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La mia vita nel "paradiso spirituale"


I TdG considerano la loro organizzazione un "paradiso spirituale",
il luogo più bello in cui vivere e la miglior vita che si possa desiderare.
Questa esperienza mostra com'è realmente la vita all'interno dei TdG.

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L’esperienza che sto per esporre risale in parte a 35-25 anni fa, quando frequentavo la scuola elementare e, successivamente, la scuola media.

Quando facevo circa la seconda elementare, avevo una educazione basata in larghissima parte su un aspetto: come evitare di partecipare alle feste, e per feste dico tutte le feste, non solo quelle di matrice religiosa. Non solo onomastici, Natale, ma anche 1° maggio, 25 aprile, compleanni. Ciò comportava una presa in gfontinua da parte dei compagni di classe. Quando si facevano le composizioni di Natale, definite sataniche, la maestra doveva darmi altro da fare. A volte la maestra, mossa davvero a pietà, nominava il capoclasse per evitare la tremenda elezione, alla quale non avrei potuto partecipare trattandosi secondo gli anziani (l’equivalente dei preti) di elezione politica.
 
Considerato che il resto della famiglia era di religione cattolica, a ottobre cominciava l’allenamento sul “come” rifiutare i regali di Natale, e sul “come” evitare di partecipare alle feste: in altri termini, non potevo mangiare nulla di quello che c’era dopo la frutta. Una vera tortura mentale che è durata 10 anni, e che spesso andava avanti sino alle 2 di notte, o peggio, cominciava a mezzanotte, e finiva quando arrivava mio padre, che spesso rincasava tardissimo.
 
Inoltre, divieto assoluto di partecipare a qualsiasi sport competitivo, quindi a tutti gli sport, tranne la ginnastica e in generale gli sport che non prevedono un vincitore. Le ragioni erano tre, in ordine di importanza: di norma le partite si svolgono in oratori, quindi giocare è sinonimo di morire; i Testimoni non sono in competizione con nessuno; qualcuno della congregazione, se ti vedesse, potrebbe “inciampare”.
 
Ecco, focalizzerei l’attenzione su quest’ultima parola: “inciampare”. Che significa? dicevo a mia mamma. Lei, come sempre, aveva una frase preconfezionata, in cui richiamava alla lettera alcune pubblicazioni geoviste che ora non ricordo. Ad ogni modo, vari “fratelli” inciampavano se sentivo musica in inglese, inciampavano se guardavo il seno delle ragazze, inciampavano se uscivo (o anche se solo tornavo a casa) con compagni del mondo (ergo non testimoni). Presto fatto, per mia mamma: basta smettere di fare tutto. Ecco che alcun tipo di musica poteva essere sentito, vuoi perché satanica, vuoi perché gli altri inciampano. Ricordo in particolare un episodio: ero rincasato una sera e ho visto, nella mia camera, tutte le cassette musicali dell’epoca aperte, con mia madre che in modo compulsivo cercava, nel depliant sito all’interno di ciascuna, simboli satanici.
 
Poi, era vietato partecipare alla festa di torneo di tennis, in quanto competizione. Di nuovo, periodo di training di due settimane. Mia mamma simulava le domande che mio padre avrebbe potuto farmi per invogliarmi a mangiare un dolce, e io rispondevo. E addirittura a volte veniva a controllare che io non mangiassi nulla, alla fine del torneo.
 
Dettaglio da non sottovalutare: la mia morte imminente, che sarebbe dovuta avvenire nel 1986, anno della pace. Alla fine del 1986, avevo 8 anni, chiesi: ma sono ancora vivo??? Mia mamma rispose, lo Schiavo fedele e discreto ha cambiato, moriremo (per poi risorgere, tranne io, in quanto non osservavo le regole) in un tempo coincidente con quando moriranno i nonni, che erano vivi durante la prima guerra mondiale. La motivazione precisa non la ricordo. Trattasi di una vera e propria tortura mentale: si fa presente ad un bambino che morirà, ma in una data nel contempo certa e indefinita. Ma, cinque anni dopo la morte di mia nonna, ero ancora vivo. Come mai??? Risposta davvero bellissima: per Geova Dio il concetto di tempo è diverso dal nostro, quindi se lui dice 5 anni per noi magari sono 5.000. Liquidata la spiegazione.
 
Ma i traumi non sono finiti. Iniziano i primi amori adolescenziali, completamente vietati, le prime amicizie, del pari vietate. Tutto di nascosto: in sostanza ho vissuto una doppia vita. Andavo da una compagna di classe (parlo della quarta elementare) di nascosto, andavo a giocare a calcio di nascosto. Alle medie non lo facevo più di nascosto per fortuna, in quanto cominciavo ad acquisire una certa autonomia. Poi, alcuni figli di testimoni giocavano a calcio, allora mia mamma non si opponeva più di tanto, naturalmente non si giocava in oratori.

A circa 13 anni, ho deciso di smettere. Gli anni prima sono stati caratterizzati da continui tentativi di indottrinamento, da pianti (da parte di mia madre) che avevano cadenza giornaliera, a volte 4 o 5 al giorno, spesso in piena notte. Quando me ne sono andato, è stata in sostanza una liberazione. Ricordo in particolare che ogni volta in cui mettevo in discussione le varie regole (oltre a quello che ho detto, divieto di brindare, divieto di farsi crescere barba o anche solo baffi) mia mamma mi diceva: Non esiste “per me”, esiste solo, e dico solo, “per Geova”.

Ora, avendo avuto la forza di lasciare l’organizzazione, sono avvocato (altra trasgressione: iscrivermi e frequentare l’Università). In congregazione si è sempre “consigliato” di non andare all’Università, e di frequentare scuole superiori che non sono tendenzialmente propedeutiche all’università, quindi l’ideale erano quelle professionali. La motivazione è che si insegnava l’evoluzione (quando obiettavo che uno come me mai avrebbe studiato scienze, non mi si forniva risposta, se non qualche frase come al solito preconfezionata), e che i Testimoni sono persone semplici, che non hanno interesse e non devono emergere.
Quando chiedevo troppo, mia mamma scoppiava come al solito in lacrime, specie quando ritenevo ridicole le spiegazioni sul punto fornite dagli anziani.
 
Alcuni episodi mi sono rimasti particolarmente impressi.
 
1) Un bel giorno, arriviamo all’adunanza, e viene detto che i Puffi non possono essere guardati in quanto satanici. Ricordo come fosse ora l’atteggiamento di mia mamma: invece di ridere, si è seriamente preoccupata di averli già guardati.
 
2) In altra occasione, viene un sorvegliante viaggiante a supervisionare la congregazione, e tiene un discorso per giovani. Viene espressamente detto che non si poteva andare al Karaoke, senza particolare motivazione, se non che qualcuno potrebbe inciampare.
 
3) Mi ero impuntato, una volta, per sapere come mai non si poteva portare la barba. Un anziano prese a cuore la faccenda, e per quanto mi ricordo sembrava sincero. Dopo studi di settimane (circoscritti ovviamente alle sole riviste geoviste) trovò la risposta: alcuni potrebbero scambiarti per uno studente che intende fare la rivoluzione (questa era una affermazione che un proclamatore si era sentito dire da una potenziale “visita”, appena lo vide con la barba disse: “Noi non vogliamo essere coinvolti in rivolte studentesche!”). Non appena dissi, ma guarda che ora non ci sono rivolte studentesche, non c’è pericolo, lo vidi sbiancare. Captavo dai suoi occhi che era d’accordo ma, nel contempo non avrebbe mai potuto andare contro ad una riga scritta nelle riviste geoviste.
 
4) Eravamo ad una festa di paese. Mio padre mi regalò un giochino. Arrivo a casa, mia mamma dice, buttalo via, è satanico. Voi penserete, poteva essere un mostro di galassia, un puffo o qualcosa di simile. Invece no. Semplicemente lo aveva vinto in una lotteria di beneficenza, deriva da gioco d’azzardo, quindi è satanico.
 
5) Una volta mia mamma aveva convinto una povera ragazza di circa 13 anni a frequentare le adunanze. Mi diceva, prima di andare a trovarla, fatti venire in mente qualche consiglio per cominciare ad avvicinarla a Dio, la prima cosa che deve fare è abbandonare le compagne di scuola, sono come cancrena.
 
Qualsiasi cosa che si faceva di “non spirituale” (iscriversi all’Università, volere fare un lavoro che può fare crescere a livello economico, andare come detto al Karaoke) era oggetto di una frase standardizzata, molto in voga: “lo fai per te o lo fai per Geova?”.
 
Altra esperienza, questa mi è successa circa 15 anni fa, quando ancora lavoravo e studiavo, stavo preparando la tesi. Lavoravo in ospedale in una cooperativa di facchinaggio, e presso un’altra cooperativa lavorava una “sorella” che conoscevo. Alcuni lavoratori volevano, a torto o a ragione, chiedere alla direzione di cambiare il capo reparto, e allora si doveva firmare su un foglio. La “sorella” mi avvicina e mi chiede se ho firmato. Io dissi di no in quanto non mi importava. Lei mi risponde: “Io sì, naturalmente prima mi sono rivolta agli anziani, per verificare che non fosse una questione politica”. La distruzione della mente pervade ogni singolo aspetto dell’esistenza.
 
Riagganciandomi a quanto scritto prima, mi ha lasciato stupito, ma davvero stupito se non esterrefatto, quanto segue.
Mia mamma ha provato a convertire mia figlia di 6 anni (per utilizzare il linguaggio, a fornire lei cibo spirituale), parlandole continuamente per giornate di fila di Geova, e cercando addirittura di farle distribuire volantini religiosi a scuola, che per fortuna ho trovato in tempo utile. Ciò che davvero mi ha stupito è il modo con cui mia figlia ha cercato di convincere me che Geova è buono e tutti gli altri no: le parole da lei utilizzate, nonché i modi di fare e addirittura i gesti sono esattamente gli stessi che mia mamma usava con me, e che purtroppo ricordo bene.

Ho dovuto approfondire, prima di imporre a mia madre di non parlare più di questioni religiose, allora ho guardato innumerevoli video su internet, e i cartoni animati della Watch Tower per bambini. I cartoni animati rispecchiano filo e per segno la mia infanzia: il nome di Geova viene compulsivamente ripetuto da quando ci si alza a quando si va a dormire, quasi tutti i cartoni animati sono definiti magici (leggasi l’esperienza dei Puffi), ogni contatto con il mondo esterno viene vietato, salvo la persona “del mondo” si converta.
 
La tecnica, in tenera età, è la stessa. Prima si fanno vedere le riviste, e si dice che tutti potremo vivere per sempre, che non ci saranno malattie, che si potranno accarezzare leoni e tigri. E così non per ore ma per mesi. Poi, si dice che se si vuole questo bisogna evitare le feste, poi i compagni di scuola, poi tutto il resto, fino a diventare vere e proprie marionette che hanno uno scopo solo nella vita: fare cosa dice la congregazione.
 
Mi ricordo ancora, tra i tanti episodi, cosa faceva mia mamma quando da alcuni comportamenti si capiva che della religione non mi interessava nulla: mi trattava, sino a quando non cambiavo opinione, come un essere astratto, dicendomi che tanto ormai ero “del mondo”, e che quindi era inutile parlarmi, vista la mia imminente morte. Tra le tante cose che venivano insegnate in congregazione, c’era il sostanziale odio che bisognava provare per il mondo, quindi per i compagni di classe non Testimoni, nonché, e in special modo, per le altre religioni.
 
Essendo sicuro di non essere ascoltato, faccio presente due volte a mia mamma di smettere. Un bel giorno, faccio venire la proclamatrice (non riesco davvero a chiamarla nonna: questo è il suo vero ruolo) a casa, come mi aspettavo, appena inizio a dire per l’ennesima volta che non bisogna parlare alla nipote di religione, lei scoppia in lacrime. E lo fa cercando di farmi sentire in colpa, dicendo che io ho sempre voluto che lei lo facesse, ma che ora, per assoluta colpa di mia moglie, sono costretto a cambiare idea.
 
Riaffiorano altri ricordi del passato, mi ricordo quando mia mamma, sempre di notte, mi diceva che mio padre voleva diventare un fratello, ma che mia nonna lo impediva. Poi mi diceva che io lo ho sempre voluto, ma che mio padre me lo impediva. Tutto lineare: ora, io voglio ma mia moglie me lo impedisce. Domani: mia figlia vuole, ma io glielo ho impedito. Altra tecnica che ha sempre usato: cercare di manipolare i ricordi. Persino mia figlia (quasi 7 anni) mi ha detto: ma tu quando avevo 3 anni hai detto che per vivere in eterno bisogna andare alle adunanze!! Le ho chiesto: ti ricordi che amici avevi a 3 anni? No. Ti ricordi dove siamo andati in vacanza? No. Ti ricordi dove abitavamo? No. Allora come fai a ricordarti quello che ho detto? Ehhhmmm, eehhhmmm, me lo ha fatto ricordare la nonna. No comment davvero.
 
Prendiamola sul ridere. Comunque, proibisco a mia mamma di parlare alla nipote di religione, e le consento di vederla ancora.
All’inizio capto che qualcosa comunque le dice, siccome mia figlia appena le chiedo cosa dice la nonna, me lo fa presente specificando che glielo ha detto prima che io intervenissi.
 
Alcune cose che la nonna ha detto alla nipote, tanto per farvi divertire.
 
1) Lo sai che Daniel (nome di fantasia) non è voluto da nessuno di quelli che abitano nel condominio? Sai perché? È Testimone di Geova. Io le faccio presente (a 6 anni non lo può capire) che non pagano le spese condominiali da anni, e che addirittura non fanno entrare in casa i tecnici di luce e gas per lavori che interessano il condominio. Ti assicuro che nel condominio a nessuno importa della loro religione.
 
2) Lo so che papà (naturalmente costretto dalla mamma) ti obbliga a recitare il padre nostro a memoria. Tu fallo contento, recitalo veloce così stanno zitti tutti e due. Ma il peggio, che mi aspettavo, stava per venire.
 
Ovviamente, mando mia figlia a iniziare il catechismo. Dopo il catechismo c’è la messa, e si tiene qualche volta il rosario in mano. Apriti cielo. Prima di proibire ogni contatto ho dovuto essere sicuro di quello che facevo. Invito mia mamma e origlio dalla porta, faccio finta di uscire e poi non esco dalla casa (trucco più vecchio del mondo). Mia mamma, appena esco, fa vedere a mia figlia quattro messaggi di bambine di circa 9 anni che la invitano all’adunanza e a giocare con loro. Subito dopo, le anticipa un video di 2 ore (credo qualche discorso per bambini) che vedranno insieme non appena si potrà. Poi, le dice: “Mica stai andando ancora al catechismo? Poi c’è la messa vero? Fai una cosa: quando sei dentro, prega Geova dentro di te, ma non farlo solo per te, fallo anche per i preti. Così forse capiscono e vengono nella verità anche loro”.
 
A questo punto, telefono a mia mamma e le espongo il tutto. Lei assolutamente non mi fa parlare e cambia subito discorso, dicendo che lei quando era più giovane permetteva ai miei nonni di parlarmi di qualsiasi cosa (assolutamente falso ma non replico). Poi, come sempre da quando sono nato, piange. E lo fa in modo da non farmi parlare. Poi, quando davvero la metto alle strette, ammette di avere detto parecchie menzogne. Quando faccio presente che i Geovisti non dicono bugie, ecco la tanto attesa “frase preconfezionata”: c’è qualcuno al mondo che non dice bugie? Avrei voluto rispondere. Sì. Dovreste essere voi nella verità, non noi del mondo. Mi dice che lo ha fatto semplicemente per il bene di mia figlia. Mi ha poi ricordato che io ho sempre voluto che mia figlia diventasse una sorella, ma che sono oppresso, soggiogato e incatenato da mia moglie.
 
Purtroppo, rapporti al 100% interrotti, ho detto che lei potrà vedere la nipote solo se insieme a me o a mia moglie, naturalmente ha rinunciato.

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Testimonianza ricevuta via e-mail il 3 novembre 2019.
L'autore ha scelto di mantenere l'anonimato per non compromettere ulteriormente i rapporti con la madre.


Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova
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24/04/2021
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