Testimoni di Geova
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La Storia di Cristina


Mi sono fidanzata a quattordici anni, a sedici mi sono trovata incinta e sposata con un marito di ventidue anni che non è riuscito ad assumersi le responsabilità di questo matrimonio; era sempre assente. I miei genitori ci avevano dato una casa in cui vivere, fuori Roma e quindi lontano da tutta la ma vita precedente, quindi mi sentivo sola e questo ha prodotto un fertile terreno per il mio incontro con i Testimoni di Geova.

Hanno bussato alla mia porta nel 1983, avevo diciassette anni e il mio bimbo piccolo. Mi faceva piacere ricevere le visite di questa ragazza di qualche anno più grande di me, sempre sorridente e tanto "assennata", sempre accompagnata da un'altra donna o ragazza gentile. Quando mi ha proposto di studiare la Bibbia mi sono ricordata che qualche anno prima avevo chiesto a un mio zio sacerdote se il racconto di Adamo ed Eva della Bibbia era letterale o simbolico e lui mi rispose: "Leggi la Bibbia e poi ne parliamo". Provai a farlo, amavo molto leggere, ma naturalmente non riuscii ad andare avanti ma me ne sono ricordata alla proposta dello studio biblico e ho pensato che forse avrei dato delle risposte a qualche mia domanda.

Ho iniziato lo studio e a frequentare la sala, mi pareva tutto bellissimo: conoscere tante persone gentili che mostravano tanto interesse per me era una cosa nuova e gratificante. Ero poco osservatrice, però: io continuavo ad andare in sala con i jeans e non mi ero accorta che ero l'unica! Con molto tatto la conduttrice dello studio me lo ha fatto notare ed io mi sono uniformata immediatamente. Io avevo frequentato la Chiesa Cattolica e mi piaceva molto da piccola ma poi avevo smesso e da tanti anni non pregavo più e non mi occupavo di religione. Ho cominciato a provare un senso di sicurezza che non avevo mai provato. Per ogni cosa c'era una regola ben precisa, per ogni domanda c'era una risposta, era bellissimo!

Ho cominciato ad accettare tutto quello che mi veniva detto, non ho provato nemmeno a pormi delle domande critiche, la mia vita è diventata ben presto adunanze, servizio e amicizie all'interno della congregazione. Non avevo nessun ostacolo a questo cammino, mio marito veniva a casa solo per dormire e mangiare, i miei genitori venivano a trovarmi una volta a settimana. In pochi mesi sono arrivata alle soglie del battesimo e mi hanno consigliato di scrivere a mio zio sacerdote per comunicargli la mia conversione e chiedere l'ufficiale "cancellazione" dalla Chiesa Cattolica. Lui in risposta mi inviò una lettera contenente alcuni opuscoli che non guardai nemmeno.

Ho tagliato tutte le torte dalle foto che avevo in casa, buttato le foto della mia prima comunione e qualsiasi altra cosa che ricordasse la Chiesa e altre cose "pagane". Mi sono battezzata nel 1984. Non lavoravo e dedicavo molto tempo a studio e servizio, spesso facevo la pioniera ausiliaria, dedicando almeno 60 ore al mese alla predicazione. Tutto questo trascinando sempre con me mio figlio che naturalmente mi seguiva e già a tre anni si dichiarava Testimone. Avevo trovato il modo per turare quei tremendi buchi che avevo dentro.

A quattro anni mio figlio ha avuto bisogno di una piccola operazione ed io ho chiamato subito un anziano che mi ha procurato un ricovero in un ospedale dove operavano senza trasfusioni, firmai, all'insaputa di tutti i miei parenti, un foglio dove chiedevo che in nessun caso mio figlio avrebbe ricevuto trasfusioni. Era un'operazione molto semplice e sapevo che non ci sarebbe stato bisogno di trasfusioni ma ancora oggi quando ci penso mi vengono i brividi!

Avevo grosse difficoltà economiche perché mio marito non lavorava sempre e spesso non avevo neanche da mangiare ma io continuavo con le mie attività cercando di sopportare tutto. Il rapporto con mio marito era diventato inesistente ma a lui andava bene che io non mi lamentassi mai e non lo scocciassi, cercando sempre di comportarmi da "moglie cristiana di un incredulo". I miei tentativi di convertire marito e genitori andarono falliti, anche se io speravo sempre. Mia madre insisteva perché mi separassi da mio marito ma io non volevo, finché lei stessa è andata a parlare con gli anziani che dopo una riunione con il sorvegliante di distretto mi hanno dato il permesso di separarmi per gravi motivi. Mi sono separata e sono tornata a Roma con mio figlio a casa dei miei genitori, continuando a frequentare la congregazione di Roma. Al quinto compleanno di mio figlio mia madre preparò una torta e io ho impedito a mio figlio di prenderla e mangiarla; ricordo ancora che io e lui eravamo seduti sul divano e lui mi chiedeva:"Mamma, posso prenderne un pezzo?" e io "No!".

La cosa che iniziò a far crollare tutto il mio castello di certezze è stata la lettura dell'autobiografia di Malcom X; leggendo quel libro ho cominciato a pensare che era stata una persona che sinceramente aveva cercato di fare un percorso di ricerca spirituale e dentro di me ho iniziato a mettere in dubbio che come testimoni di Geova noi eravamo i depositari dell'unica verità. Non avevo mai avuto un dubbio ma questo ha iniziato come un tarlo nella mia mente. Nello stesso tempo ho iniziato a chiedermi come avrei potuto essere felice vedendo morire atrocemente tutti i miei familiari e parenti e tutti gli altri quando sarebbe venuta la fine del mondo?

Non ne ho parlato con nessuno, sia perché non ero proprio abituata a parlare di me, di quello che sentivo e provavo, sia perché sapevo quanto fosse pericoloso esporre dubbi, non avevo mai sentito nessuno farlo.
Non so come ma in pochi mesi decisi che non volevo più essere testimone di Geova, chiesi a un anziano di potergli parlare, mi diede appuntamento a casa sua, trovai altri due anziani e gli dissi che io volevo lasciare perché non accettavo l'idea della distruzione di tutti gli esseri umani tranne "noi".

Mi dissero di restare lì a riflettere, rimasi fino al giorno dopo ma non ho cambiato idea. Pochi giorni prima avevo conosciuto un uomo "del mondo"con cui ero uscita un paio di volte. Io non sono andata più in sala, dopo una settimana o dieci giorni si è presentato un anziano sul mio posto di lavoro dicendomi che ero stata disassociata per immoralità. Io non avevo commesso nessuna immoralità con quell'uomo che avevo conosciuto ma in quel momento non mi interessava niente e non ho ribattuto niente. Avevo ventidue anni. Solo con il passare dei giorni mi sono resa conto del fatto che tutto insieme avevo perso tutto la vita sociale, i "fratelli" e le "sorelle" che quando mi incontravano giravano la testa dall'altra parte. Ho provato un enorme senso di abbandono, io mi sentivo in colpa perché sicuramente ero io che avevo qualcosa che non andava. Tutte le mie sicurezze erano finite.

Tutte le insicurezze e le paure sono tornate a galla, avevo costruito negli ultimi quattro anni il mio mondo finto e mi ritrovavo sola e scoperta, incapace di vivere nel mondo reale che non conoscevo. Non ho mai pensato di tornare indietro. Per fortuna non avevo parenti testimoni, ho cercato di metterci una pietra sopra e andare avanti ma per tanti anni ho pensato che Dio non esisteva e ho vissuto un grande vuoto spirituale, mi rifiutavo di parlare o pensare alla religione se non da un punto di vista intellettuale e di conoscenza.

Poi dieci anni fa ho perso per una malattia una delle mie due sorelle e vivere accanto a lei questa sofferenza e questa morte mi ha costretto a riconsiderare tutto. Mi sono resa conto che avevo dei seri problemi con l'alcol e ho cominciato a frequentare un'associazione con un programma di recupero che prevede una parte spirituale e piano piano mi sono riavvicinata a Dio. Ho ricominciato dopo tanti anni a pregare e ad affidarmi e confidare in Lui e questo mi ha permesso di emergere da quella aridità che sentivo dentro, anche se tuttora non riesco a vivere questo in un contesto di una religione precisa. Grazie a una trasmissione televisiva sono venuta a conoscenza del sito di Achille e ho potuto grazie al suo lavoro e a tutte le testimonianze di chi ci scrive rielaborare questa mia esperienza e tirare fuori dolori e angosce che erano rimasti sepolti dentro di me per tanti anni.
Cristina




Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova
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