I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
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TNM e profezie

Una vittoria di Pirro


L'occasione per la redazione di questi appunti è offerta dalla pubblicazione di una "nota" - intitolata «JHWH». Il tetragramma nel Nuovo Testamento - apparsa sull’autorevole trimestrale Rivista Biblica, organo dell’Associazione Biblica Italiana, nel n. 2 di aprile-giugno 1997, pp. 183-186. Cosa ha di particolare quest'articolo? e perché dovrebbe interessarci? Sostanzialmente, l'articolo citato ha due peculiarità:

1 - funge da cassa di risonanza di ben note tesi, proposte dai Testimoni di Geova, a proposito della presunta presenza del "Nome" divino negli scritti originali del Nuovo Testamento; anzi, si tratta di un lampante esempio di propaganda geovista in base alla quale i fatti diventano opinioni, mentre le teorie si trasformano in certezze;
2 - anche se, nell'intero articolo citato, il redattore - Matteo Pierro - non menziona la propria affiliazione religiosa, egli è un Testimone di Geova. D’altra parte, la sua fede geovista è confermata dal fatto che, dopo un confronto tra il testo dell'articolo in argomento e la letteratura geovista sul tema, si giunge all'inequivocabile conclusione che l'articolo apparso sulla Rivista Biblica è solo un collage di brani scopiazzati, parola per parola, da diverse pubblicazioni geoviste.

Quindi, con la pubblicazione nel 1997 dell'articolo menzionato, la tesi geovista riguardo alla presenza del Tetragramma negli scritti originali del NT si "guadagnava" una parvenza di rispettabilità scientifica, trovando spazio in una Rivista dai trascorsi molto autorevoli. Parliamo di "parvenza" perché l'articolo in questione, piuttosto che offrire un serio contributo scientifico sul tema della critica testuale, sarebbe servito ai Testimoni di Geova di mezzo mondo per presentare la loro tesi, trincerandosi dietro il conforto di una rivista scientifica che si era resa strumento inconsapevole di propaganda religiosa, ma di una propaganda che mette spregiudicatamente le scienze bibliche al servizio di una ideologia che poco o nulla ha di scientificamente serio e originale.

Comunque, questo tentativo di subdola propaganda si è ritorto contro chi lo ha ideato rivelandosi, alla lunga, un’amara "vittoria di Pirro". Vediamo perché.

Subito dopo la pubblicazione nel 1997 del predetto articolo, a firma di Matteo Pierro, diversi lettori della Rivista Biblica scrissero alla Direzione e all’Editore:

    • per esprimere il loro disappunto alla constatazione che "teorie cervellotiche e settarie" trovassero spazio in un periodico così serio e autorevole;
    • e per chiedere di ristabilire la realtà dei fatti, denunciando che il Pierro aveva probabilmente dissimulato la sua affiliazione religiosa per fini propagandistici.

Le proteste dei lettori hanno ottenuto l’effetto di indurre la Direzione della Rivista Biblica a ritornare sull’argomento per ristabilire la verità dei fatti sull’attuale stato dell’ipotesi geovista riguardo alla presunta presenza del "nome" divino nel NT. Infatti, nel n. 1 del 1998 della Rivista Biblica, pp. 89-92, è stato pubblicato l’articolo di uno studioso cattolico a confutazione della tesi esposta da Pierro sullo stesso trimestrale un anno prima; inoltre, la Direzione del periodico ha accettato di pubblicare una puntuale replica di un noto ex Testimone di Geova italiano in un prossimo numero della Rivista Biblica (probabilmente nel 1999);
in tale articolo saranno evidenziati:

    • l’incoerenza delle pretese geoviste riguardo alla tesi della presenza del tetragramma nel NT con riferimento all’ ispirazione della Bibbia;
    • l’infondatezza della pretesa geovista circa il "ripristino" dell’uso del "nome";
    • l’atteggiamento dei primi cristiani nei confronti del "nome";
    • le evidenze testuali contrarie alla tesi geovista;
    • l’esempio di Gesù.

Infatti, contrariamente a quanto Matteo Pierro ha speciosamente sostenuto nell'articolo pubblicato nel 1997 sulla Rivista Biblica,

    • il NT, come Dio ha ritenuto opportuno preservarcelo mediante migliaia di antichi manoscritti, in nessun punto enfatizza il Tetragramma;
    • il NT dimostra che il Figlio di Dio non diede risalto a tale designazione, né nei discorsi né in preghiera, rivelando invece la sua opzione per l'appellativo "Padre";
    • il NT dimostra che apostoli e discepoli, nei loro scritti, seguirono l’esempio del loro Maestro.

La riluttanza ad adeguarsi al modello del Maestro e dei suoi primi discepoli, forse temendo addirittura di imitarlo, è sintomo di un erroneo intendimento, di un errore di valutazione. Ovviamente, il nome rappresentato dalle lettere del Tetragramma è degno di profondo rispetto, giacché compare con grande rilevanza nella lunga storia del rapporto di Dio con gli uomini in epoca precristiana, in particolare con il popolo del patto, Israele. Comunque, il Tetragramma resta solo un simbolo della Persona. Commetteremmo un serio errore, se attribuissimo a una parola - anche se adoperata come nome divino - un'importanza equivalente a quella spettante a Colui che essa designa; sarebbe ancora peggio, se considerassimo la parola in sé come una specie di talismano capace di proteggerci da sofferenze e da forze demoniche. Agendo in tal modo, dimostreremmo di aver perso effettivamente di vista il vero e vitale significato del "nome" di Dio.

In conclusione, conviene prestare ascolto al monito di Adriana Zarri, teologa cattolica, che ha scritto a proposito dei Testimoni di Geova: «Diffidiamo della troppa sicurezza. ... Chi è sicuro di troppe cose il più delle volte sciala certezze abusive, in zone biblicamente scoperte, dove il dubbio sarebbe assai più saggio. ... Concludendo: prima di lasciarci attrarre dai Testimoni di Geova e dalla loro apparente conoscenza biblica, dovremmo conoscere meglio il cristianesimo e conoscere noi la Bibbia, un po' meglio di loro.»

Achille Aveta


 
   
       
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Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
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