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I Testimoni di Geova in Messico



I Testimoni di Geova in Messico


Ecco cosa accadeva in Messico fino al 1989,  secondo quanto scrive Raymond Franz, ex membro del Corpo Direttivo,  nel libro "Crisi di coscienza", pp. 195-198.

Come conseguenza della rivoluzione messicana e a motivo del fatto che la Chiesa Cattolica da lungo tempo detiene la proprietà di immensi territori nel paese ed ha altri possedimenti nella nazione, la Costituzione messicana vieta ad ogni organizzazione religiosa il diritto di acquistare proprietà. Le chiese e i beni ecclesiastici sono, in effetti, custoditi dal governo, che ne consente l’uso alle organizzazioni religiose. A causa dello sfruttamento subìto in passato da parte del clero straniero, in Messico non viene consentito ai missionari stranieri o ai ministri di svolgere le loro funzioni. A cosa ha condotto tutto ciò nel caso dell’organizzazione dei Testimoni?

L’amministrazione del quartier generale dell’organizzazione dei Testimoni di Geova aveva deciso da tempo che, a motivo della legislazione messicana, i Testimoni di Geova locali si presentassero non come un’organizzazione religiosa, ma come un gruppo «culturale»: l’ente legale nazionale costituito in quella nazione, La Torre di Vigia, è registrata in questa veste presso il governo messicano. Pertanto, i Testimoni di Geova messicani non dichiarano di tenere riunioni religiose o studi biblici, ma di frequentare adunanze «culturali»; durante queste adunanze non fanno preghiere né cantano inni, e ciò accade anche nel caso delle più vaste assemblee.

Quando si impegnano nell’attività di casa in casa, portano con sé soltanto le pubblicazioni della Torre di Guardia (che, come essi sostengono, la Società Torre di Guardia fornisce loro come «ausilio nell’attività culturale»). Il gruppo di Testimoni operanti in una determinata zona non porta con sé la Bibbia mentre svolgono questa opera, perché ciò consentirebbe di identificarli come impegnati in un’opera religiosa. In una determinata zona un gruppo di Testimoni non viene definito «congregazione» ma «compagnia»; essi non dicono che effettuano battesimi, tuttavia fanno la stessa cosa sotto il nome di compiere il «simbolo».

Questo «linguaggio ingannevole» non viene adoperato per il fatto che si vive in un paese totalitario che prende misure repressive della libertà di culto, ma soprattutto per evitare di doversi sottoporre alla normativa governativa inerente l’acquisto di proprietà da parte di organizzazioni religiose. Né si deve pensare che questo sotterfugio sia stato escogitato dagli stessi Testimoni messicani; si tratta di un provvedimento ideato e messo in opera dal quartier generale di Brooklyn.

E interessante mettere a confronto la deliberata eliminazione delle preghiere e degli inni nelle adunanze dei Testimoni messicani con l’operato della Società negli Stati Uniti; qui essa si mostrò risoluta a combattere caso dopo caso, in tutti i modi, fino a giungere al cospetto della Corte Su prema del paese piuttosto che rinunciare a certe pratiche come l’offerta di letteratura di casa in casa senza licenza e senza segnalarla alla polizia, il diritto di adoperare automobili provviste di altoparlanti, la distribuzione di letteratura agli angoli delle strade e molte altre pratiche del genere, tutelate dai diritti costituzionali: l’organizzazione non voleva rinunciare a nessuna di queste cose. Essa combatté per garantirsele, sebbene queste specifiche pratiche non rientrassero certamente tra le cose che facevano i primi cristiani del primo secolo, pertanto non possono essere incluse tra le fondamentali attività cristiane.

Invece, la preghiera di gruppo o di congregazione era una fondamentale attività religiosa durante le riunioni dei primi cristiani e lo era stata tra i servitori di Dio da tempo immemorabile. Il governo messicano non ha nulla in contrario sulla preghiera fatta durante raduni religiosi. Eppure, ai Testimoni di Geova si ordina di dire che le loro riunioni non sono di natura religiosa. Poche cose potrebbero essere considerate più strettamente collegate con l’adorazione di Dio e più specificamente spirituali della preghiera.

Quando un decreto imperiale in Persia proibì di rivolgere preghiere a chiunque eccetto che al re per un periodo di trenta giorni, il profeta Daniele considerò la questione così cruciale che rischiò il prestigio, le ricchezze e la stessa vita violando il decreto. Tuttavia, il quartier generale dell’organizzazione usò un espediente: il sacrificio della preghiera comunitaria tra i Testimoni di Geova in tutto il Messico; con quale beneficio, con quale «evidente vantaggio»?

Sacrificando la preghiera e gli inni comunitari e l’uso della Bibbia nella pubblica attività di testimonianza, l’organizzazione può detenere il diritto di proprietà in Messico a beneficio della Società ed operare indipendentemente dalle restrizioni governative imposte alle altre religioni. Essi sono disposti a dire che la loro organizzazione non è un movimento religioso, che le loro adunanze non sono riunioni religiose, che la loro attività di testimonianza non è un’opera religiosa, che il battesimo non costituisce un gesto religioso, mentre in ogni altra nazione del mondo i Testimoni di Geova sostengono proprio il contrario.
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Si veda anche la pagina
Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova
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02/04/2021
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