Le dottrine
Articolo pubblicato da
Il Sole 24 ORE del 30 maggio 2006
La trascrizione dell'articolo
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La Cassazione penale respinge il ricorso di un ginecologo
che non aveva trasfuso una testimone di GeovaLa volontà del paziente non vincolaSe il malato è incosciente il medico deve ignorare il rifiuto delle cure: non è “attuale”.
Una recentissima sentenza della quarta sezione penale della Cassazione (udienza 19 gennaio, deposito 18 maggio) affronta, tra gli altri temi, una situazione mai esaminata in sede di legittimità: il caso di una paziente, ricoverata in vista del parto in un reparto di ostetricia, che, in quanto testimone di Geova, aveva vietato qualsiasi tipo di intervento medico sulla propria persona che prevedesse infusione di sangue.La vicenda processuale riguardava la morte del neonato e della madre, attribuite a condotta colposa del ginecologo che aveva seguito il parto, cui veniva imputato sia di non aver colto gli evidenti segni di sofferenza fetale e di non essere intervenuto prontamente, praticando il cesareo o ricorrendo a farmaci per accelerare il parto (il piccolo decedeva così per asfissia acuta intrauterina), sia di avere omesso di intervenire ai primi segni di un’emorragia manifestatasi nella madre dopo il parto e divenuta poi imponente: il medico non aveva né asportato il cotiledone della placenta, causa dell’emorragia e della morte della donna, né era prontamente intervenuto con l’infusione di plasma (né aveva somministrato medicinali a effetto coagulante o effettuato un tamponamento intrauterino o eseguito l’isterectomia).La Corte d’appello, confermando la condanna di primo grado, aveva rilevato come l’appartenenza religiosa della donna fosse stata segnalata dal marito, che aveva consegnato a un’infermiera un tesserino, a presumibile firma della paziente, sul quale quest’ultima aveva vietato interventi trasfusionali anche in caso di pericolo di vita. Per la Corte, tale segnalazione era irrilevante, atteso lo stato di incoscienza della donna, che aveva privato quella determinazione del necessario requisito dell’attualità del dissenso: lo stato di incoscienza non aveva consentito alla paziente di essere correttamente informata della situazione e della necessità della trasfusione.La Cassazione – investita anche di questa questione con il ricorso del ginecologo, secondo cui erroneamente i giudici di appello avevano negato rilevanza discriminante al dissenso manifestato sulla terapia trasfusionale – ha ritenuto infondata la censura. Rigettando anche sotto gli altri profili l’impugnazione relativa alla morte della madre, ma accogliendo il ricorso in relazione alla colpa nella morte del bambino, ritenendo non adeguatamente motivata la condanna del medico per tale fatto.Per la Suprema Corte, come stabilito nella sentenza di appello, doveva ritenersi “incoerente” il richiamo, da parte del medico, alla fede religiosa della vittima per giustificare l’omesso intervento trasfusione. “Correttamente – si spiega – a tale proposito i giudici dell’impugnazione hanno non solo richiamato il grave stato di necessità, che imponeva al sanitario il ricorso a qualsiasi intervento terapeutico necessario per salvare la vita della paziente, ma anche l’impossibilità di poter trarre, dal tesserino consegnato dal marito, la conferma attuale della decisione della donna, in stato di incoscienza, di rifiutare il trattamento terapeutico necessario a salvarle la vita”.Dalla lettura della decisione sembra doversi concludere che, secondo Cassazione, il sanitario non deve tenere in conto il documento da cui risulti il rifiuto del paziente di pratiche trasfusionali anche se in caso di necessità e urgenza, e ciò per due ragioni: sia perché ricorre una situazione di stato di necessità, che “imporrebbe” l’esecuzione dell’atto di trasfusione; sia perché, comunque, il dissenso precedentemente espresso dal paziente non può vincolare il medico, essendo una manifestazione di volontà sprovvista dell’indispensabile requisito dell’attualità.Gianfranco IadecolaTra Ippocrate e libertà di scelta
Non vale niente il tesserino del testimone di Geova che proclama il suo “no” all’infusione di plasma nel caso non potesse più essere cosciente per dirlo.La Cassazione penale è chiarissima: il medico è tenuto a fare il possibile per salvarlo, perché il dissenso non è “attuale”. La sentenza mette il dito nella piaga di un dibattito apertissimo. Quello sulla difficoltà di “validare” per il futuro le proprie volontà in un testamento biologico. Sulla libertà di scegliere in anticipo come essere curati e come morire. Senza che i medici siano considerati assassini. Con buona pace di Ippocrate. (M.Per.)
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Il documento in cui Testimoni di Geova dichiarano di rifiutare le trasfusioni di sangue:
Per la Suprema Corte di Cassazione, tale documento non ha alcun valore nel caso il paziente risulti essere privo di coscienza.
Si veda anche la pagina "Altri documenti sul sangue"