarebbe successo se io lo avessi amato davvero ma non volevo lasciarlo perché credevo di essere fortemente in debito con lui. Pensate, ero disposta a sposarmi per redimermi dalle mie "terribili colpe"! Se ci penso oggi un po' mi vien da sorridere e un po' da piangere! Gli adolescenti TdG crescono in tale clima di rigidità che il primo fidanzato che hai te lo devi sposare e le normali cretinate giovanili (come giudico ora il mio flirt con il collega di lavoro) vengono vissute come se fossi già perso per l'eternità.

Dopo un po' di tempo finalmente lui mi lascia, dopo avermi accusata infinite volte di essermi comportata da p...ana. Dice che non ce la fa a perdonarmi. Non mi sembra neanche vero di essere libera dopo quattro anni con lui! Ho 20 anni e poco dopo incontro l'amore della mia vita: Alberto, un TdG un po' anticonformista! Ci sposiamo, anche se mi rendo conto che la vita con lui non sarà facile perché viene da una situazione famigliare molto difficile e il suo cuore è molto chiuso ai sentimenti e all'amore. Non lo vedevo davvero convinto di sposarsi ma io lo amo tanto e penso che con il mio amore risolverò i suoi problemi e la mia solarità lo guarirò dal suo mal di vivere. In realtà ogni anno che passa è peggio e le sue depressioni sono sempre più profonde.

Sono preoccupata anche per la sua spiritualità perché non mira a incarichi, non studia mai e a volte non vuole venire in sala dicendo che ripetono sempre le stesse cose. Nel frattempo io divento l'uomo di casa e penso a me, a lui, ad entrambe le fedi, ma divento sempre più infelice. In sala nessuno ci bada tutti presi a invitarsi a cena tra anziani pionieri e servitori e anche se avevo messo al corrente gli anziani delle nostre difficoltà non ho aiuti da nessuno.

Andiamo da uno psicologo TdG, davvero bravo, ma Alberto non riesce a uscire dalla sua depressione. Io divento sempre più introversa e mi butto nella preghiera nello studio della Bibbia e nel servizio di casa in casa.

Non mi confido neanche con mia zia Laura né con mia mamma perché parlare dei problemi è dover ammettere che ho un marito inesistente. Tra di noi i rapporti intimi erano sporadici, mi diceva che non sentiva amore per me ma che mi stimava profondamente, infatti non litigavamo perché ci legava una grande amicizia ma di amore passionale o romantico non ne parlava mai, diceva che forse non era in grado di provarlo a causa dei suoi traumi. Io soffrivo come un cane e morivo dentro... mi sarebbe bastato così poco ma il suo cuore era così chiuso.

All'inizio 2002 lui segue una terapia di gruppo dal fratello terapeuta, che avevamo già seguito come coppia, ma in quell'occasione non vado per motivi economici. Lì s'invaghisce di una ragazza e mi confida di averla baciata. Mi cade il mondo addosso perché aspettavo da anni che il suo cuore si aprisse all'amore ma per me non per un'altra! Lo psicologo mi spiega che la fase di mio marito era una fase adolescenziale e di assecondarlo, tanto che mio marito mi chiede di dargli il permesso di sentirsi al telefono con l'altra.

Al che comincio a farmi delle domande del tipo: E se mi avesse sposata solo per venire via da una famiglia problematica? E se tutti i suoi problemi con i sentimenti non fossero dovuti al fatto che non mi ama affatto?. E poi come ha potuto baciare un'altra quando non bacia me da non so più quanto tempo. Entro in un periodo che ricordo come il peggiore della mia vita fatto di profonda solitudine. L'unica cosa che mi fa felice è il mio lavoro, infatti da pochi mesi avevo iniziato a fare la barista e sembrava che tutti mi trovassero simpatica e carina e questo mi sembrò una novità dal momento che avendo un marito che non mi amava credevo fosse (a livello inconscio) perché non ero abbastanza bella. Da quel momento decido di smettere di assecondare i capricci di mio marito e che se davvero vuole tenere in piedi il matrimonio è ora che faccia la sua parte.

In quel periodo nella mia sala alcuni giovani tra cui mio cugino, figlio di un anziano, frequentano un corso di ballo country (importato dagli americani della base Nato della mia città cioè Vicenza). A me sembra un divertimento sano e convinco mio marito a frequentare con me. Dopo solo una lezione lui però si vuole ritirare e allora io impunto i piedi: "Se non vieni io vado da sola." Ed è quello che feci.

L'insegnante di ballo ci disse però che senza fare pratica, frequentando i locali dove si ballava, non avremo imparato molto; così andammo in questo locale. L'impressione che ci fece (mi accompagnò anche mio marito) fu buona. Non era una discoteca nel senso pieno del termine infatti c'erano e ci sono famiglie con bambini, la musica non è alta, niente risse, droga o fumo. Tra giovani decidiamo che non c'e niente di male e mio zio anziano è al corrente delle nostre frequentazioni e non ci trova niente di male, era infatti venuto ad alcune feste country, azzardando quasi l'idea di iniziare il corso a sua volta.

Ma quando il resto del corpo degli anziani vengono a sapere quello che facciamo nel nostro tempo libero si scatena un pandemonio, visite pastorali e richiami. Io e alcune sorelle decidiamo di far uso della nostra coscienza e di andare senza farlo sapere in giro, chiaramente con l'approvazione di mio marito, mentre il marito di una sorella ci accompagnava.
Arriva l'estate e le vacanze dove capisco che tra me e mio marito non c'e più niente da dirsi e così provo il tutto per tutto e gli dico: separiamoci! Ero però convinta che si buttasse ai miei piedi implorandomi di non lasciarlo, invece sembra sollevato e mi dice che probabilmente non eravamo fatti l'uno per l'altra.

A quel punto chiamiamo gli anziani che ci parlano separatamente. Io spiego il grande disagio emotivo causato dal vivere con un uomo che non mi ama e che in tal modo viene meno il senso cristiano del matrimonio. Gli anziani accettano la separazione come scritturale e cosi inizio a vivere da sola ma non c'è da parte della congregazione l'aiuto e il sostegno pratico di cui avevo bisogno. Tanti appuntamenti per il sacro servizio ma mai nessuno che mi dicesse di fermarmi a cena. Una sera vado a una festa country e un ragazzo mi invita a uscire e io inizialmente rifiuto; poi accetto, pensando di fare ingelosire mio marito.

Ma mio marito non solo non si ingelosisce ma mi da anche il suo benestare!! In poco tempo, però, quella che era iniziata come una storia per scherzo si fa più seria e, saputolo, gli anziani mi convocano. In breve mi consigliano di troncare il mio rapporto con l'uomo del mondo, avvertendomi che la persona in questione di certo non è seria in quanto insegnante di ballo (cosa c'entra?) e soprattutto che io non sono libera, ho sempre un marito, non importa se questo ha dichiarato di non amarmi. Io ci penso per un po' e poi decido di non rinunciare ad una storia d'amore che diventa ogni giorno più profonda. Vengo così disassociata.

Da quel giorno tutta la mia famiglia (tranne mia mamma, alla quale gli anziani hanno consigliato di starmi vicina per recuperarmi) mi evita, non rivolgendomi un saluto neppure quando sono loro dentro il cortile di casa mia!! Le mie migliori amiche mi hanno fatto sapere che sono deluse perché avrei dovuto avere pazienza e aspettare che Geova facesse giustizia.

Ho sofferto enormemente ma continuavo ad andare in sala per fare contenta mia mamma e perché credevo che fosse la verità e io fondamentalmente in torto ad averla rigettata. Fino alla domenica in cui mi fu detto che in sala mi era proibito tenere in braccio il bambino neonato di mia cugina TdG, che avevo come unica occasione di vederlo all'adunanza. Mi sono sentita come se mi avessero tolto il cuore e ci fossero passati sopra con un camion. Da quel momento non ho più voluto andare e mille dubbi si sono insinuati nella mia mente, aiutata dal mio meraviglioso compagno che a mia insaputa si documentava sui TdG da mesi. Un po' alla volta mi si sono aperti gli occhi e la tristezza per essere lontana dall'organizzazione di Dio ha lasciato il posto alla rabbia per essere stata ingannata da uomini che si mascherano da pastori per avere il controllo sulla tua mente e sulla tua vita.

Pochi mesi fa io e il mio compagno, Roberto, ci siamo sposati e accanto a lui ho finalmente trovato la serenità ma chiaramente in me c'è sempre una parte mancante. la mia famiglia, tutte le mie amiche e, soprattutto, mi manca Dio. Ho purtroppo perso la fede e la fiducia nelle religioni. Spero che con il tempo Dio (se c'è) mi chiami a se mostrandomi come vuole essere lodato.
Vi chiedo scusa se il mio racconto è stato cosi lungo ma, per capire la storia, era importante darvi un quadro abbastanza dettagliato. I nomi sono stati cambiati tranne quello di Roberto che voi già conoscete come Countrydancer. Grazie a tutti voi perché le vostre storie mi fanno sentire meno sola e spero che la mia storia possa essere utile a qualcuno di voi.
Debora

Aggiornamento: Debora ha "scelto" di ritornare fra i TdG. Si veda il messaggio inviato da suo marito nel forum Infotdgeova il 22/05/2017: link



Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova
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