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Mio marito Testimone di Geova
Sono sposata da 30 anni, un matrimonio riuscito fino al momento in cui, sedici anni or sono, mio marito si è lasciato convincere da alcuni compagni di lavoro ad entrare nei Testimoni di Geova. In quel momento la fabbrica era in crisi e ovviamente lui era molto demoralizzato, temeva per il futuro ma in casa non ne parlava, per non preoccuparmi.
Questi colleghi di Testimoni, introdottisi in questo clima di crisi e sfiducia, trovarono terreno fertile. In effetti coinvolsero parecchie persone, anche se poi, in seguito ad attente riflessioni, alcuni non si lasciarono convincere mentre mio marito ed altri furono affascinati da queste dottrine della Torre di Guardia che promettevano un cambiamento di sistema ed una vita in una terra paradisiaca.
Mio marito cominciò così a frequentarli senza parlarmene. Io, indaffarata con problemi economici e familiari, non mi accorsi di nulla.
Cambiarono però i suoi orari, non rientrava più a casa al termine del lavoro, si tratteneva e questo mi insospettì. Quando gli chiesi spiegazioni rispose in maniera vaga, dicendo che frequentava alcune persone che predicavano l'amore per la famiglia e che aiutavano a riunire gli affetti familiari e i matrimoni in crisi e che erano tanto bravi, onesti e lavoratori e che, ovviamente, non c'era niente di male nel frequentare queste persone.
Sinceramente non riuscivo a capire, dato che il nostro matrimonio non era in crisi e la nostra famiglia non aveva alcun bisogno di sostegno morale, se non la sicurezza del lavoro. Ma anche in questo caso gli avevano detto che anche se fosse stato licenziato i Testimoni avrebbero provveduto a trovargli un'altra collocazione lavorativa.
In realtà cominciò per me un cambiamento di vita strano ed inquietante: questi "amici" lo avevano coinvolto a tal punto da isolarlo dalle vecchie amicizie. Anche per me e per mio figlio si profilavano delle rinunce assurde ed inconcepibili che mi rifiutavo di accettare passivamente. La domenica la dedicava tutta all'attività dei TdG, una rinuncia talmente profonda per noi che avevamo vissuto fino ad allora tutti e tre sempre assieme e felici di vivere trascorrere tutto il nostro tempo libero fra parenti ed amici. Per ben tre volte alla settimana, all'ora di cena, se ne andava per passare la serata tra adunanze e studi vari, con sorveglianti e fratellanza.
Manifestai il mio dissenso con suppliche, cercando di convincerlo che anche noi esistevamo, che non eravamo la tappezzeria della casa, ma niente e nessuno riusciva a smuoverlo. I suoi vani tentativi di trascinarci nelle Sale del Regno lo incattivirono notevolmente, tanto che cominciarono grandi litigi, con stupore dei vicini e dei conoscenti, spettatori del suo radicale e negativo cambiamento, mentre in precedenza avevamo sempre avuto la reputazione di una famiglia tranquilla ed affiatata.
Molte volte ho cercato di dialogare con i suoi sorveglianti, affinché lo facessero ammorbidire, dandomi qualche piccola concessione che certamente non avrebbe influito sull'esercizio della sua fede, ma dialogare con loro è estremamente difficile perché hanno l'astuzia e la preparazione per stravolgere interamente l'evidenza dei fatti.
Continuammo così fino al momento dell'incidente. Mio marito ebbe infatti un grave incidente e per il suo rifiuto delle trasfusioni fu in procinto di morire. Raccontare quello che ho passato è allucinante.
Il Comitato Sanitario dei Testimoni prese in mano tutta la situazione, sballottando mio marito da un ospedale all'altro, preoccupati di sottrarlo ai familiari affinché non fosse influenzato da noi in merito alla trasfusione.
Mio marito rifiutò anche il sangue di nostro figlio, allora diciottenne, che, pazzo di dolore, lo supplicava di accettare il suo sangue. Voleva suo padre vivo e non un martire del geovismo.
I Sorveglianti erano sempre al suo capezzale, non concedendogli neppure un attimo di debolezza, lo mantenevano sempre vigile ed attento, facendogli somministrare dei preparati omeopatici ogni 15 minuti. Tutto questo gli dava l'illusione di essere curato dai fratelli, ma serviva anche a tenerlo sveglio senza che entrasse in coma, situazione questa che avrebbe consentito al magistrato di intervenire con una trasfusione coatta
Grazie alla sua forte fibra, ad una salute di ferro e ad un fisico integro, mio marito è riuscito a sopravvivere ma i nostri rapporti divennero ancora più difficili: cercava solo loro e richiedeva solo la loro compagnia, ignorando e facendosi beffe di quelle che erano state le sofferenze e l'impegno mio e di mio figlio nell'assisterlo. Comunque io strinsi i denti e continuai imperterrita a stare accanto al suo letto, ignorata a volte dal lui e da loro.
Per un anno e mezzo mi sono fatta forza e l'ho seguito da un ospedale all'altro. Aveva infatti bisogno di cure specialistiche per rimediare alla grave menomazione causata dalla mancanza dell'intervento che aveva rifiutato categoricamente, in accordo con i suoi sorveglianti. Ci siamo dovuti recare in ospedali che i Testimoni contattavano senza darci la possibilità di prendere neppure gli appuntamenti di persona. Erano loro a decidere ogni cosa facendo apparire che fosse la volontà di mio marito.
E ora tocchiamo un altro tasto doloroso: da quando mio marito ha assunto questa personalità strafottente, le percosse che ho subito hanno avuto anche effetti vistosi, dal momento che per ben tre volte sono dovuta ricorrere alle cure del Pronto Soccorso. Una frattura alla mano sinistra con quaranta giorni di gesso, una perforazione del timpano destro dovuta ad un violento schiaffo e varie altre contusioni ed ematomi in diverse occasioni. Non ho esposto denuncia perché non volevo rovinare del tutto la mia famiglia, ma quello che ho subito è dimostrabile anche dai nostri vicini, i quali non sanno capacitarsi di come una famiglia che era additata come esempio di amore possa essere diventata quello sfascio totale di cui diamo continuamente dimostrazione.
E questo accade non perché io gli impedisco di frequentare le adunanze e la fratellanza. In realtà io lo lascio libero di fare quello che vuole, anche di contribuire economicamente per la congregazione. Quello che io vorrei e per cui lo supplico è di moderare il suo fanatismo che ci distrugge giorno per giorno. Vorrei anche maggiore considerazione come moglie e che lui prendesse le sue decisioni pensando prima di tutto alla sua famiglia e non all'organizzazione. Ho l'impressione invece che tutto quello che fa avvenga in seguito ai consigli e ai suggerimenti degli anziani.
Nel 1996, in seguito ad un articolo fatto pubblicare su un quotidiano locale dall'addetto stampa dei TdG della mia città, nel quale si pubblicizzava con grande enfasi l'operato dei Testimoni di Geova, venni colta da un momento di rabbia, dato che tale quotidiano non aveva mai pubblicato le lettere mie e di mio figlio. Risposi quindi all'addetto stampa, descrivendo quella che era la mia esperienza e non firmai la lettera. Il mio bravo marito, da fedele seguace dell'organizzazione, procurò all'addetto stampa una copia della lettera che tenevo fra le mie cose personali. Il contenuto venne giudicato diffamatorio e così venni denunciata. In quell'occasione mio marito non trovò di meglio che andarsene di casa. In questo non ebbe la disapprovazione della congregazione, dato che i TdG consentono la separazione quando ci sono difficoltà familiari che potrebbero "mettere in pericolo la spiritualità" del coniuge Testimone.
Anche in quell'occasione, ingoiando il mio orgoglio, chiesi ai suoi responsabili di farlo ritornare perché io non avrei accettato la separazione e avrei combattuto, pubblicizzando tutta la mia storia.
Per quanto riguarda la causa ho dovuto però chiedere il patteggiamento, ma solo perché mio marito mi disse che al processo si sarebbe senz'altro schierato dalla parte dei "fratelli" contro di me. Con questa forma di patteggiamento cercavo di salvare quel poco che ancora teneva uniti padre e figlio.
Ho sempre cercato di tenere unito il mio matrimonio ma certamente non a costo di subire totalmente tutte le condizioni dell'organizzazione. Cercavo dei compromessi, qualcosa che permettesse ad entrambi di vivere almeno in una parvenza di normalità.
Negli ultimi anni, dopo le percosse e le fratture subite, mi sono decisa a mettere per iscritto ai sorveglianti della congregazione e alla Betel di Roma di quanto succedeva nella mia famiglia, ritenendoli responsabili delle gravi incomprensioni e scenate che avvenivano e che continuano ad avvenire. Lui vive completamente avvolto nella cappa dell'organizzazione e questo ci porta a continue discussioni, ma io continuo ad essere dell'opinione che lui è una vittima inconsapevole.
Ci tengo a precisare che io ho sempre chiesto l'aiuto degli anziani ed il loro intervento per smorzare alcuni atteggiamenti perfino grotteschi ed inaccettabili che avrebbero portato chiunque a gravi contrasti, ma loro non hanno mosso un dito per aiutarmi, anzi lo esortavano a persistere nel suo atteggiamento intransigente. Resta il fatto però che, in contraddizione con quanto asseriscono a proposito di allontanare un coniuge violento [ma questo però vale solo quando il coniuge vittima è un TdG, ndr], i responsabili della congregazione, pur sapendo, avendolo io loro scritto nero su bianco, degli atti di furiosa violenza perpetrati su di me da mio marito, cercano di ignorare e di minimizzare, continuando a ritenerlo un membro approvato della congregazione. Ma come si possono ignorare dichiarazioni scritte, inviate anche ai responsabili della Congregazione di Roma?
Nell'arco di alcuni anni da queste mie lettere è venuto fuori un "dossier" molto dettagliato. Sono spaccati di vita che danno un'incisiva testimonianza di come si vive in una casa dove un coniuge ha deciso di mettere sempre e prima di tutto l'organizzazione davanti alla famiglia.
Non ho mai abbassato la guardia, ho combattuto in prima linea, pagando personalmente. Ho sempre continuato la mia lotta, in casa e fuori, senza né arrendermi né stancarmi. Visto che non ho potuto ottenere granché per me e per la mia situazione, ho sempre cercato di mettermi di traverso al loro cammino. La mia esperienza, così carica di dolore ed umiliazioni, è servita di monito a moltissime persone e posso ben dire che nella mia zona la gente conosce bene l'organizzazione e ben difficilmente i TdG trovano chi presta ascolto alle loro dottrine.
Lettera firmata
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Brani di lettere inviate ai responsabili
della congregazione locale e alla Betel
3 febbraio 2001
Al Sorvegliante della congregazione e p.c. al Sorvegliante di circoscrizione
Le devo mettere per iscritto quelli che saranno gli argomenti da trattare quando io verrò a parlare con Lei e con il sorvegliante di circoscrizione. ...
Ora c'è il nodo continuo e perverso della famosa domenica pomeriggio. Io continuo a lavorare tutti i giorni della settimana e ben sapete che la domenica non è solo per le adunanze e compagnie di fratelli ma è domenica anche per le famiglie e per restare in compagnia del rispettivo coniuge...
È giusto che io aspiri a passare la domenica pomeriggio con lui o è una pretesa troppo grossa per questa religione? Avrò desiderio anch'io di svagarmi nei giorni di festa come lo è per tutti o no? ... Se voi gli farete capire chiaramente che può adempiere ai suoi principi religiosi cambiando congregazione la domenica [frequentando le adunanze la mattina, ndr], nell'ipotesi che lui non acconsenta, spero che non sancirete la sua ottusità. Non sarà né giusto né onesto avallare la sua scelta se questa andrà a scapito in tutto e per tutto della mia persona, della mia dignità di moglie, perché sarà ovvio e dimostrabile che sarà una scelta fanatica e di una perversione gratuita...
Non credo faccia onore all'organizzazione mandare in giro a fare predicazione e quindi ad esercitare il mandato di questa religione uno che si comporta come lui, vale a dire preferisce determinati fratelli di congregazione alla moglie, agisce come un fanatico, rendendo la vita in famiglia un incubo per non avere minimamente il senso dell'equilibrio e della ragionevolezza.
Perché allora quando lui va a presentare la parola di Dio alle persone non racconta sinceramente come si vive in casa nostra da quando lui pratica questa religione? Perché non dice che non solo siamo divisi religiosamente con conseguenze disastrose ma anche nel tempo, perché tutte le ore che dedica all'attività di Testimone e quelle che dedicherà da ora in poi vanno solo a scapito nostro e delle necessità familiari? Perché non racconta che nei giorni in cui deve andare in predicazione se è capitato che io o nostro figlio ci sentissimo male la sua risposta è stata: "Ti senti male! Ma io in predicazione ci vado lo stesso!" ...
Ebbene il suo comportamento non è gradito a Dio ... lui sta trascurando la moglie nell'unico giorno che Dio ha dedicato si alle pratiche religiose ma anche allo svago e alla famiglia, da marito che non ha a cuore la tranquillità familiare, quindi peggiore di uno senza fede ...
Io torno a ripetere che prima di questi 13 anni avevo un marito che ci amava teneramente e su cui ci appoggiavamo sereni e tranquilli e sicuri del suo affetto. Ora lui ci detesta, ci vede con fastidio e vorrebbe liberarsi soprattutto di me per poter restare indisturbato attaccato all'idolatria che ha per "quei fratelli", coloro che in tutti questi anni lo hanno portato ad essere un groviglio inaccettabile di profeta delirante. ... tutti sono dispiaciuti di quello che è diventato, non lo riconoscono più.
Brani di una lettera scritta il 17 ottobre 2002 alla Betel
ed al sorvegliante della congregazione locale
... Anche questa volta la violenza fisica che ha usato è stata inaudita ed inaccettabile, non voglio descriverla solo per una sorta di dignità personale, perché è veramente vergognoso averla subita senza chiamare i carabinieri. Infatti il mio più grave torto in tutti questi anni è stato proprio non averlo mai denunciato alle autorità. Certamente lui al mio posto, su consiglio vostro, lo avrebbe fatto senza la minima esitazione. (Sia chiaro però che Voi ne siete sempre stati informati da me, per scritto o per telefono). ... Le manifestazioni di violenza contro di me non si contano più ...
Brani di una lettera scritta il 2 ottobre 2003 al responsabile
della Betel e alla congregazione locale
... [mio marito] ostenta molto spesso delle reazioni di astio, rancore, che a volte sfociano in atti di violenza fisica. C'è in lui il desiderio di procurarmi dolore fisico, perché mi sono resa conto che quando mi colpisce lo fa quasi attendendo che io reagisca in qualche modo per farmi ancora più male.
A questo punto devo dichiarare che la mia struttura ossea è molto debole, quindi basta molto poco a procurarmi delle serie fratture. Naturalmente questo lui lo sa perché gli accertamenti clinici e le diagnosi mediche parlano molto chiaro. ... Che strano, prima, in 14 anni di matrimonio, non si era mai sognato di mettermi le mani addosso, non era certo da ritenere un tipo violento. ...
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