I Testimoni di Geova -
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TNM e profezie

La visione di Stefano



Stefano viene lapidato
Capitoli da 6:7 a 7:59 degli Atti degli Apostoli (Bibbia della CEI):

Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede.

Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo. Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei «liberti» comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell'Asia, a disputare con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. Perciò sobillarono alcuni che dissero: «Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio».

E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero: «Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè».

E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.
Gli disse allora il sommo sacerdote: «Queste cose stanno proprio così?». Ed egli rispose: «Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era ancora in Mesopotamia, prima che egli si stabilisse in Carran, e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e va' nella terra che io ti indicherò. Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran ...

Il lungo discorso di Stefano prosegue elencando vari episodi della storia del popolo di Israele e si conclude così:

... O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori;  voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l'avete osservata.

A questo punto i suoi ascoltatori si infuriano:

All'udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra e disse: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio».

Domanda 1: dove si trovava Stefano quando ebbe questa visione di Dio e di Gesù?

Il racconto prosegue:

Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò forte: «Signore, non imputar loro questo peccato». Detto questo, morì.

Domanda 2: dove si trovava Stefano quando venne lapidato?

Domanda 3: si legge in qualche punto di questo racconto che mentre Stefano veniva lapidato e mentre diceva «Signore Gesù, accogli il mio spirito», stava ancora avendo la visione di Dio e di Gesù?

Risposte:

1: Stefano quando ebbe questa visione di Dio e di Gesù si trovava nel Sinedrio.

2: Stefano venne lapidato fuori dalla città, quindi dopo aver avuto la visione.

3: Non viene detto nella Scrittura che Stefano stesse ancora avendo questa visione mentre veniva lapidato.

Parole simili a quelle di Stefano vennero pronunciate anche da Cristo, mentre stava morendo sulla croce. (Luca 23:46) Anche in quel caso non si legge che Gesù stesse avendo una visione di Dio.

È importante precisare questo dettaglio perché la Watchtower sostiene che la parole di Stefano rivolte a Gesù siano spiegabili proprio perché Stefano stava avendo in quel momento una visione di Dio e di Cristo! Ecco cosa si legge infatti nella Torre di Guardia del 1° gennaio 2005, p. 31 (parentesi quadre mie):

Cosa spinse Stefano ad esprimersi così? Secondo Atti 7:55, 56, Stefano, essendo pieno di spirito santo, guardò fisso in cielo e scorse la gloria di Dio e Gesù in piedi alla destra di Dio" [però come si è visto questa visione avvenne nel Sinedrio]. In condizioni normali [cioè in assenza di questa visione] Stefano avrebbe rivolto le sue richieste a Geova nel nome di Gesù. Ma vedendo in visione il risuscitato Gesù, Stefano si sentì libero di rivolgersi direttamente a lui dicendo: "Signore Gesù ricevi il mio spirito".

Visto che per il Corpo Direttivo (CD) queste parole di Stefano si spiegano per via del fatto che in quel momento Stefano stava avendo una visione di Gesù, e quindi gli rivolse direttamente il suo "appello", è fondamentale chiedere: dove è scritto che Stefano stava ancora avendo questa visione? Come chiunque può leggere nel brano succitato, non è scritto da nessuna parte che questa visione fosse continuata fino alla lapidazione di Stefano. Che fine ha fatto in questo caso la regola tanto citata dai TdG di "non andare oltre ciò che è scritto"? (1 Cor. 7:6).

La Torre di Guardia del 1° gennaio precisa che queste - cioè la visione di Stefano ed il suo "fare appello" - "erano circostanze insolite", come il passo di Apocalisse 22:16, in cui l'apostolo Giovanni si rivolge direttamente a Gesù invocandolo:

L'unico altro esempio di un'espressione simile indirizzata a Gesù è quello dell'apostolo Giovanni che gli si rivolse direttamente vedendolo in visione.

Quindi se Stefano non aveva in quel momento una visione diretta di Gesù, le circostanze non sarebbero più state insolite e la sua preghiera/appello non avrebbe quindi una valida giustificazione. O meglio, quelle parole indicherebbero semplicemente che Stefano stava rivolgendo una preghiera/invocazione a Gesù, così come fecero altri cristiani in numerose altre occasioni:

«... alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo» (I Corinti 1:2);
« ...cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro» (2 Tim. 2:22);

Gesù viene pregato ed adorato insieme al Padre:

«Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano:
"A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli".
E i quattro esseri viventi dicevano: "Amen". E i vegliardi si prostrarono in adorazione» (Apocalisse 5:13,14).
«E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice:
Lo adorino tutti gli angeli di Dio» (Ebrei 1:6).
«O Signore nostro, vieni!» (1 Cor. 16:22).
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Faceva appello o pregava?


Ecco come viene reso questo versetto nella Traduzione del Nuovo Mondo:

E tiravano pietre a Stefano mentre faceva appello* e diceva: "Signore Gesù, ricevi il mio spirito".

*Nota in calce
"Faceva appello": o, "invocava; pregava".

Altre versioni traducono in questo modo:

«E lapidarono Stefano che invocava Gesù e diceva: "Signore Gesù, accogli il mio spirito"» (Nuova Riveduta).

«E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: "Signore Gesù, accogli il mio spirito"» (CEI).

Qual è la traduzione corretta del temine greco epikaléo? "Faceva appello", "invocava" o "pregava"?

Ecco cosa si legge nella Torre di Guardia del 1° gennaio 2005 a p. 31 in merito al significato di questa parola greca:

Nondimeno molte versioni bibliche dicono che Stefano 'pregò' Gesù. E la nota in calce nella Traduzione del Nuovo Mondo mostra che l'espressione "faceva appello" può anche significare "invocava; pregava". Questo non indica che Gesù è l'Iddio Onnipotente? No. Un dizionario biblico spiega che in questo contesto l'originale parola greca epikaléo significa "Invocare; ... fare appello a un'autorità" (Vine's Expository Dictionary of Old and New Testament Words) Paolo usò la stessa parola quando dichiarò: "Mi appello a Cesare!" (Atti 25:11) Appropriatamente, quindi, la Nuova Riveduta dice che Stefano "invocava" Gesù.

È vero che il verbo epikaleo significa anche "fare appello" in senso giuridico-legale, come attestato anche dalla letteratura greca. Tuttavia i termini nel NT non sempre sono usati con il significato principale che avevano nel greco classico. L'esempio più noto è proprio quello di "stauros". Per quanto riguarda invece epikaleo, questo verbo viene usato nel NT col significato giuridico-legale di "fare appello" in Atti 25:11, 21. In altri casi questo verbo viene usato per rendere l'equivalente significato dell'ebraico "invocare" (vedi ad esempio Gioele 2:32 o Salmo 86: 6-7 nella TNM), dove "invocare il Signore" (Adonai, nell'ebraico originale) ha l'evidente significato di "pregare" e non certo di "fare appello". In questo senso quindi i Cristiani "invocavano il Signore" (vedi 1 Corinti 1:2 o Atti 9:21) e in questo senso Stefano "invoca" Gesù: quelle di Stefano sono due evidenti preghiere precedute da due invocazioni al Signore (Kyrie nel testo originale):

1) "Signore Gesù accogli il mio spirito, e
2) "Signore non imputare loro questo peccato".

Per la WTS invece solo la 2 è una preghiera e quindi ha sostituito, arbitrariamente, il secondo "Kyrie" con "Geova".

Nel NT il verbo epikaleo quando è rivolto a Dio o a Gesù vuol dire:

a) sempre "invocare", eccetto un caso in cui ha il senso di "chiamare a testimonio";
b) c'è un senso di appello giuridico, che vale per Cesare come termine tecnico;
c) una sola volta serve a dire che uno aveva un certo "soprannome", e infine
d) semplicemente "chiamare".
In Atti-Luca ci sono solo i sensi a-b-c, ma quando si tratta del Padre o di Cristo ha sempre il senso di "invocare". E la TNM stessa quando si riferisce al Padre mette "invocare", e anche per il Figlio in 1 Corinti 1:2.

Ecco tutti passi in cui si usa il verbo epikaleo nel NT:

a) invocare: Atti 2:21, 7:59, 9:14, 15:17, Rom.10:12-13, 1 Corinti 1:2, Giacomo 2:7, 2 Timoteo 2:22, 1 Pietro 1:17.
b) appellare: Atti 25:11, 21, 2 Corinzi 1:23.
c) cognominari: Atti 1:23.
d) vocare: Matteo 10:25, Ebrei 11:16.

La nota su Atti 7:59 nella TNM dice: «"Faceva appello": o, "invocava; pregava"», lasciando così intendere che sia indifferente tradurre in un modo o nell'altro. Fra le accezioni possibili il CD ha scelto però proprio quella più improbabile e che meglio si adatta alla sua teologia, mettendo nella nota in calce "invocare, pregare" come significati secondari.
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Il Dizionario di Vine


Nella Torre di Guardia del 1° gennaio 2005 viene citato
The Expository Dictionary of Bible Words, di W. E. Vine (Nota)

«Invocare; ... fare appello a un'autorità». E si aggiunge: «Paolo usò la stessa espressione quando dichiarò: "Mi appello a Cesare!" (Atti 25:11) Appropriatamente, quindi, Nuova Riveduta dice che Stefano "invocava" Gesù» (p.31).

Ecco la definizione completa della voce epikaleo riportata in questo dizionario:

epi, "upon," and No. 1., denotes (a) "to surname;" (b) "to be called by a person's name;" hence it is used of being declared to be dedicated to a person, as to the Lord, Act 15:17 ( from Amo 9:12); Jam 2:7; (c) "to call a person by a name by charging him with an offense," as the Pharisees charged Christ with doing His works by the help of Beelzebub, Mat 10:25 (the most authentic reading has epikaleo, for kaleo); (d) "to call upon, invoke;" in the Middle Voice, "to call upon for oneself" (i.e., on one's behalf), Act 7:59, or "to call upon a person as a witness," 2Cr 1:23, or to appeal to an authority, Act 25:11, etc.; (e) "to call upon by way of adoration, making use of the Name of the Lord," Act 2:21; Rom 10:12-14; 2Ti 2:22.

Traduzione:

epi, "su," e il N. 1., denota (a) "soprannominare;" (b) "essere chiamato col nome di una persona;" quindi è usato per definire chi è dedicato ad una persona, o al Signore, Atti 15:17 (da Amos 9:12); Giacomo 2:7; (c) "chiamare una persona con un nome offensivo," come i Farisei hanno accusato Cristo di fare le sue opere tramite l'aiuto di Beelzebub, Matteo 10:25 (la lettura più autentica ha epikaleo, per kaleo); (d) "fare appello a, invocare;" nella voce media, "fare appello per se stesso" (p.e., a suo favore), Atti 7:59, o "fare appello ad una persona come testimone," 2 Cor 1:23, o fare appello a un'autorità, Atti 25:11, ecc.; (e) "fare appello all'adorazione, facendo uso del Nome del Signore," Atti 2:21; Rom 10:12-14; 2Ti 2:22.

Il dizionario citato per esteso dice quindi: «(d) "fare appello a, invocare;" nella voce media, "fare appello per se stesso" (p.e., a suo favore), Atti 7:59, o "fare appello ad una persona come testimone," 2Cr 1:23, o fare appello a un'autorità, Atti 25:11» (in rosso le parole citate dalla WTS).

Anche in questo dizionario quindi il passo di Atti 7:59 viene ben distinto dal "fare appello ad un'autorità" di Atti 25:11. Il modo in cui viene citato e commentato dalla WTS fa pensare invece che non vi sia differenza fra "invocare" (Gesù) e il "fare appello" (a Cesare). Il significato del termine epikaleo in queste diverse situazioni deve essere necessariamente diverso: Paolo, con quel "mi appello", non stava certo rivolgendo una preghiera a Cesare. Mentre Stefano con quelle sue parole ha chiaramente invocato (o "pregato", come si legge nella nota in calce della TNM) il Signore Gesù; proprio come lo stesso Signore Gesù pregò il Padre mentre stava morendo sulla croce: «Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito"» (Luca 23: 46, CEI).

Nota: Ci si domanda quale sia il reale valore scientifico di quest'opera, dato che  nessuna biblioteca italiana lo possiede. Gli strumenti di lavoro scientifici dell’archeologo e del filologo sono quasi sempre in inglese e nelle nostre biblioteche sono reperibili, però questo dizionario non si trova in nessuna biblioteca italiana ed è assente dai cataloghi che recensiscono le opere scientificamente valide. Anche l'autore non sembra essere molto conosciuto: se si cerca infatti William Edwy Vine (1873-1949) sul Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexikon, che è l'enciclopedia che raccoglie le schede bio-bibliografiche di tutte le persone che si sono distinte nell'ambito degli studi cristiani, il nome di questo autore non viene riportato. (Link).



 
   
       
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Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
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